Intelligenza artificiale: può sostituire i creativi?

Intelligenza artificiale: può sostituire i creativi?

Intelligenza artificiale Morgan Film

L’Intelligenza Artificiale (AI) può essere creativa, ovvero creare arte? La domanda, che è tutt’altro che nuova, è tornata alla ribalta in questi giorni perché è stato condotto un esperimento: per lanciare Morgan, un film thriller che si svolge attorno al tema delle “macchine pensanti”, diretto da Luke Scott (il figlio di Ridley, che è produttore), è stato realizzato un trailer, lanciando una sfida al super computer IBM Watson che, come da descrizione sul sito dell’azienda:

Watson è il nuovo supercomputer che prende il nome dal fondatore di IBM. È stato sviluppato da un team IBM deciso a vincere una grande sfida: costruire un sistema in grado di competere con la capacità, squisitamente umana, di rispondere con sicurezza, velocità e precisione a domande formulate in linguaggio naturale, cioè la lingua parlata, ricca di sfumature, modi di dire e metafore.

In pratica, è stato chiesto al super computer di analizzare l’intero film e di individuare dieci scene che potessero risultare le più efficaci per comporre questo trailer a forte impatto e tensione, individuando quei momenti che potessero trasmettere paura, azione, ma anche tristezza, tenerezza: tutti gli ingredienti che possono raccontare un percorso coinvolgente, calibrandolo alla perfezione. Questa analisi si è basata non solo sul film in questione ma su tanti altri film e trailer, per poter avere una base di valutazione quanto più allargata possibile. Una volta individuate le scene, il passaggio successivo è stato quello di tornare agli “esseri umani” per la fase di montaggio.

 

E’ ovvio che l’incredibile potenza di calcolo di Watson permette di mettere a confronto miliardi di elementi, con una metodologia che in termini oggettivi e scientifici difficilmente può essere comparata a quella dell’essere umano (considerando che, nella media, il cervello umano viene usato davvero poco…); al tempo stesso – inevitabilmente – il pensiero porta a quella che è poi la domanda più profonda: può una macchina sostituirsi all’uomo nel pensiero creativo? In questi mesi, si parla tanto di intelligenza artificiale nella guida delle auto ed è esplosa la polemica e la preoccupazione (e no, quello che è stato dichiarato il primo incidente di un’auto guidata in automatico è falso: il sistema era stato disabilitato dal pilota). Ma la creatività è un’altra cosa, o almeno così a noi sembra, e quindi forse deve essere analizzato il termine “creatività”… che tecnicamente vuole intendere “un pensiero originale”, creato dal nulla: prima non c’era e poi è stato creato.

Intelligenza artificiale Morgan film

Una macchina, un computer, non può creare nulla, solo analizzare ed elaborare quello che gli viene immesso. E l’uomo, cosa fa? Alla fine, siamo molto simili: usiamo gli occhi, l’udito e gli altri sensi, la nostra capacità di assorbire ed analizzare ci permette poi di “creare” con originalità, ma di fatto non facciamo altro che quello che fa un computer: mettiamo insieme e rielaboriamo quello che riceviamo. I “creativi” sono quelli che hanno sensori più raffinati, maggiore potere di analisi che è frutto dell’allenamento (purtroppo non ci sono upgrade hardware e software a disposizione per noi umani). Questa estate ho letto un simpatico libretto di Chip Kidd, uno dei creativi che più apprezzo (in particolare nel design di copertine di libri) intitolato “Così è se vi sembra”, ve lo consigliamo in particolare perché mostra come nascono le idee, ed è godibilissimo perché mostra proprio l’input idea (che ha trovato passeggiando, o anche solo facendosi la barba al mattino) e il risultato del progetto creativo.

chipKidd

Il problema è che, troppo spesso, per mancanza di tempo, di allenamento, e per eccesso di tanti altri elementi negativi (stress, arrabbiature, impegni) semplicemente non analizziamo, ma “raccogliamo” la prima idea che ci capita a portata di mano. La conseguenza è che, non elaborando, semplicemente “copiamo”, e lo facciamo in modo banale, perché anche il “copiare” può essere positivo e costruttivo, c’è un bell’articolo che ne parla qui, in riferimento alla palese copiatura di Snapchat nell’ultima release di Instagram. Quello che vediamo in giro semplicemente è: vedo, adatto (ma a volte nemmeno questo), et voilà… E’ drammatico vedere che questa forma di “assenza di creatività” venga invece interpretata da chi la fa (e spesso anche da parte di chi la vede, semplicemente perché non ne conosce la fonte) come “vera creatività”. Non sono esenti da questa assenza di “atto di creazione” le fotografie, le pubblicità, la musica, i prodotti, i viaggi… nasce un modello che funziona, e tutti gli altri vanno dietro, come pecore.

In un mondo di comunicazione così eccessivamente ricco di offerta, quello che succede è che le idee sono poche, mal copiate, con la pretesa di un’attenzione che non riescono ad ottenere (figuriamoci farsela pagare…) e allora forse saremo in mano ai computer, all’intelligenza artificiale che ha, come merito, quello di avere una velocità di calcolo e di analisi molto superiore (immensamente superiore: non perché gli “umani” sono inferiori, ma perché sono incasinati, pigri, distratti e non sufficientemente appassionati per competere con le macchine). Le macchine quindi saranno più “creative” di noi, sempre di più. Non sono in grado di “creare”, ma di elaborare usando metodo, con efficienza. Ci schiacceranno, e noi saremo solo consumatori.

kenzo2

Poi ogni tanto, qualcuno invece dimostra di avere vera creatività, ma anche coraggio: sia i creativi che le aziende, e i risultati possono essere evidenti anche in un campo davvero “noioso” come di solito è quello dei profumi. E’ bastato un giorno per trasformare in virale il video di una ragazza con un vestito verde, l’affascinante attrice, modella ma davvero brava come ballerina Margaret Qualley, che esce da una sala di una presentazione di quelle che mettono a rischio la calata della palpebra, arriva nel foyer e… di colpo parte la magia per uno spot di 3 minuti e 48 secondi per Kenzo. Girato dal genio Spike Jonze (regista di Come Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee e di video musicali per Chemical Brothers, Beck, Bjork e Fatboy Slim, al cui Weapon of Choice non poco strizza l’occhio in questo spot), coinvolge, affascina, ed esplode ovunque, anche grazie alla colonna sonora Mutant Brain (Sam Spiegel e Ape Drums). Irriverente, alternativo, creativo: aria fresca che si fa sentire e che – di sicuro – modificherà molti schemi della comunicazione di questo settore nel prossimo futuro. Il problema è che il creativo distratto, quello che cerca di “capire” in un istante la chiave del successo, non avendo la voglia di fare “la fatica” di analisi del computer, finirà col fare il prossimo video, la prossima foto, la successiva campagna decidendo che userà anche lui un vestito verde…

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