L'energia, per darci (e non esaurire) la nostra carica creativa…

L'energia, per darci (e non esaurire) la nostra carica creativa…

Parlare di “vita digitale” potrebbe deviare l’attenzione di qualcuno, che non si considera necessariamente “digitale”, e che specialmente non ama una definizione e un ingabbiamento specifico: vita è vita, non è “vita analogica”, “vita reale”, “vita digitale”, così come ormai non ha più senso parlare di “fotografia digitale”, ma di “fotografia”, e chissenefrega del come si realizza: conta il risultato, nulla di più (e nulla di meno, specialmente).

Quello che però è inevitabile è che i sistemi digitali fanno parte della nostra vita: c’è chi eccede, e non riesce ad uscire di casa senza computer, smartphone, navigatore, lettore di mp3, tablet… e così via (nelle loro versioni “singole” o “aggregate”), ed altri che limitano questa dotazione al minimo. Per anni abbiamo lottato contro l’inefficienza e la mancanza di disponibilità di reti Wi-Fi in Italia, siano queste gratis o a pagamento. Abbiamo via via accettato di dotarci tutti di chiavette o altre soluzioni analoghe (tra queste sono di grande tendenza le soluzioni Mi-Fi: delle “saponette” che consentono di trasformare la connessione 3G in una rete Wi-Fi, e quindi di consentire una connettività senza fili, condivisibile fino a 5 computer e specialmente l’uso con sistemi che non si interfacciano con le chiavette, come per esempio iPad e iPod Touch). In pratica, abbiamo accettato di pagare e di portarci dietro la connessione, che pur lenta e faragginosa come da segnalazione di un SundayJumper di qualche mese fa, funziona.

Il problema da risolvere, ora, è quello dell’alimentazione. Insomma: queste “bestioline digitali” che ci portiamo appresso, consumano energia, e le batterie attuali sono tutto meno che adeguate all’uso che ne facciamo. Le promesse fatte dai costruttori sono peggio di quelle dei politici (sembra escluso iPad, che dichiara 10 ore di uso, ed effettivamente 10 ore sembra funzionare). Personalmente, ho un computer con una batteria che viene accreditata di 5 ore (Macbook Pro, Unibody prima versione, quello che ha ancora la batteria sostituibile senza portarlo in assistenza) e  di addirittura 6 ore se imposto l’uso della scheda grafica meno performante. Premesso che non mi bastano, se anche fossero vere: sono fuori dalla mattina alla sera, e quasi sempre ho il computer acceso, ma il problema è che neanche il primo giorno questa promessa è stata mantenuta, e non posso certo dire che ormai, dopo 19 mesi di vita, la mia batteria sia messa poi così male: se usate Mac, potete scaricare questa piccola applicazione gratuita per fare una verifica, io l’ho fatta e … viene fuori che l’efficienza è ancora del 91%. Il fatto è che usata anche con un minimo di moderazione, dopo 2 ore, al massimo 2 ore e mezza il computer sviene e non si riprende più se non gli attacco una flebo di energia. Certo, se non uso Photoshop, se non tengo più di un’applicativo aperto, se tengo la luminosità al minimo, se spengo il Wi-Fi, il bluetooth, se non ci collego una chiavetta USB o un hard disk forse un’oretta in più potrei anche guadagnarla… ma allora prendo un iPad e mi dimentico dell’efficienza di un “computer vero”, giusto? I nuovi modelli, con batteria “affogata” all’interno, promettono fino a 10 ore, e questo io lo interpreto come… se va bene, saranno 4 o 5 ore di uso “vero”, ed è “il” motivo che mi porterebbe a cambiare il mio, anche se davvero non è il momento ancestrale per farlo (prima bisogna prendere l’iPad… che serve a capire sviluppi molto importanti per il futuro della nostra professione di editori), ma comunque non risolve un approccio alla vita che reputo evoluzione del “modo di lavorare”, di moltissimi: quella del nomade digitale.

Il “nomade digitale” è quello che dice “no” ai posti fissi, che si sente libero di operare ovunque con la stessa efficienza di quella che potrebbe avere in un ufficio o in uno studio: al bar, per strada, in un parco, in treno, eccetera. Per riuscire in questa operazione, servono tre cose: una connessione “always on”, e questa abbiamo detto che possiamo averla (da 10 a 20 Euro al mese, più o meno, a seconda del provider e una chiavetta Internet), un uso “serio” del cloud computing (e di questo abbiamo parlato, e parleremo ancora in futuro: il concetto è avere tutti i nostri dati e le nostre immagini già online, su archivi “tra le nuvole”, e per questo ci sono soluzioni efficaci, offerte gratis o a basso costo da Google Docs – che ora accetta anche files multimediali, con 20 euro all’anno si possono usare fino a 80 Gb – da MobileMe di Apple, che qualcuno comincia a ipotizzare che possa diventare gratuito tra poco, oppure a costo più elevato ma di grande efficienza “fotografica” come Photoshelter), e poi di alimentazione: il tema di oggi. Quello che vogliamo dire è che se davvero dobbiamo e vogliamo fare un passo evolutivo, l’alimentazione dei nostri sistemi deve essere garantita per il doppio, se non il triplo di quello che oggi abbiamo a disposizione. E le soluzioni ci sono, alcune ben conosciute (ma spesso non usate), altre abbastanza originali. Alcune le stiamo provando direttamente, e ve le segnaliamo:

HyperMac

Sono le uniche batterie “aggiuntive” che si collegano ai MacBook (dall’AIR ai Pro), grazie ai cavi MagSafe, quelli originali con il connettore magnetico, e che prolungano la vita utile della batteria fino a 34 ore (gulp!). Questo significa che se un fotografo è in esterna, un giorno intero, e vuole vedere le immagini scattate, elaborarle, spedirle al cliente, può farlo senza limitazioni: poco interessano 34 ore, di solito – anche se il “calcolo” delle ore è sempre legato al calcolo teorico, quindi per un uso intenso valutiamo che possiamo arrivare a 12-16 ore, che comunque è davvero eccellente – quello che importa è poter usare Photoshop al meglio delle prestazioni e non al minimo per ridurre il consumo. La scelta da fare è di tipo “rapporto costo/peso”: da qualche mese, noi abbiamo in prova il modello “super”, ovvero quello più performante e anche il più pesante (sob… oltre due chili), ma posso garantirvi che posso partire per andare da Bolzano a Brindisi in treno, e poter lavorare senza problemi, considerando anche i ritardi tipici delle Ferrovie Italiane. Magari, per un uso non così estremo, vanno bene anche i modelli più piccoli che sostanzialmente permettono di raddoppiare (o poco di più) la durata della batteria interna e che pesano dai 300 ai 700 grammi. Vengono venduti da Aproma, sul solo Store digitale, il link è questo, ma porta ad una pagina generica, se volete potete seguire il percorso: FotoTools, HyperMac…). Il costo parte da 249,95 Euro + Iva: non è basso, una batteria di scorta costa meno, ma è meno comoda, e poi c’è il problema è che non è possibile ricaricare la seconda batteria se non all’interno del computer, e quindi si deve fare un balletto di continuo cambio batterie molto fastidioso (ne so qualcosa…); in più, da più di un anno, nei MacBook (e da due anni sull’Air) la batteria è interna, quindi questo discorso non è possibile. Il nostro consiglio è che la soluzione migliore è il modello da 100Ws, costa 299.95 ed è il migliore compromesso tra peso e efficienza… ma fate voi!

Cover carica iPhone

L’iPhone è uno degli strumenti più efficienti per lavorare “fuori”: sostituisce spesso il computer per la posta elettronica e per la navigazione web, ci aiuta a creare un sottofondo di musica utile quando si lavora, serve per presentare i nostri lavori ad un cliente con uno slideshow o con dei video, ci permette ovviamente di telefonare, ma anche – con opportune Apps – di inviare e ricevere fax, di scattare e correggere immagini da mandare al volo, di cercare una strada come un navigatore stradale, eccetera. Il suo “problema” è che la batteria, se si usa anche in questo caso il telefono al massimo come è giusto che sia, non arriva a sera. Quindi dobbiamo disattivare le modalità “Push”, abbassare la luminosità dello schermo, disattivare il Wi-Fi e anche il 3G, eliminare una serie di servizi utili, e… usarlo poco. Inaccettabile, o quantomeno limitante. E’ vero che se colleghiamo l’iPhone al computer via USB, si ricarica in fretta, ma è anche vero che se facciamo così… si scarica il computer e siamo daccapo. Da qualche giorno stiamo usando, con una soddisfazione incredibile, una custodia molto sottile (dicono la più sottile di tutte, non ho fatto un vero confronto, ma sembra che sia vero), che permette di fare due cose: protegge l’iPhone e lo alimenta. In pratica, oggi posso lavorare tutto il giorno, con l’iPhone con tutte le funzionalità attive, tornare a casa dopo oltre 12 ore e avere ancora molta carica a disposizione. Una piccola, grande rivoluzione. Mi sono confrontato con altre persone che hanno soluzioni simili, e abbiamo capito che il funzionamento è simile tra quella che ho io (PowerSkin MiLi) e Mophie. Ovvio che l’iPhone diventa più “grassottello”, ma per certi versi si impugna anche meglio, e ci si abitua, accettando questo maggiore peso con la totale efficienza. Mentre Powerskin non mi risulta distribuita in Italia, Mophie si può comprare sull’AppleStore da questo link.

Altre cose gustose

La nostra continua ricerca di soluzioni “energetiche” ci porta spesso a trovare soluzioni interessanti, e ve le segnaliamo. Per esempio gli zaini con celle a pannelli solari, che consentono di quindi di generare energia “naturale” da usare poi per ricaricare cellulari, iPod, fotocamere e anche portatili. Pensando a situazioni con giornate di sole e a lunghe ore di shooting in esterni, può essere una soluzione. Ne abbiamo trovati due: una si chiama VoltaicSystems, e l’altra ReWare, non ci risultano distribuite in Italia, ma Voltaic prevede la spedizione internazionale dal loro sito, mentre ReWare non si capisce bene, sembra che i prodotti non siano disponibili in generale (abbiamo tentato l’acquisto su 4 diversi prodotti, tutti erano non disponibili al momento…).

Altra soluzione che permette di fornire alimentazione supplementare per gli accessori che usano le batterie stilo AA (tipicamente i flash, parlando di corredo prettamente fotografico). Abbiamo trovato quelle batterie USBCell, davvero simpatiche perché comprendono al loro interno un connettore USB che rende possibile la ricarica usando questo tipo di collegamento. Questa soluzione evita di doversi portare dietro dei carica batterie esterni (alla fine, portarsi dietro anche mille cavi e carica batterie è una rottura! oltre che un peso…). Costano poco, si possono acquistare da qui ed è prevista la vendita in Europa, Italia compresa, con consegna in 5-7 giorni.

Se poi dovete partire per l’estero, un buon compagno di viaggio sono gli adattatori di prese (di solito si trovano facilmente negli aeroporti, ma solo per i principali attacchi Europei e americani, a volte servono attacchi speciali. Forse tra i più interessanti c’è questo. Sembra più compatto e comodo per selezionare la giusta presa. Di solito, invece, bisogna creare accrocchi multipli che rendono poi difficile la gestione (si staccano, non fanno un buon contatto, eccetera). Ne trovate uno molto simile anche da Muji – negozio trendy tutto giapponese – che costa un po’ più caro, ma è più facile da trovare perché ormai ci sono diversi negozi in Italia. Oppure ancora gli adattatori prodotti da Tucano.

Poi ci sono degli accessori molto banali, ma comodissimi, che consentono di alimentare qualsiasi sistema con una presa “normale” (per esempio collegare gli accumulatori dei computer, dei cellulari, dei carica batterie delle fotocamere), con l’attacco da 12 Volt dell’auto: invece che comprare tanti adattatori o caricabatterie dedicate, se ne compra uno solo, e si attacca poi alla “presa” il carica batterie normale. Noi lo abbiamo recuperato con i punti dell’Esselunga (ma non c’è più nel catalogo), ma è roba che si trova a meno di 20 Euro un po’ ovunque. Un ultimo accessorio gustoso, scoperto proprio qualche minuto fa e ribattezzato immediatamente “il saccottino” è Mouse Trap di Belkin, un porta accessori/mouse che, aperta la zip, diventa anche mousepad. Poi si attacca facile allo zaino o si infila nella borsa.

Finiamo questa analisi, speriamo utile a molti “nomadi” come noi, con una valutazione: la vita in esterni è vicina a molti fotografi “viaggiatori”, ma non solo: un po’ per rispetto e preoccupazione per i problemi ecologici, un po’ per un odio per le realtà “chiuse”, siamo convinti che saranno molti i fotografi che punteranno ad una fotografia meno statica e meno da “studio”: ci piacerebbe vedere un’apertura verso un’ottimizzazione della fotografia di qualità in esterni, che fa uso di migliaia di soluzioni di illuminatori alimentati da batterie (sia per luce flash che per luce continua). sia nell’utilizzo sempre più raffinato di pannelli e sistemi per controllare e modellare la luce ambiente (pensiamo a soluzioni tipo California SunBounce), ma anche a progetti di studi daylight, se proprio vogliamo averne uno “fisso”: la bellezza della luce naturale è impagabile, e alla fine viviamo in uno dei Paesi con più sole e più luce… perché usiamo questa meravigliosa soluzione così poco? Infine, va detto che le fotocamere di ultima generazione, la nuova funzionalità di demosaicizzazione “2010” di Adobe Photoshop CS5 appena presentato ci permette e sempre più ci permetterà di lavorare con meno luce, e quindi con meno “energia”. Insomma: che sia per amore per la natura, per attenzione per l’autonomia, o anche solo per calcolo economico, dovremmo pensare (o ripensare) a quello che muove il nostro lavoro quotidiano, il nostro business, la nostra vita. Su Wired Italia, in un articolo che parla di iPad, hanno intervistato Oliviero Toscani che dice che a volte stacca la corrente nello studio dei suoi giovani creativi e loro si trasformano in Zombie creativi… no, signor Toscani, se mi stacchi la corrente, io lavoro per moltissime ore, senza problemi. E lo posso fare, ancora più creativamente, in ogni luogo (e in ogni lago…. tanto per fare un po’ Sanremo, che creativo non è per nulla).

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