Cambiamenti, e non è questione solo del clima…

Cambiamenti, e non è questione solo del clima…

Jumper, cambiamenti per il 2020

Siamo all’ultimo appuntamento di questa “stagione” del Sunday Jumper: con oggi salutiamo tutti i nostri lettori per rivederci a gennaio con una serie di novità che abbiamo annunciato durante gli ultimi mesi, che come abbiamo detto sono stati di analisi di tanti fattori, non ultimi gli andamenti del mondo dell’informazione, del settore dei fotografi, dell’andamento del mercato delle aziende di questo nostro micro universo.

Vi accenniamo che ci saranno due Jumper Camp, l’11 e il 13 febbraio: si torna ad incontrarci, a parlarci, a fare formazione nei fatti. Ancora una volta con il nostro approccio, indipendente non tanto perché ci piace farlo, ma perché non vediamo ancora una forza che vuole essere collettiva: da anni diciamo che questo mondo è troppo piccolo per essere vissuto in isolette singole, ma non vediamo le intenzioni di uscire dalle piccole bolle nate sulla base della personalità o delle opportunità per fare percorsi insieme. I due Jumper Camp riguarderanno i due temi che abbiamo più spinto in questo periodo: quello della realtà aumentata (11 febbraio 2019) e quello dell’editoria indipendente (13 febbraio 2019) come strada per i fotografi professionisti: partiremo con le iscrizioni a gennaio, ma intanto, se siete interessati, bloccate la vostra agenda. Consigliamo la presenza “fisica” per questi due eventi, ma ovviamente ci sarà anche l’opzione video, per chi è distante. Se volete informazioni, potete contattarci come sempre qui: camp@jumper.it

Ci saranno anche altri cambiamenti: sul come fruire questa newsletter/contenuto, ci saranno evoluzioni di cui abbiamo parlato e che “daranno voce” a Jumper con altri media. E forse non ci sarà “solo” Jumper nel nostro futuro nel campo dell’informazione.

Cambiamento. Questa parola è sempre più forte nel mondo, e anche nel nostro mondo. In questo ultimo anno (e non solo, ma l’evidenza è stata più visibile a tutti in questo 2019) una ragazzina ha creato un movimento immenso, in dimensioni e in peso politico. Ovviamente si tratta di Greta Thumberg, di cui non abbiamo nessuna intenzione di “parlare” perché non siamo tra quelli che attaccano il proprio carro ai cavalli dei vincitori, come fanno tutti, la citiamo solo perché Time – una delle pubblicazioni più importanti al mondo – l’ha ovviamente consacrata “Person of The Year”, anche in questo caso non solo con un occhio alla realtà indiscutibile (lo è stata, la “persona dell’anno, a prescindere da chi la adora e da chi la denigra), ma anche al marketing: si vendono certamente più copie con Greta in copertina che non con chiunque altro. Bellissime, comunque, le foto e anche il video nella pagina dell’annuncio, che ovviamente si possono trovare anche sulla rivista cartacea che si trova in edicola in questi giorni.

Greta ha messo in evidenza, con modi e toni che non potevano rimanere inascoltati, quanto sia necessario “cambiare”. La formula proposta ovviamente non è risolutiva, perché la fase della contestazione deve portare alla costruzione, al cambiamento, quello vero e quello sano, non solo quello delle apparenze. Tantissime società stanno usando questo movimento come arma di “green washing”, ovvero di apparente opera per “pulirsi” agli occhi di un mercato che, sensibile – e spesso poco accurato nella capacità di approfondire, capire ed agire in modo cosciente – finisce con il seguire (acquistare) prodotti solo perché all’apparenza rispondono ad un pensiero e ad una filosofia di vita. Stiamo tentando con i nostri studenti di affrontare questa situazione, per analizzare come come lavorare sulla comunicazione in modo più etico, ma anche con maggiore coscienza… un lavoro difficile, ma crediamo importante. La cosa fondamentale è che i cambiamenti ci sono, che i cambiamenti sono evidenti, che i cambiamenti sono necessari. Ci sono correnti negazionistiche, che dicono – usando come armi vili e ignoranti che sono falsi dati – che tante cose non sono mai successe: dallo sbarco sulla Luna, ai campi di concentramento, al cambiamento climatico. Anche di questo, non vogliamo approfondire, in questa sede: purtroppo, la congiunzione di social network e di media che sempre più consentono e offrono il modo di “dire quello che si pensa” a tutti, senza imporre nemmeno un blocco di coscienza (leggere e studiare, prima di dare opinioni su qualcosa, essere corretti e rispettosi del parere degli altri), la semplicità di distribuzione delle informazioni a livello globale, gli strumenti per monetizzare i click che portano a subire valanghe di sporcizia informativa che viene generata per guadagnare non con la buona informazione, ma con contenuti sensazionalistici, volgari, falsi per interesse e non per “diritto di opinione” ci ha portato dove siamo ora e non è lo spazio per discuterne (ma ci porta a prendere decisioni nitide sul nostro futuro, come scelta di vita e di business). Perché tra i “negazionisti” ci sono intere comunità di fotografi, che “negano” che le cose sono cambiate: i prodotti, le tecnologie, gli approcci. La fotografia non è più quella di una volta, esiste ancora, non c’è dubbio, ma è fatta di pochi che riescono ancora a guadagnarci, oppure che lo fanno per pura scelta, approccio rispettabile dal punto di vista “artistico”. E, ancor di più, negando il fatto che le evoluzioni che non vengono “gradite” sono più legate al fatto che non corrispondono più alle specifiche esigenze di chi vuole non seguire le evoluzioni, più che una dimostrazione che “qui tutti sbagliano” (a parte chi lancia queste opinioni). Per esempio, tanti dichiarano che Adobe perderà sempre più utenti a causa delle “folli” decisioni del farsi pagare un abbonamento (CC), quando ogni anno Adobe aumenta il proprio fatturato (appena annunciato un nuovo record, che non è dovuto solo ai business che conosciamo, legati a Photoshop eccetera, ma che sicuramente dimostrano che la controversa soluzione dell’abbonamento del software funziona eccome, e quindi vuol dire che è una soluzione ben apprezzata “dalla maggior parte del mercato). Oppure il contestare (letto poco fa) della poca correttezza del marketing delle aziende fotografiche che portano i fotografi a cambiare i sistemi di ripresa, da reflex a mirrorless: anche questi post e commenti che generano click, che fanno entusiasmare le masse che con orgoglio dicono di essere più furbi, perché non si fanno influenzare, e quindi sono felici con il portafoglio più pieno (o forse era già vuoto e la scelta è stato un obbligo dato dai conti e non necessariamente da altre strategie).

Beninteso, c’è spazio per tutto, e amiamo il fatto che ci siano tante e diverse opinioni e approcci. Forse per vecchiaia, abbiamo maturato una difficoltà nell’accettare il dialogo che si basa su atteggiamenti non approfonditi. Fare per sentito dire, dichiarare per semplificazione o per opportunismo, sentenziare per sembrare “alternativi”, o “migliori”. Di tutto questo siamo abbastanza stufi, e purtroppo il nostro settore ne è fin troppo pieno (immaginiamo che ogni settore, visto da dentro, sia uguale… il problema è che si percepisce di più nei settori che si conoscono di più, quindi noi lo notiamo, in particolare, più nel settore della fotografia e della comunicazione visiva). Cambiare vuol dire decidere che cambiare è un percorso che diventa prioritario, per fortuna siamo abituati da sempre a seguire questa strada; solo che a volte i cambiamenti sono più evidenti… ecco, è quello che capiterà, nel 2020 ;-)

Buone feste, buon inizio di anno, siamo sicuri che saremo più forti, insieme, anche se dovesse non essere legato necessariamente al concetto di “tutti”.

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