L’importanza delle (false) apparenze

L’importanza delle (false) apparenze

Gli italiani tendono – secondo le statistiche pubblicate a luglio – preoccupati molto più alle apparenze. Ci preoccupiamo meno di chi siamo, ma ci importa più come veniamo visti. Scherzando, si potrebbe dire che il motto nazionale è fare buon viso a cattivo gioco. Perché diciamo questo? Semplice, basta guardare la statistica che pubblichiamo in questo Sunday Jumper per accorgerci che l’unico dato positivo nelle vendite, su base annuale e non considerando i prodotti alimentari, è quello dei beni per la cura personale; per dirla semplice, i prodotti per sembrare (o diventare) più belli.

Questa statistica, in qualche modo, fotografa meglio di tante altre la nostra realtà nazionale ad un livello molto più profondo di quello che potrebbe essere percepito dal punto di vista (banalmente) commerciale. Teniamo – è evidente – più alla forma, meno alla sostanza, alle apparenze, al come possiamo essere giudicati dall’esterno. Ci preoccupano più i capelli spettinati sulla testa della confusione che si ha dentro la testa. Forse (sicuramente) non è così solo in Italia, ma di sicuro noi siamo più pericolosamente tentati di cadere in un baratro dell’effimero. Sono duemila anni di storia che ci condizionano, abbiamo prodotto tra le cose più belle in tutto il mondo, ci reputiamo figli dell’arte e del “bello”, siamo invidiati in tutto il mondo per il nostro buon gusto… è inevitabile che poi si cade dell’eccesso di credere che, alla fine, quello che conta lo si misura con gli occhi.

Non vediamo, forse, l’ovvietà, ovvero è che le apparenze ingannano, come cantava la meravigliosa Elis Regina diversi anni fa (se volete, potete trovare il brano in questione qui, se avete poi bisogno di traduzione vediamo di soddisfarvi!). Ma non possiamo cambiare il mondo, e tantomeno gli italiani… (l’ordine delle difficoltà è crescente: più facile cambiare il mondo del cambiare i nostri connazionali!), e quindi ha un senso cercare di comprendere che questa sensibilità particolare per l’apparire è decisamente un vantaggio da sfruttare, se siamo – come siamo – narratori che mostrano una realtà attraverso le immagini, e le immagini si propagano creando una percezione di “chi siamo” (e quindi di come vogliamo apparire) a distanza.

La realtà dei fatti, è che la nostra presenza è altrettanto importante in una festa a casa di amici o nella grande festa della Rete. Nei mercatini ci sono le magliette che citano: “Su Facebook eri più carina”, e fa ridere, ma è una grande verità: il trucco, l’illusione, l’enfasi del miglior lato è la strategia usata, e più si comunica a distanza e più il trucco funziona.

Nella testa di molti fotografi, il ruolo che gli compete sembra essere quello di essere reporter di una realtà; nel settore della fotografia di matrimonio è molto di moda (anche troppo, almeno a parole… i fatti spesso sono diversi) parlare di “servizio di fotoreportage”. E, a parole, questo viene condiviso con i clienti, ma le persone tendono a dire e a condividere a parole concetti intelligenti, ma non è detto che quello che dicono è anche quello che davvero desiderano. Nell’era dell’apparenza, le ragazze tendono a voler essere delle dive e, ancor di più, i ragazzi tendono a voler essere dei tronisti. Non prendete questo come qualunquismo, ci sono (per fortuna) categorie di persone che hanno priorità diverse, ma una percentuale fortissima sogna una magia che possa creare quella realtà visuale sognata, e non è solo per i giovani: la vecchiaia è “uncool”, e si combatte con tutti i modi, leciti e … illeciti ;-)

Qualcuno dirà che è sempre stato così. Vero, sacrosanto… se non nelle proporzioni e nella crescente importanza del come veniamo percepiti a distanza, nelle relazioni e condivisioni digitali. Abbiamo molti più “amici” sulla pagina di Facebook che non quelli che vediamo personalmente in tutta la vita, e quando li “incontriamo”, ogni giorno, vogliamo essere al massimo. Quando si entra nell’ottica di “fare delle foto” o “farsi fare delle foto” (sia questo per un ritratto, per un evento come un matrimonio, per ricordare un evento felice come una vacanza), la mente va subito alla sua applicabilità legata al “metterla come immagine del profilo”. Apparire, comunicare con la nostra immagine: questa è determinante nella nostra cultura moderna.

Purtroppo, i fotografi sembrano troppo impegnati a preoccuparsi di argomenti “paralleli” a quelli che invece interessano alle persone, agli utenti, ai potenziali clienti. Negli eventi che riuniscono i professionisti di questo settore, le tematiche sono sempre e solo quelle tecniche. Lo stesso avviene anche e ancor di più nei forum in cui si parla di fotografia (ma è un ambito che non ci interessa: è luogo dove si parla di “pseudo-tecnica” per nascondere solo un feticismo nei confronti degli oggetti-fotocamere e non verso l’amore per l’immagine che sono in grado di produrre). Si finisce con dedicare attenzione e sforzi verso il lato sbagliato: gli utenti chiedono un modo per apparire circondati da una “magia”, e i fotografi parlano di “qualità”, di “tecnica”, di “realtà”. Va cambiato approccio, prima di tutto in termini di comunicazione (perché prima i clienti vanno convinti, devono diventare “CLIENTI”, prima di tutto), e poi nei risultati.

E, parlando di risultati, ci viene incontro un post della fotografa americana Brooke Shaden che di recente ha “messo a confronto” una fotocamera professionale da 3000 euro con una compatta da poche centinaia di euro, per dimostrare che il concetto di qualità è decisamente relativo, specialmente in presenza di altri valori, che sono quelli delle idee, della creatività, della sensibilità narrativa. Cerchiamo di parlare, anche insieme in questo spazio, almeno qui, di questi argomenti: là fuori ci sono migliaia di clienti che cercano qualcosa che i fotografi possono dare, ma i fotografi sembrano guardare altrove. Questa non è filosofia, è strategia professionale e commerciale; è marketing e visione di quello che è il ruolo che ci compete in questo mondo che comunica sempre più tramite immagini. Ci auguriamo che tutti possano contribuire a questo sviluppo: iniziative, eventi, informazione. Parlare meno di macchine, parlare meno di tecnica, parlare meno di gestione del colore, di trucchi di Photoshop, di Raw e di full frame (nemmeno citiamo i megapixel, quello ormai è un argomento non considerato nemmeno più dagli snob…).

Comment (1)
Join the discussion
Read them all
  • mario
    Ott 15th, 2013
    mario says:

    a volte è proprio nei momenti difficili che uno dice ” affxxxxlo tutto penso a me” e questo passa anche attraverso l’aumento dei prodotti per la cura del corpo. a volte.

    la finzione? ma siamo nell’era della simulazione per definizione. nella doppia accezione.

Comments are closed.

 
Hide Comments
Go to top
Back

This is a unique website which will require a more modern browser to work!

Please upgrade today!

Share