Vendere fotografie nell’Era di Unsplash (dove le belle foto sono gratis)

Vendere fotografie nell’Era di Unsplash (dove le belle foto sono gratis)

Unsplash
Nathan Dumlao

La competizione, per chi vende fotografie, è terribile: c’è sempre, dietro l’angolo, qualcuno disposto a venderle ad un prezzo più basso, arrivando a proporre un costo che è inferiore a quello che possiamo accettare (economicamente o moralmente), e ci sono clienti che chiedono sempre “di più a meno”. Qual è il limite, di questa corsa al ribasso che non considera il rapporto tempo/costo, che non si confronta con i più banali rapporti tra costi di gestione e ricavi, che non prevede margini per gli investimenti, per la promozione, per la formazione? Non esiste un limite, provate voi stessi a fare delle prove: per quanto possiate abbassare i prezzi, ci sarà sempre qualcuno che “riuscirà a fare meno”.

Anni fa, quando c’è stato il boom del microstock, ci si sconvolgeva per l’assurdo costo unitario delle fotografie vendute con questa politica commerciale: si “arrivava” addirittura a comprare una singola fotografia a 1 dollaro, per le basse risoluzioni. Ora, i piani di abbonamento (sostanzialmente identici per Shutterstock e Adobe Stock e un po’ più alti per iStockphoto) arrivano a far pagare anche e solo 0.21€ per ogni singola immagine, anche ad alta e altissima risoluzione. Ci stupiamo? Invece, seguendo la regola che abbiamo appena segnalato (qualcuno può chiedere ancora meno del prezzo più basso che potete immaginare), ecco la conferma. Meno di poco… significa gratis. E, online, ci sono tanti siti che “regalalo” fotografie.

Attenzione, non stiamo parlando di siti di bassissima qualità, pieni di pessima ed invasiva pubblicità, addirittura – in certi casi – anche di contenuti malevoli che possono infettare i nostri computer. Parliamo di siti che mostrano e propongono per il download gratuito immagini di alta e anche altissima qualità. Un esempio è Pixabay, ma specialmente pensiamo ad Unsplash, che ha davvero rivoluzionato il mondo dell’immagine stock nel mondo. La formula di entrambi (ma da ora parleremo di Unsplash) è quella di permettere di connettere richiesta e offerta senza alcuno scambio economico: fotografi che mettono a disposizione le loro immagini senza alcuna riserva (uso non commerciale e commerciale, nessun obbligo di indicazione dell’autore, nessun costo) ad un pubblico allargato di utenti: dal piccolo al grande cliente. Prima di scendere nei dettagli, vi consigliamo di dare un’occhiata alle pagine relative alle licenze di entrambi i siti:

Unsplash Licenza

Pixabay – CC Pubblico Dominio

Le immagini, specialmente di Unsplash, sono di eccellente livello, e – ancor più importante – dal gusto contemporaneo, moderno, funzionale ad una comunicazione di alto livello. Non sono il livello più basso della fotografia di stock, dove le modelle sono la zia e la cugina brufolosa, dove i paesaggi sono quelli dietro casa (vero… ci sono dei “dietro casa” spettacolari… ma il concetto è chiaro, no?), e dove la qualità tecnica è scarsa. Unsplash mostra e propone, a costo zero, un livello molto alto, spesso molto più alto del prodotto medio che viene proposto a pagamento da molti fotografi, nel mondo.

E’ la fine? Prima di parlare di “fine” o di “inizio” è bene dire che non si tratta di novità: abbiamo parlato spesso di Unsplash e usiamo questo servizio da anni, con grande soddisfazione. Quello che vogliamo spiegare, in questa sede è perché un numero impressionante di fotografi accettano di regalare le proprie (splendide) fotografie? Non sono dilettanti allo sbaraglio, non sono stupidi… fanno quello che fate anche voi, tutti i giorni, ma con una strategia più forte.

Tutti (anche voi) regalano fotografie, tutti i giorni

Siete disturbati dalla concorrenza di Unsplash? Beh, in realtà quello che fanno i fotografi che pubblicano le loro fotografie su Unsplash fanno esattamente quello che fate tutti, ogni giorno, usando i social: “regalate” le vostre immagini, nella speranza di guadagnare visibilità, nell’illusione di poter avere l’attenzione di potenziali clienti. Vi inventate storie, gallerie, battute divertenti… tutto questo per farvi “pubblicità”. Addirittura, siete disposti a pagare voi (il livello estremo del percorso di abbassamento dei costi: dal chiedere tanto, al chiedere sempre meno, al gratis… al pagare voi!), perché sapete bene che se volete allargare la visibilità dovete pagare della pubblicità: su Facebook, su Instagram, su Google. Eppure, tutto questo vi sembra normale, addirittura necessario, e probabilmente anche “divertente”.

Cosa ottenete da questa grande attività di pubblicazione gratuita delle vostre fotografie? Se va tutto bene, qualche centinaia di visualizzazioni, forse alcune migliaia nei casi migliori, e sono “utenti” che non necessariamente sono potenziali clienti, anzi: sono amici, parenti, curiosi, perditempo. Su Unsplash, gli utenti cercano fotografie, ne hanno una esigenza specifica: non vanno su questo sito per passare il tempo o per dispensare “Like”, hanno una finalità, e sebbene sia ovviamente una ricerca “di contenuti gratis”, non significa che tutti siano interessati solo a questo. In un mese, su Unsplash si visualizzano 5,4 miliardi di foto, e se ne scaricano oltre 30 milioni, oltre 2,083 sono visualizzate su Unsplash, ogni secondo (e sono dati ufficiali di febbraio 2018, saranno saliti sicuramente, nel frattempo); nella media, le immagini su Unsplash sono visualizzate 600 mila volte e scaricate in media 4000 volte: c’è qualche social network che promette lo stesso o un simile risultato?

Questo risultato non è passato inosservato, e non è un caso che Unsplash – nato cinque anni fa con con una formula molto “basic”: 10 fotografie gratis ogni 10 giorni – ora è un archivio di oltre 500 mila immagini, dall’utilizzo “democratico”, che hanno contribuito e contribuiscono ogni giorno ad un innalzamento della cultura visiva nel mondo: vediamo sempre meno immagini “pessime” in giro, nella comunicazione, e di recente ha ricevuto un fondo di 7,25 milioni di dollari di finanziamento per “costruire un nuovo concetto di economia attorno alla fotografia”. Ma come possono i fotografi trarre vero vantaggio da tutto questo?

Guadagnare (soldi veri) regalando fotografie

In giro ci sono tanti che promettono “successo e visibilità”, come valuta di scambio. Chiedono contenuti gratis, e “pagano” in “visibilità”. Questa formula quasi sempre nasconde una vera bufala: non è vero che il valore che viene promesso vale il prodotto concesso. In questo caso, il meccanismo di Unsplash funziona, e ne parla con grande accuratezza il fotografo svizzero Samuel Zeller in questo suo articolo su Medium (altra piattaforma che merita di essere approfondita). La sua esperienza, dopo quattro anni di condivisione di sue immagini su Unsplash, mostra che la strategia funziona: le sue immagini, 460 in totale, sono state visualizzate 255 milioni di volte e scaricate 1 milione e 700 mila volte. Questo utilizzo ha generato un flusso di lavori che ha usato i suoi contenuti (che diventano parte di un portfolio di lavori molto utile per dimostrare la propria qualità), ma anche una serie di contatti con clienti che – scoprendolo su Unsplash – hanno richiesto la sua collaborazione a pagamento per progetti che erano affini al tipo di immagini proposte “gratis” su Unsplash. Già, perché su questo sito non ci vanno solo quelli che cercano immagini “gratis”, ma “ottime immagini”, e quando si individua un lavoro particolarmente interessante questo può creare contatti e collaborazioni di alto e altro valore.

I numeri, l’approccio ma anche l’integrità di Unsplash, la sua visione di sviluppo (sono oltre 500 le realtà che integrano – tramite le API messe a disposizione da Unsplash – le immagini di questo archivio, moltiplicando le potenzialità di visualizzazione e di “scoperta” dei lavori del fotografi, tra queste Trello, Medium, Google, Adobe, ProductHunt – anche questo argomento di cui bisognerebbe parlare – il nostro italianissimo Pubcoder, software di creazione di pubblicazioni digitali e app): tutto questo fa capire che oggi questa piattaforma sta cambiando il mondo dell’immagine, il suo mercato, la sua evoluzione.

Ci sarà spazio, ancora, per vendere fotografie nell’era di “Unsplash-gratis”?

Si, qualcuno potrebbe cadere nello sconforto, ma invece non dobbiamo pensare che la soluzione – di successo – di Unsplash possa essere la fine della vendita di fotografie, al contrario… tutto il contrario.

Oggi, quello che finisce, è la fotografia “ready to wear”, come si dice nel mondo della moda: quel prodotto “pronto per l’uso”, che basta mettere nel carrello e comprare. Tutto quello che è confezionabile, pronto per l’uso, è destinato a sparire, o quantomeno a ridurre la propria vendibilità. Queste immagini, che saranno sempre più utilizzate nel mondo, saranno la piattaforma di sviluppo qualitativo di fotografie da vendere che non possono essere trovate in un archivio di questo tipo. Facciamo solo un paio di esempi, altri ve li presenteremo in futuro:

1) Serie di fotografie.

Su Unsplash potete trovare, della stessa situazione, una o al massimo poche versioni, ma visto che uno dei metodi di narrazione (storytelling) può e deve fare uso di tante immagini scattate nella stessa situazione, ecco che si apre un orizzonte di richieste sulle quali investire. Si pubblicano degli esempi su Unsplash e si semina per proporre una evoluzione della richiesta in questo senso

2) Personalizzazione

Lo stesso stile di un’immagine, per esempio nel campo della moda, ma anche del food, o di altre specializzazioni, potrebbe essere adottato ed interpretato per richieste specifiche, usando i prodotti di una specifica realtà/cliente. Le proposte su Unsplash possono essere considerate un portfolio che mostra tali potenzialità, ma offrono, al contrario di un portfolio che è “solo da guardare”, anche la forza di essere eventualmente utili al destinatario che può essere attratto dal download gratuito degli esempi proposti e poi attivare successive richieste.

3) Aumentare la vendibilità guardando al successo su Unsplash

Oggi gli utenti di Unsplash scaricano come abbiamo visto milioni di immagini. Sono immagini che soddisfano le esigenze di utilizzo a tutti i livelli, e le statistiche di download offrono uno spaccato incredibile dell’evoluzione del gusto e della potenziale vendibilità di uno stile rispetto ad un altro. Qualcuno potrebbe polemizzare sul fatto che “definire vendibile” qualcosa che parte da statistiche di contenuti scaricati “gratis” potrebbe apparire assurdo, ma quando il mercato ha una scelta immensa, e tutta a parità di costo (zero), la selezione qualitativa è persino più profondamente utile. Dare quindi un’occhiata a queste statistiche, oppure alle segnalazioni di Unsplash è una strategia molto utile.

Ci sono molte altre strategie, come detto, ma allungheremmo di molto questo post, che già supera i 9 minuti di lettura. C’è però una chiave di interpretazione che davvero è necessaria, prima di chiudere… Unsplash, malgrado la sua visione “gratuita”, non è affatto “per tutti”. Solo chi propone eccellenti risultati ne può trarre vantaggi, in un mondo (felice) dove le immagini sono belle, non c’è spazio per una qualità dozzinale, ma specialmente solo l’eccellenza porta a far uscire la personalità, l’esclusività, l’eccezionalità di una proposta professionale e creativa. Per questo, Unsplash è un alleato per chi vuole puntare al massimo, che lavora per raggiungere quella nicchia di utenti/clienti che cerca qualità, e quando la trova è disposto a pagarla il giusto prezzo. Unsplash permette al mercato di risparmiare per immagini che comunque non sarebbe disposto a pagare, lasciando spazi per dedicare invece i soldi necessari per le produzioni che lo meritano, che lo richiedono, che possono fare la “differenza”. Se volete questo tipo di clienti, domandatevi perché ancora non vi siete aperti ad una visione più allargata.

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