Esportare foto: quando usare i vari formati, consigli e segreti per professionisti

Esportare foto: quando usare i vari formati, consigli e segreti per professionisti

Esportare le fotografie, come farlo correttamente (con professionalità e furbizia)? Dove vanno a finire le immagini che trattiamo con tanta cura, amore, dedizione? Ore e ore investite per ottenere il meglio, e poi bisogna lasciarle andare, vivere una vita senza di noi, oltre quello che “siamo noi”. Perché un’immagine non ha senso di esistere se non trova un canale per raggiungere altri (tanti). Per assurdo, quindi, conta di più come queste immagini “escono” dalla nostra “comfort zone”, dal nostro mondo, dal nostro computer.

Fa forse sorridere, ma questa “uscita” delle immagini ci fa fare dei paralleli di tipo sociale: il mondo è sempre più un flusso di migranti, che abbandonano il loro spazio naturale, che li ha visti nascere e crescere, le loro sicurezze e incertezze per trovare un nuovo modo di vivere, di essere felici, o – quantomeno – di riuscire a sopravvivere. Le immagini anch’esse sono così… e così come c’è tanta incertezza sociale ed economica per e con le persone, ci sono paragonabili problematiche con le immagini. Ci si scontra con atteggiamenti dove la “diversità” di pensiero e di apparenza diventa motivo di discussione, di contrasto, addirittura di guerra.

Le immagini, una volta, si esportavano prevedendo un percorso ben delineato. Si chiedeva quale era la destinazione, e le destinazioni erano solo due:

  • Per la stampa (300 dpi, e “dovevano essere in CMYK”)
  • Per “il web” e dovevano essere “a 72”. Non si indicava “72-cosa?” perché c’era un dubbio, se proprio si voleva fare i precisi si diceva “72-dipiai” e ovviamente si sbagliava perché erano ppi (pixel per inch, i monitor non visualizzato “dot- punti di stampa”)

Fa tristezza vedere che non solo ancora si fa questa distinzione, ma addirittura si insegna. Si confondono le destinazioni, si seguono ancora processi di conversioni inutili e controproducenti, e la confusione regna sovrana. Proviamo a chiarire un po’ le idee…

Esportare foto correttamente: la scelta del software è importante

L’approccio di esportazione, anche nei software, è in fase di evoluzione, ma forse non gli si dedica sufficiente tempo. Photoshop, nella sua ultima versione CC 2017 ha cambiato il modulo di esportazione, ve ne siete accorti? Ed ha inserito delle funzionalità che altri software (per esempio Sketch) hanno da anni, oppure che richiedevano azioni create da gentili persone che lamentando questo limite del software “re e regina” dell’immagine avevano sopperito con la loro buona volontà con appunto delle azioni da scaricare gratuitamente.

 

1x,2x, 3x: quando la risoluzione ci fa impazzire.

Il primo problema dell’esportazione, infatti, quando si parla di visualizzazione sugli schermi (siano questi siti, app, digital publishing) è che gli schermi non sono (affatto) tutti uguali, ma dispongono di risoluzioni differenti, in gergo definite @1x, @2x, @3x, @4x (leggete “1 per”, “2 per”…). In gergo ancora più “colloquiale” si parla di immagini da visualizzare su schermi “normali”, oppure “Retina” e “Retina HD” (nomi commerciali di Apple), HDPI, preceduti da delle x (xHDPI, xxHDPI, xxxHDPI) in ambito Android: qui sono definite dalle specifiche del Material Design che governa l’interfaccia di questo sistema operativo made in Google. Qualcuno dirà: cosa mi importa? Io le immagini le stampo, non mi interessa come verranno visualizzate sugli schermi. Ottima considerazione, se confrontata con le statistiche del mercato che dicono che oltre il 90% delle immagini viene visualizzato su uno schermo; evviva le nicchie di mercato, ma bisogna trovare il modo di sopravviverci nelle nicchie. Se pensate che le vostre immagini abbiano bisogno di essere perfette anche sui monitor, allora sarebbe bene farsi un bell’aggiornamento sulla questione. Se siete interessati stiamo preparando un contenuto di formazione/aggiornamento su questo argomento, vediamo se interessa a qualcuno, lo potete dimostrare facendo richiesta di informazioni qui .

Esportare fotografie formato ideale
Export_Sketch

Esportare foto: quale formato è “quello giusto”?

E’ davvero incredibile che, ancora oggi, le persone valutino la qualità di un’immagine ingrandendola del 200/300/400% sul monitor e da questo decretano come trattarle e come distribuirle. Beninteso, se volete lavorare solo con immagini in formato RAW fate pure, scelta vostra (comprensibile se producete – e monetizzate – 1 foto al giorno, meno se fate 1000 immagini all’ora), ancor più comprensibile e condivisibile, anzi fondamentale, usare software che non usino processi distruttivi durante le lavorazioni di post produzione. Ma parliamo di output finale… quello che consegniamo al cliente. Ecco qualche consiglio, con alcune piccole ironie, giocando con il significato delle sigle ;-)

 

TIFF (Tutte Informazioni Falsamente Furbe)

E’ scomodo (molto) distribuire per la stampa (ancor più per i monitor, ma questo è più raro, anche in periodo di pura follia) in formato Tiff o “non compressi”. Lo so, siete convinti che quando si stampa un Jpg la qualità è più bassa… peccato che “realmente” non è vero, ancor di più quando si lavora con immagini non a tono continuo (riviste, libri, inkjet). Certo, se si usa una compressione eccessiva, la qualità decade in modo pazzesco, ma se lavoriamo bene con la compressione, il tempo che risparmiamo (non solo per l’invio, ma anche per la gestione, il passaggio in stampa, l’archiviazione) usando un JPG non causerà alcuna perdita visibile ad occhio nudo se appunto non guardiamo le immagini con una lente di ingrandimento (e anche in questo caso… ci sono dubbi). Smettiamola di aggrapparci a delle sicurezze che non sono concretamente esistenti. Il Tiff è davvero un formato poco consigliabile.

PNG (Perché Nati Grafici)

Il formato PNG ha motivi di esistere… davvero: motivi concreti. Questi motivi concreti sono tre:

  • E’ un formato standard anche in ambito Web (il tiff no)
  • E’ un formato che ci consente di preservare le trasparenze mantenendo tutti i colori (la GIF che vedremo dopo no)
  • E’ ideale per immagini che hanno elementi grafici (scritte, loghi, eccetera).

In tutti gli altri casi, è bene evitare questo formato, ma tre motivi di esistere sono già qualcosa. E sempre più crescerà perché la variante APNG (Animated Portable Network Graphics – in questo caso usiamo la definizione corretta perché non si conosce!) sta guadagnando terreno come formato sempre più accettato, ci credono sia Mozilla che Apple (che l’ha integrato su iMessage su IOS10… le immagini che si muovono sui messaggi sono in questo formato).

 

GIF (Gaudenti Immagini Funzionali)
L’opinione comune delle persone è che le GIF (se volete essere “snob” pronunciate GHIF, se siete più gente che parla come mangia potete continuare a chiamarle “GIIIF” che è giusto uguale) fanno schifo come qualità, perché “hanno pochi colori. Mi ricordo che, nel lontano 1994 (o giù di li, forse era il 1995) ho comprato un libro di una tipa che spiegava come salvare le immagini in GIIIIF, usando dei software che ottimizzavano la resa, quando all’epoca Photoshop non ci riusciva bene (i ragazzi di Adobe sono sempre stati un po’ pigri nei moduli di esportazione, ancora oggi). Non ricordo il nome dell’autrice e nemmeno del software di esportazione che usava, ma il senso è… forse dovreste capire qualcosa di più del come ottenere il massimo dalle GIF, perché i parametri sono davvero tanti, i vantaggi tantissimi. Scegliere per esempio le immagini da esportare in Gif è una buona disciplina, una fotografia in bianco e nero può essere esportata con una qualità eccezionale in Gif, visto che le 256 tonalità offerte dalla “limitata GIF” sono sufficienti per proporre un’immagine eccellente. Ovviamente la Gif nasce per essere principalmente in movimento (Gif Animata… come dire: il maggiore successo degli ultimi anni nel mondo dell’immagine digitale), anche se la sua possibilità di avere la trasparenza apre molti orizzonti interessanti. Quando avete distribuito le vostre opere in formato Gif? Non lo avete considerato abbastanza “professionale”, vero? Peccato che questo sia il mezzo più usato ed efficace di immagine nei social media, sicuri di volerne stare fuori (e sicuri di non voler capire come ottenere un risultato di alta qualità in questo tipo di “esportazione”?). Attenzione però: una gif animata potrebbe risultare più pesante di un video…

 

PDF (Protezione Definitiva Fotografi)
Si, lo sappiamo: i fotografi non salvano le immagini in PDF, questa è roba da grafici, mica da fotografi. Dovremmo parlare a lungo (anni fa abbiamo fatto un convegno su questo…) ma vi segnaliamo un paio di motivi del perché avrebbe senso distribuire le vostre immagini in PDF, e non in altri formati:

  • Il PDF lo leggono tutti
  • Il PDF consente di impedire la stampa in modo da proteggerne da un uso non consentito
  • Il PDF è un documento che può essere firmato digitalmente. Si, può dire che è vostro… non di altri
  • Il PDF consente di permettere un uso “totale” (alta risoluzione e, appunto, stampa, ma anche esportazione in altro programma che ne consentirebbe la manipolazione, come Photoshop) solo quando sarete sicuri che vi verrà pagato quello che queste opzioni secondo voi valgono… altrimenti chi ha ricevuto l’immagine può solo guardarla…
  • Il PDF permette, con i suoi sistemi di protezione, di evitare il bruttissimo inserimento delle scritte © NON TOCCARE LA MIA IMMAGINE SE NO MUORI, perché non servono (l’immagine è protetta), in compenso nei metadati ci sono tutti i vostri dati, se lo volete.

Ok, non ci avevate mai pensato vero? Eppure questo vantaggio esiste da tanti anni! Vuoi saperne di più, ameremmo “perdere del tempo” per spiegarti come fare, ma magari non ti interessa e quindi puoi andare avanti ;-) (se ti interessa, scrivici …)

 

JPG (Jumper preferisce Giustizia)

Non sapevamo come indicare qualcosa in italiano con la J, ma per fortuna il nome del nostro sito ci è venuto incontro ;-) Il senso è che, genericamente, il salvataggio in Jpg è il migliore compromesso, quasi sempre. Abbiamo indicato delle possibili alternative, ma il Jpg non è quella brutta bestia che distrugge le immagini, basta non risalvare mille volte l’immagine (CMD+S) su software che invece che sommare tutte le modifiche per poi applicarle insieme insistono a distruggere ad ogni salvataggio le nostre immagini. Quello che vogliamo dirvi è che i parametri per limitare la migliore resa delle nostre immagini quando le andremo a distribuire hanno solo una piccola componente da imputare alla compressione (purché, come già detto, debba essere considerato il settaggio di compressione). Per immagini da fruire con la massima resa, il parametro ovvio è il più alto, ma anche questo è un parametro da valutare: è più importante per una piacevole/efficiente resa di un’immagine da vedere online la sua “super nitidezza” e “assenza di artefatti” oppure la sua dimensione o velocità di caricamento? Le statistiche dicono che le persone mediamente quando cliccano un link devono aspettare circa 8 secondi, e specialmente in ambito mobile (gli utenti sono sempre più connessi con uno smartphone) viene giudicato eccessivamente lungo, molti rinunciano prima di raggiungere l’obiettivo. Quando smetteremo di vedere le cose da vicino (ingrandimenti, attenzione al micro dettaglio) e ci preoccuperemo di quello che davvero conta? Le persone amano immagini grandi, immersive, che siano veloci da scaricare/visualizzare, quando si va su app o altri documenti digitali c’è un po’ più di libertà, ma poi i documenti/app se pesano troppo vengono buttati via dai nostri device che sono sempre troppo poveri di memoria disponibile.

Sappiamo che concludere un articolo lungo per arrivare all’ovvietà, ovvero che il migliore formato (esigenze specifiche escluse, come sopra indicato) è quello più usato al mondo potrebbe sembrare una banalizzazione, ma spesso le cose ovvie non lo sono nel mondo dei “Professionisti” che si fanno influenzare dalla paura di fare “quello che fanno tutti”. Ma se leggi meglio, questo articolo forse capirai che non ti abbiamo detto solo questo… fanne tesoro, e se pensi che ti possa essere utile, condividilo.

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