Empatia: marketing che avvicina, senza “trucchi”

Empatia: marketing che avvicina, senza “trucchi”

Siamo in un’era in cui sembra che debba vincere la furbizia, il trucco, l’essere smart. Sembra che i vincitori – in tutti i campi – sono e saranno sempre di più quelli che possono, riescono e capiscono come manipolare le opinioni e gli strumenti di comunicazione e di promozione. D’altra parte, il fatto che siano riusciti a rubare e poi conseguentemente condizionare milioni di persone su Facebook (i dibattiti delle scorse settimane ci auguriamo che possano avere, almeno un po’, fatto riflettere le persone) ci sembra confermare tutto questo.

E allora si cerca di trovare il proprio posto al sole usando trucchi e inganni, all’insegna del “così fan tutti”. Quali sono le conseguenze di tutto questo? Un impoverimento globale di tutta l’informazione, di tutta la comunicazione e anche di tutto il marketing. Si trattano i clienti come numeri, o peggio ancora come pesci da catturare, creando reti sempre più invasive, sempre più avvolgenti. Si usa la logica delle “certezze granitiche”: so, e quindi prevedo, se prevedo, ottengo (vendo). Si confonde quantità con qualità, senza capire che giocare sul tavolo della “quantità” richiede potenza di fuoco eccezionale e livelli di investimenti elevati.

C’è ancora qualcuno che pensa che siamo in un’era che permette a tutti di investire in comunicazione e pubblicità gratuitamente, o spendendo pochissimo. Non è così, o meglio: oggi abbiamo strumenti che possono supportare la crescita e le strategie di marketing e di promozione più accessibili, ma investire poche decine di euro al mese non portano certo a grandi risultati… a meno che non ci sia una visione molto più nitida. Non bisogna “farsi pubblicità”, senza avere prima una strategia concreta che possa raccogliere e generare valore da parte dei contatti che si possono ottenere grazie ad una calibrata “spinta” promossa con anche piccoli investimenti.

In poche parole, quello che vogliamo dire è che le strategie furbe hanno le gambe corte, e il mercato non ci premierà (se non illudendoci per qualche istante, come il gioco d’azzardo: una piccola vincita alimenta l’adrenalina che ci porterà a perdere tutto) se useremo trucchi. Il valore che dobbiamo creare è quello di generare una sensazione positiva, distinguere il “buono” dalla “furbizia”. Come diceva Oscar Wilde:

«Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta»

Questo significa che il processo corretto è:

1) Creare un’immagine che possa mostrare in modo chiaro e forte il valore del proprio prodotto e servizio

2) Individuare il corretto e selezionato target di clienti, per poter creare una comunicazione adeguata per poterle raggiungere, non puntando alla “massa” perché questo genererebbe costi eccessivi o risultati solo “di fortuna”

3) Programmare gli investimenti (che non sono solo “soldi di pubblicità”, ma anche tempo per realizzare contenuti dal valore percepito per i clienti/potenziali clienti), selezionando i canali per poterli intercettare in modo più efficace.

4) Creare i messaggi promozionali usando le regole e ottimizzando l’impatto facendo vari test e prove, controllandone l’efficacia tramite la misurazione: bisogna analizzare tutto, provare tante versioni, capire cosa funziona meglio.

5) Proporre un terreno di “uscita” che mantenga un legame (per esempio iscrizione alla vostra newsletter) o crei un’azione (call to action), per non disperdere il contatto.

Il tutto deve avere come parola chiave l’empatia, una parola tanto usata quanto non compresa a fondo. Non fermatevi alla definizione semplice, superficiale di un dizionario, per esempio (Treccani):

Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro

Ma cercando di andare a fondo, per capire che prima di tutto questo concetto è molto vicino all’estetica e alle arti figurative (quindi al nostro mondo… ma quanti fotografi usano davvero l’empatia a proprio vantaggio?), per esempio (Wikipedia)

Il termine empatia è stato coniato da Robert Vischer, studioso di arti figurative e di problematiche estetiche, alla fine dell’Ottocento. Tale termine nasce perciò all’interno di un contesto legato alla riflessione estetica, ove con empatia s’intende la capacità della fantasia umana di cogliere il valore simbolico della natura. Vischer concepì questo termine come capacità di sentir dentro e di con-sentire, ossia di percepire la natura esterna, come interna, appartenente al nostro stesso corpo. Rappresenta quindi la capacità di proiettare i sentimenti da noi agli altri e alle cose, che percepiamo.

E, infine, capire che questa reazione va ottenuta subito, al primo contatto… perché non ci sarà una seconda occasione, perché i flussi di contatto e di relazione sono così veloci e così casuali nel mondo digitale che serve fermare, far innamorare, portare la percezione ad un livello già profondo, subito, al primo click. Come riuscirci? Ne parleremo, presto, stiamo raccogliendo materiale per aiutarvi in questo percorso, in modo concreto e profondo.

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