Metafore informatiche: è finita l'era delle finestre? Una bella boccata d'aria in arrivo!

Metafore informatiche: è finita l'era delle finestre? Una bella boccata d'aria in arrivo!

L’esperienza nel rapporto tra uomo e macchina si evolve, ogni giorno. Qualche giorno, però, si evolve di più. Siamo in periodo di grande evoluzione, dopo tanti anni di piccoli passi, è arrivata l’ora di modifiche più radicali. La nascita degli smartphones, dei tablet, del concetto del touch e del multi-touch ha portato verso nuove e veloci autostrade, più che semplici (e lente) strade. Ed è affascinante vedere che quello che abbiamo vissuto negli ultimi venti anni, tra breve verrà considerato superato, creando nuove esperienze, nuovi prodotti di comunicazione, nuove metodologie di interazione.

L’altro giorno ero a vedere lo sneak preview di Lion, quello che sarà il prossimo sistema operativo di Apple (Mac OSX 10.7) e sono rimasto molto impressionato dall’approccio che mette in evidenza una tendenza che sarà sui nostri schermi nei prossimi anni. Perché abbiamo accennato a smartphone e tablet? Perché sono schermi piccoli, che hanno richiesto una riprogettazione della metafora informatica che ha avuto più successo da anni: quella delle finestre. Un produttore (indovinate chi…) l’ha pure usato come nome per il proprio sistema operativo, ma sugli schermi piccoli non c’è spazio per “tante finestre” e nemmeno per gli “infissi”: la finestra deve essere aperta, e se guardiamo oltre ci accorgiamo che non esiste più il confine, c’è l’aria fresca, c’è il cielo, l’orizzonte… nient’altro.

Oggi (domani), questa metafora sparirà anche dagli schermi dei computer (siamo sicuri, non solo su “Lion”, sarà una tendenza che vedremo ovunque, magari con tempistiche un po’ più allungate, ma sarà inevitabile). La navigazione si vivrà a pieno schermo, e forse ci avvicineremo ancor di più a quella fusione tra computer e televisione che tanto si discute da anni, con la differenza che la TV usa un telecomando, e sul computer useremo le “gestures”, il multitouch, le dita, e si esplorerà, ci si immergerà, si “entrerà” dentro lo schermo. C’è di più: inizia a vedersi anche una visualizzazione tridimensionale, che non è però quella che possiamo immaginare con questo termine, ovvero quella di icone pacchiane e  3D, ma un senso di piani che possono essere visualizzati a fuoco o sfuocati, come quando si fotografa. Guardate l’immagine che pubblichiamo: mostra le icone delle applicazioni in evidenza, mentre lo sfondo risulta sfuocato (in origine è nitido), perché se scegliamo di esplorare lo spazio delle applicazioni significa che vogliamo vedere le applicazioni e non lo sfondo: se si elimina la “finestra”, il “folder”, inevitabilmente il problema della separazione tra soggetto “in primo piano” e sfondo deve essere considerato.

Abbiamo meditato sul fatto del quanto siamo rimasti impressionati da queste poche immagini di presentazione di Lion, e siamo arrivati alla conclusione che il mondo dell’informatica sta abbandonando segni grafici, per immergersi in una realtà – pur virtuale – ma sempre più vicina all’immagine fotografica, al come noi esploriamo il mondo e lo viviamo. Ricordiamo tanti anni fa, quando i monitor erano neri e le scritte verdi, di quanto si era distanti come approccio e come sensibilità: i computer erano macchine per fare calcoli. Ora, sempre più, i computer – che diventano sempre più piccoli e gli schermi sempre più sottili membrane che ci separano dalla realtà virtuale, dalla rete, da uno spazio che annulla le distanze – tolgono gli elementi che hanno contraddistinto un ambiente freddo e impossibile da penetrare. Via le finestre, via i bottoni, via bagliori e suoni striduli, ma un ambiente che ci fa sentire a casa, che ci avvolge, che non ci tiene a distanza.

Questa evoluzione, ne siamo sicuri, sarà la tendenza da seguire e coinvolgerà tutto: l’informatica, ma anche il mondo della comunicazione, dell’informazione, della multimedialità. Come dire: coinvolgerà direttamente tutti noi. Forse noi che scriviamo questa rubrica siamo particolarmente sensibili, perché stiamo lavorando su due fronti: uno che è quello che ci vede, insieme a voi, nell’evoluzione del mercato e della creatività fotografica; l’altro è lo studio e lo sviluppo di metafore da usare nell’editoria digitale, per creare un ambiente da vivere come una rivista, ma su schermi e supporti fatti di pixel. Molte domande, tra cui le “cornici necessarie”, ce le stiamo facendo: nelle riviste ci sono le “pagine”, in quelle digitali, la pagina non esiste più (o, quantomeno, non dovrebbe esistere). Ma ci fa piacere vedere che, dopo anni che diciamo che il futuro non sempre passa dall’evoluzione del mondo precedente, ma forse lo si può identificare in mondi paralleli, ora questa sensazione diventa realtà. Lo studio delle metafore che si evolvono nel rapporto tra uomo e “monitor” è globale, e quindi non possiamo soffermarci al nostro unico “ambiente” per approfondirlo, ma dobbiamo guardarci attorno.

Per chi si occupa di immagine e di comunicazione, che sa che il proprio prodotto (fotografie, video, multimedia) verrà fruito quasi esclusivamente su uno schermo (dalla forma e dalla dimensione variabile e spesso non controllabile da chi genera il contenuto), è necessario guardare quello che succede attorno a questo enorme universo. Se la tendenza sarà quella di una visione a pieno schermo, dove i “tasti” non esistono, ma gli oggetti si “toccano” sullo schermo o tramite dei movimenti delle dita su una trackpad o un mouse dalle caratteristiche “sensoriali” evolute, questo deve farci riflettere. Abbiamo parlato di “eliminazione della pagina”, ma vale anche per le cornici delle foto, i riquadri dei video. Abbiamo parlato di “primo piano” e di “sfondo“, e in questo entra (o deve entrare) tutta la nostra sensibilità fotografica, che ci porta ad aprire il diaframma per separare primo piano sfuocando gli altri piani. Nel progettare interfacce, prodotti, strumenti per contenere e far fruire le nostre immagini.

Abbiamo oggi un grande vantaggio: il mondo si sta avvicinando alla nostra rappresentazione della realtà, ma dobbiamo capirne potenzialità e logiche prima che ci arrivino gli altri, dagli altri mondi, facendoci arrivare tardi in un mondo che è il nostro. Non sarebbe la prima volta, e non sarà l’ultima… speriamo che invece chi ci legge possa prendere questa segnalazione dal lato giusto e possa trarne vantaggio.

Comments (2)
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  • Francesca Pompei
    Ott 26th, 2010
    Francesca Pompei says:

    Ciao Luca!
    Tanto per darti l’idea di come gli argomenti trattati siano sentiti, proprio oggi ascoltavo su Radio3Scienza uno speciale sull’editoria digitale, quotidiani compresi, e la fruizione on line. E tanti si lamentevano di come ancora molto ci sia da fare verso una differenziazione rispetto al format della pagina stampata…

  • fabio
    Ott 29th, 2010
    fabio says:

    Luca,
    uno dei post che trovo più interessanti tra gli ultimi che hai pubblicato. Mi spiace che non sia molto commentato, il dibattito è interessante.
    Mi occupo di UX per lavoro e davvero ritengo anche io che questo sarà il futuro. La metafora delle interfacce cambierà, ed anche io sono sicuro che il concetto di finestre – ma anche di file system per come sia abituati a conoscerlo – cambierà verso un interfaccia che somiglia di più a come siamo abituati ad interagire con altri oggetti del mondo reale che usiamo ogni giorno.
    Basta anche notare il tentativo – imho ben riuscito – di alcune iPhone app che emulano graficamente gli oggetti che conosciamo e per di più i materiali: carta, legno, acciaio per dare la sensazione di utilizzare uno strumento diverso da un semplice cellulare.

    Fabio

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