Quando stampare non basta per garantire la qualità (e il futuro)

Quando stampare non basta per garantire la qualità (e il futuro)

qualità stampa
Toa Heftiba

In questi giorni è uscito un inserto commemorativo dedicato a Peter Lindbergh, fotografo recentemente scomparso, lo scorso 3 settembre. Il lascito di questo fotografo, tedesco ma che è stato protagonista in tutto il mondo, è stato raccolto, in minima parte, sul numero in edicola di Vogue Italia. Per rispetto, e per passione per quello che questo settore della fotografia deve obbligatoriamente preservare per evitare di cadere in un baratro senza ritorno (ci siamo vicini), ne abbiamo acquistata una copia. Ma la delusione è stata cocente: senza entrare nelle scelte, immagini e impaginazione, quello che davvero è una tristezza è la qualità di stampa. Chissà se il problema è la nostra copia, impastata nel suo retino di stampa, ma in generale la forza, l’intensità, contrasti, luce, sfumature e in generale forza delle foto di Lindbergh, una qualità che ha fatto la sua grandezza, ridotte ad una scialba riproduzione in un grigio di una povertà sconsolante.

Per recuperare quelle sensazioni (forse la mia mente e i miei occhi si sbagliavano?) ho fatto una ricerca su Google ed eccole li… le foto sul monitor, compresse e anche riprodotte da chissà quale pessima fonte, in tutta la loro meraviglia. Qual è il senso di usare la carta, anche potenzialmente di buona qualità (la carta di Vogue Italia non è una meraviglia, da rivista commerciale e non certo da rivista di “lusso”, nonostante il suo target, ma comunque potrebbe rendere crediamo molto di più)? Ormai è evidente che la qualità dei monitor è così cresciuta che solo una grande stampa può contrastare la resa degli schermi, ma una differenza così evidente deve far riflettere, tutti.

Le notizie del crollo pubblicitario delle riviste e dei giornali su carta sono sempre più cupe, stiamo rischiando di perdere un’intera fetta di storia perché crediamo che ci sia un disinvestimento nei confronti di una qualità di prodotto (in generale nelle riviste cartacee, escluse quelle indipendenti che stanno, al contrario, trovando spazi, anche se immaginiamo che sarà comunque un percorso sempre più difficile in futuro), che non può che portare ad una ulteriore contrazione del mercato.

Per assurdo, un contributo sul sito, con una bella gallery dedicata al fotografo, avrebbe donato una resa migliore. Forse è arrivato il momento di cominciare a pensarlo; se non si può fare di più, sulla carta, forse conviene andare oltre, anche senza lacrimucce, e senza remore. Si spende meno, si raggiunge un target maggiore, i reparti della pubblicità dovrebbero fare un po’ di fatica in più per portare a casa gli utili, e la democratizzazione della rete ridurrà un po’ (tanto) il gap tra grandi e piccini, le sfide saranno sempre più da combattere nel quotidiano, perché le posizioni acquisite nel digitale non hanno memoria. Però i grandi hanno sempre delle armi da giocare, possono rinnovarsi, dispongono di risorse (per ora) infinite.

Se si vuole mantenere la posizione di leadership sui media tradizionali, allora crediamo che tutto abbia bisogno di fare un salto più complicato: non è solo qualità di stampa (per assurdo, la più facile da ottenere, anche – ne siamo convinti, anche per esperienza – a parità di costo). I prodotti cartacei, le riviste “vere” devono diventare prodotti che traspirano sfumature, pensiero, progettazione, passione fuori dal comune. Oggettivamente non se ne sente più l’esigenza, se non quella esperienziale… ma se l’esperienza manca, allora manca tutto.

Ovviamente, questa attenzione, cura, passione, impegno, investimento, deve essere trasferito a tutto il mondo della fotografia che ci tiene a rimanere fissata sulla carta (speriamo non “confinata”, i confini sono brutti). Siamo appena tornati da un evento dove abbiamo parlato a lungo di tematiche “cupe” (privacy, etica e ruolo dei fotografi, sulla base di quanto scritto la scorsa settimana, un Sunday Jumper che è stato molto più apprezzato da professionisti non esclusivamente legati al mondo della fotografia, quando invece era un grido di preoccupazione proprio per garantire il futuro di questa categoria… è un mondo difficile quello che non si accorge dei rischi pericolosi che possono minare dalle basi… ma il mondo è quello che forse ci meritiamo). Abbiamo detto, preoccupati, che ci aspettiamo e speriamo che i fotografi vogliano sempre di più dal punto di vista qualitativo dei prodotti stampati, ma non siamo sicuri che questo messaggio sia arrivato e sia stato percepito. Ma la semina continua, come sempre ;-)

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