Fotogiornalismo, corporativismo e mercato del pesce

Fotogiornalismo, corporativismo e mercato del pesce

Può una giornalista (famosa) permettersi di pubblicare su un giornale (famoso) delle fotografie scattate da lei con lo smartphone durante un evento (importante) come la canonizzazione dei Papi? La discussione – o meglio: la polemica – sui social, è stata violentissima. L’alzata di scudi è stata globale, tutti ad accusare la famosa giornalista (Concita di Gregorio) di avere rubato il pane dalla bocca dei fotografi, che già devono vivere degli spiccioli dati dagli editori. In molti hanno accusato la giornalista di avere dato spazio sulla versione online del (famoso) giornale alle sue foto, che oggettivamente – e chi potrebbe negarlo – sono delle vere schifezze visuali (mi spiace, Concita: sono davvero di una bruttezza improponibile, lo sarebbero anche nella stretta cerchia degli amici, figuriamoci su un media così importante).

Il vero problema è che gli scudi che hanno alzato tutti, a difesa della categoria sono davvero privi di contemporaneità: oggi l’informazione si crea (o si dovrebbe creare) unendo tutti i linguaggi: parole, fotografie, video, audio, interazioni. Quella che è crollata non è la categoria dei fotogiornalisti, ma l’intero mondo dell’informazione, e in questo stanno crollando (sono crollate) le separazioni tra un ambito e l’altro. Le riviste e i giornali diventano multimediali e interattivi, sempre di più; parole, immagini, suoni si uniscono in un unico messaggio, e chi lavorerà (lavora) in questo settore dovrà dominare tutti questi linguaggi. Non ci sarà più distinzione, o ci sarà sempre meno.

Ci saranno spazi – ovviamente – per singole individualità, ma devono essere eccellenti: non sarà sufficiente saper scrivere, o saper fare foto, dovremmo essere Montanelli, Severgnini, Hemingway se saremo scrittori/giornalisti, oppure Salgado, Cartier-Bresson, Annie Leibovitz. Altrimenti, dovremmo confrontarci con una metodologia di comunicazione che dovrà integrare – bene, con efficacia, con visione giornalistica, con interazione – tanti media.

Corporativismo fotogiornalismo Tweet

La domanda è: chi ce lo insegna? Se una giornalista di grande valore cade usando un linguaggio da neonata nel fare fotografie di un evento così importante che sa invece raccontare magistralmente con le parole, e lo stesso può valere per un fotografo bravissimo quando deve mettere insieme le sue fantastiche fotografie in un contenitore editoriale di nuova generazione (un esempio per tutti: Ed Kashi, fotoreporter fantastico, che ha fatto una delle App più brutte e meno azzeccate degli ultimi anni), allora che speranza hanno i professionisti normali quelli che sono bravi, ma che non sono e nemmeno pretendono di essere i “migliori al mondo”? All’apparenza, nessuna, ma non è così.

Aggiungiamo: come possono gli editori capire che il mondo è cambiato e che devono cambiare loro per primi? (loro e i loro prodotti editoriali)? L’unica cosa che capiscono, gli editori grandi, in questo momento, è che c’è crisi, che bisogna tagliare, e quindi si riducono i costi, prima di tutto dei collaboratori.

Cosa vogliamo dire con tutto questo? Che il corporativismo non funziona. Semplicemente non funziona. Le frasi di condoglianze non servono a nulla, se il morto è morto non ne trarrà beneficio. Vogliamo fare in modo che si parli – almeno qui – di vivi, non di morti, e quindi bisogna reagire e capire, non piangersi addosso e accusare il mondo di essere cattivo e insensibile. Lo è, insensibile e cattivo il mondo? Si, cavoli! Ma una volta che lo abbiamo detto e capito, cosa cambia? Gli editori non pagano più i fotografi (o li pagano poco) perché sul loro foglio di Excel la voce fotografia è un costo e non un’opportunità, e non saranno le polemiche a cambiare la situazione.

Il corporativismo può salvare il fotogiornalismo?

Vogliamo reagire? Allora facciamolo in modo intelligente, non facendo polemica inutile. Concita di Gregorio non ha rubato il lavoro a nessuno: i fotografi di Repubblica c’erano (ed erano, immagino, pagati), quello che ha pubblicato lei erano solo appunti (lo ha anche scritto su Twitter, che riportiamo in questo articolo, la cosa sconvolgente è che un media importante così le abbia pubblicate (ma ha solo riempito qualche pagina con dei click… roba inutile come gran parte dei contenuti che si producono per fare numero), e che appunto siano così brutte (ahimè… è oggettivo). Concita di Gregorio non ha rubato nulla, perché, se non ci fossero state le sue foto, quella pagina semplicemente non sarebbe esistita: è come quando si parla di pirateria, e le case discografiche parlano di “furto per milioni di euro all’anno per il download illegale della musica”, semplicemente dicono il falso: chi scarica illegalmente NON compra musica, e quindi non si tratta di perdita di soldi, solo di uso illecito.

C’è vita oltre a questo utilizzo dell’informazione così povera? Si… ma chi critica deve investire il proprio tempo per sviluppare conoscenza su:

1) Imparare a creare storie complete e ricche di contenuti multimediali (Visual Storytelling, ne parliamo da anni, prima che diventasse moda);

2) Conoscere i vari linguaggi della comunicazione giornalistica, di cui i nuovi media sono golosi; spesso i fotografi non capiscono le differenze e le integrazioni tra fotografie e video… che pur sono linguaggi molto vicini tra loro;

3) Capire che, per catturare l’interesse degli utenti di oggi, devono essere coinvolti con tutti i sensi. Per questo, invece che comprare una nuova ottica per la vostra fotocamera, comprate un registratore audio digitale… potrete aggiungere contenuti utili a convolgere di più, e poi studiate metodi di navigazione per fare in modo da creare un percorso di lettura/visualizzazione. Il mondo dell’informazione fa uso di strumenti come il parallax scrolling, le sequenze di immagini ed altro… saperle usare apre orizzonti;

4) Studiare le strategie per vendere contenuti. Oggi siamo nell’era del Content Marketing che sta a significare che se siamo capaci di fare veri contenuti di valore, avremo un pubblico, al quale poter vendere la nostra professionalità. Sono nate in questi anni realtà che fanno davvero tanti soldi in questo modo. Pensate che passino il tempo a cercare di trovare riconoscimenti, tessere, sistemi di cooporativismo per salvarsi da un mercato che è già morto, o sta morendo?

Se cerchiamo, come nella foto (tra l’altro, una foto di fotoreportage venduta da un’agenzia di microstock…), di vendere i nostri prodotti (fotografie, o altro) come si fa su un banchetto del mercato del pesce nel Ghana, allora devo darvi una brutta notizia: il pesce è già marcio.

Alziamo gli occhi, guardiamo oltre e cerchiamo soluzioni. Vere (e per farlo c’è da studiare molto, fare fatica, capire…).

Comments (19)
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  • Alessandro Bianchi
    Mag 4th, 2014
    Alessandro Bianchi says:

    Sarebbe interessante sapere, o forse sono solo io che non lo so, ma lo immagino, come quelle foto siano state recepite dai lettori di repubblica.
    Ovviamente mi riferisco a quel 95%(?) ai quali interessano solo i fatti accaduti e non come vengono raccontati.
    Credo che alla fine la chiave di tutto sia qua.

  • Vittore Buzzi
    Mag 4th, 2014
    Vittore Buzzi says:

    Pienamente d’accordo con te su quasi tutto. Io ho un amico che è un grande giornalista ed è diventato un ottimo fotografo. L’operazione della Concita è criticata in quanto ha pubblicato foto solo grazie a conoscenze, amicizie (chiamatele come volete) foto che non hanno alcun valore. Comportamenti del genere rafforzano l’idea (sbagliata) che conta di più il nome dei contenuti. Quello che mi sconcerta è che i grandi editori italiani stiano latitando sulla produzione dei contenuti… si aprono opportunità per chi è in grado di coglierle….

  • Maurizio lodi
    Mag 4th, 2014
    Maurizio lodi says:

    Solo per definire il livello del mercato, o di un mercato che non c è più. Servizio di 10 righe sugli hotel più belli del mondo. Giornalista sul posto , viaggio e soggiorno pagato, dall hotel, per grande testata femminile online. testo più 10 foto iPhone del giornalista ( bravo ) = 65 euri ( spero netti )

  • Sandro Bedessi
    Mag 4th, 2014
    Sandro Bedessi says:

    Appunto è proprio un mercato che non c’è più quello dell’informazione..almeno di quella corretta …vorrei sapere chi ha inventato la frase che tutti siamo giornalisti…il fatto è che come sempre tutti devono fare il lavoro che non gli compete e non per tornare a discorsi già fatti…però ci sono categorie che invece sono e ben corporativamente protette dal nostro dai nostri governi passati presenti e futuri …perchè io allora non posso difendermi in giudizio in tribunale da solo?? perchè devo pagare un avvocato quando molte volte ( per esperienza provata) ne saprei molto di più dell’avvocato che devo pagare per forza?? E poi se i giornalisti fanno l’altro mestiere è solo perchè loro non prendono 1+1 = 2 cioè quanto pagavo 1 il fotografo + 1 quanto pagavo il giornalista ma prendono 1,5 cioè chi ti fa fare il servizio paga meno ma il lavoratore prende di più e fa stare uno a casa …E’ QUESTA LA VERITA’ mi dispiace per Concita che sarebbe di sinistra ma non è la sola che fa così ..l ‘ho già rammentato sempre su questo forum…una nota giornalista di una rete regionale toscana cominciò molti anni fa a RUBARE il lavoro al videoperatore piazzando la telecamera sul cavalletto e facendo l’intervista lei stessa lasciando a casa l’operatore. E per tornare ai giornalisti ..i loro servizi fatti con l’Iphone…è questo che vogliamo?? belle foto davvero… e per tornare ai giornalisti con l’Iphone…a me giornalista con fotocamera Eos 1D magari pagata 4000 euro mi fanno il terzo grado per passare a fare una foto al processo per Sollecito e c. e mi probiscono l’accesso…poi invece al giornalista con il telefonino lo fanno passare, riprendere e anche diffondere le immagini che il tribunale invece aveva proibito di fare …è questa l’Italia ed è questo il livello di rispetto che manca sempre di più verso il nostro lavoro … non è questione di aggiornarsi ad un modo di lavorare è solo questione di business..cioè di pagare poco ciò che già si paga poco e quindi vale poco…ma bene così notoriamente poi i GRANDI (testate, agenzie ecc) sono sempre quelli che sfruttano più che mai. Un saluto a tutti Sandro

  • Federico Meneghetti
    Mag 4th, 2014
    Federico Meneghetti says:

    Dopo tanti anni di professione ne ho viste di tutti i colori ma in mezzo a tutto devo dire che la costante sempre presente in ogni situazione che ho visto è sempre “la scarsa percezione del valore aggiunto che un fotografo professionista è in grado di dare durante le riprese di un evento” quindi io dico è inutile continuare a nascondersi dietro il corporativismo. Quello che ognuno di noi dovrebbe fare è di cercare nel suo piccolo ad istruire le persone sulla qualità visiva, mostrare che non è l’apparecchio che fa le belle foto ma è l’uomo che ci sta dietro e per far questo noi per primi dobbiamo con umiltà farci un esame e chiederci quante volte abbiamo accettato di sminuire il valore del nostro lavoro, quanti hanno accettato il ricatto delle redazioni nel ribasso dei prezzi riuscendo in tal modo a prendere il posto a chi con forza sosteneva invece questi valori? quanti hanno svenduto un servizio pur di iniziare una collaborazione non cosciente che alla lunga questi sistema si sarebbe rivoltato proprio contro se stessi? Ebbene alcuni come me pur di non sminuire la propria professione hanno rinunciato quasi del tutto a fare giornalismo e si sono dovuti reinventare andando alla scoperta di nuove nicchie dove più del prezzo conta la qualità, la tecnica, la tecnologia, la freschezza delle idee e non ultima la serietà. Diciamocelo il giornalismo dal punto di vista dell’immagine ha raggiunto livelli mostruosamente bassi ma questo non da ieri ma da molti anni. Aggiungo che è giusto che la tecnologia abbia permesso a tutti di fare immagini e di riprendere una notizia ma sta al professionista vero dimostrare che il proprio lavoro ha una marcia in più ma questo non lo si ottiene automaticamente con un tesserino o appartenendo ad una categoria bensi questo richiede un sacrificio continuo, studiare sempre e umiltà nel ammettere che non si è mai arrivati e non si è mai finito di imparare, solo cosi potremmo far capire alla gente che un’immagine può essere cultura, storia o adirittura divenire un simbolo

  • Sergio "Silverdog"
    Mag 4th, 2014
    Sergio “Silverdog” says:

    Io come tutti o quasi ho la macchina, la so usare bene e conosco la mia città ….. ma il tassinaro non lo posso fare …. tanto per citare qualcuno che però si fa rispettare eccome ! (almeno a Roma) …. io non scrivo granchè quindi non mi pongo il problema … ma se volessi, potrei pubblicare articoli sulla stampa nazionale ? O serve l’iscrizione all’albo ? Sbaglio o i discografici avevano fatto mettere una tassa a loro favore sui supporti (cd, dvd, cassette) vergini ?… anche se magari ci registravo le mie foto/video ? Scusate…. era tanto per fare un pò di polemica :-). Però è strano che quello che è giusto per alcuni non lo sia per altri …. mah, forse ho solo le idee confuse …

  • Alessandro Bianchi
    Mag 4th, 2014
    Alessandro Bianchi says:

    AAA fino ad oggi solo fotografo da domani anche odontoiatra, cardiologo, nefrologo e consulente fiscale. Garantisco ottimi prezzi

  • Max Mencarelli
    Mag 4th, 2014
    Max Mencarelli says:

    Studiare e imparare mestieri nuovi è bellissimo, rinnovare il mio oramai stantio mestiere di fotografo è stimolante….ma tutto questo richiede tempo. Non ci metteremo (noi fotografi) 6 mesi a reinventarci. E nel frattempo? Largo alle Concite, facciamocene una ragione ;)

    1. Luca Pianigiani Author
      Mag 4th, 2014
      Luca Pianigiani says:

      Non sono nuovi mestieri. È il mestiere che cambia…

  • Chiara Natale
    Mag 5th, 2014
    Chiara Natale says:

    D’accordo su tutta la linea, specialmente per quanto riguarda il discorso innovazione/stare al passo con i tempi. p.s. andando per metafora quindi la di Gregorio è un po’ come lo zio Bob ai matrimoni!

  • Nunzio Bellini
    Mag 5th, 2014
    Nunzio Bellini says:

    La cosa più agghiacciante per me è quel tweet:” ho solo preso appunti con iphone per pezzo da scrivere, amici,sereni” cioè, come disse Albertone”Io sono io …. e voi non siete un cazzo !” l’arroganza di quella frase è infinita, potrei scriverci un pezzo e chiedere a Repubblica se lo pubblica….tanto sono giornalista come Lei è fotografo!

    1. Luca Pianigiani Author
      Mag 5th, 2014
      Luca Pianigiani says:

      Non credo, francamente, che sia stato quello il senso della giornalista. Lei dice: non ho fatto le foto per “rubarvi il lavoro”, ma come appunti visuali per me. La critica, ripeto, semmai andrebbe fatta a Repubblica che le ha pubblicate, perché sicuramente non erano meritevoli di pubblicazione. Non ho nessun motivo e interesse a difenderla, ho invece interesse a mettere l’accento su quanto scritto nell’articolo, sulle problematiche e sulle azioni da fare per superare questa crisi. Se però è più facile puntare il dito e dire che il mondo del fotogiornalismo è allo sfascio per le foto della giornalista, allora… vuol dire che non c’è speranza di uscirne da questa crisi e si cerca solo di trovare qualcuno da accusare. Se non si va oltre con nuove idee, la colpa è nostra, non della signora Di Gregorio.

      1. Alessandro Capuzzo
        Mag 5th, 2014
        Alessandro Capuzzo says:

        Hai ragione Luca ma io mi chiedo: ma se le foto servivano a lei come appunti visuali, ma chi gliele ha date a repubblica?

  • Riccardo Marcialis
    Mag 5th, 2014
    Riccardo Marcialis says:

    Buona giornata a Tutti,
    Penso non si possa più proclamare che la fotografia sia un mestiere, tanto meno una professione.
    La fotografia per molteplici circostanze è diventata una disciplina che si è integrata in quasi tutti i mestieri e professioni dove sia necessaria la documentazione visiva.
    Come afferma Luca, Concita De Gregorio, ha rubato nulla. Probabilmente ha fatto una scelta sbagliata o forse i suoi fotoreporter, quel giorno, erano tutti in malattia.
    E’ inutile criticare le scelte degli altri. C’è gente che ingoia Coca Cola, divora Nutella e si nutra da Mc Donald tutti i giorni e nessuno li critica.
    Io sono giornalista e per diventarlo mi sono impegnato a imparare a farlo, almeno discretamente. L’ho fatto prima di sentirmi disarcionato da qualche pivello giornalista che si offrisse agli editori anche come fotografo.
    Concita De Gregorio, ha fatto pagare ai suoi lettori il proprio errore: “Faccio io quello che non fare invece di farlo fare a chi lo sa fare”.
    Quindi se vogliamo distinguerci sul mercato dal punto di vista professionale, intellettuale e pure creativo dobbiamo lasciar perdere di ragionare sui punti negativi degli altri e darci, invece, da fare per quel che ci riguarda.
    Un forte abbraccio. Riccardo

  • zack
    Mag 5th, 2014
    zack says:

    E’ un po’ come qualche anno fa…quando a Fotografica (evento della Canon)hanno dedicato uno spazio a Martina Colombari fotografa… Sicuramente saranno state di un più alto livello qualitativo…ma non all’altezza di essere esposte e lodate in un contesto simile…

  • Roberta Morè
    Mag 6th, 2014
    Roberta Morè says:

    anche da Gaza , anche dalla Plaestina ormai si comperano foto scattate con i cellulari. Una volta ti mandavano, ci mettevi del tuo, tuoi soldi, la tua vita e poi forse pubblicavano le tue foto. ora danno in mano una digitale ad un ragazzo del posto e aspettano che lui mandi le foto. Non mi meraviglia la vicenda di Concita la trovo notmale. Cioè non mi sono mai stupita se un bravo fotografo vedi Alessandro Gandolfi di Parallelozero scriva anche l’articolo oltre a fare foto. mi dovrei stupire se Concita Degregorio faccia le foto a corredo del suo articolo? si fa cosi e come dice Pianigiani invece di comperare un flash in più comperiamoci un registratore. Quanti reportage 2.0 ho visto in questi ultimi anni, si fa così , questo è ormai il fotogiornalismo, fare foto fare video e scrivere articoli e intervistare. Vale la stessa cosa per i giornalisti della carta stampata perchè non dovrebbero fare foto? Belle o meno? Cosa vogliono i lettori?

  • gianluca
    Mag 6th, 2014
    gianluca says:

    Qualcuno ha detto che fare foto belle non serve a “niente” Bhe’ forse aveva ragione.
    Cosa importante e che il messaggio arrivi, poi che sia stato fatto con un cellulare, con una video camera da 2 soldi, oppure con un usa e getta, che problema c’è se arriva la notizia va bene.
    Ci scandalizziamo per niente, quando sappiamo tutti quanti che le competenze si sono mescolate, chi fa il grafico fa pure il fotografo viceversa, chi fa il fotografo scrive e tiene blog.
    Chi scrive e fa il giornalista diventa fotografo, tutti video operatori adesso sono fotografi e viceversa.
    Ecco per dirne una siamo nell’era digitale tutto cambia in breve tempo e si trasforma, tu eri adesso non sei più, adesso sei un’altro che fa un’altra cosa.
    La tua competenza la tua professione puoi farne una pallina e dargli un calcio.
    Che bello il digitale o lo ami o lo odi, o lo gestisci o lo subisci non ha vie di mezzo non c’è scampo.
    Ben vanghino i cellulare super potenti con milioni di pixel la fotografia intesa alla vecchia maniera è morta da molti anni orma, ma non è mai stata cosi viva come adesso.

  • chiara
    Mag 7th, 2014
    chiara says:

    Io non sono una giornalista ma una fotografa di matrimoni. Anche il matrimonio è ormai a tutti gli effetti una storia da raccontare, sempre più spesso non solo con le immagini ma con parole che accompagnino le immagini: video, guestbook, articoli, blog, ecc. E non solo i reportage, o non solo i matrimoni, ma anche altri generi fotografici -lifestyle, moda, food, ecc.- che richiedono sempre più il racconto di una storia che si sviluppa e a volte, insieme alla storia principale si raccontano altre piccole storie collaterali, tra cui per esempio quella del fotografo che scatta il servizio. Nel nostro paese sul visual-storytelling stiamo ancora messi abbastanza male: si fanno ancora troppe belle foto e si raccontano troppe poche storie. Ma é proprio in questa sorta di vuoto che chi ha un approccio diverso, al passo coi tempi, può spiccare con maggiore possibilità di successo, avendo relativamente ancora poca concorrenza in tal senso. E anche chi non vuorrebbe farebbe meglio prima o poi ad adeguarsi ai tempi.
    Ho detto che sono una fotografa di matrimoni, ma è un incasellamento che mi sembra limitante per CHIUNQUE non prema il pulsante di scatto solo in ben determinate situazioni. Quando scendo di casa ho spesso la fotocamera con me e riprendo qualsiasi cosa catturi la mia attenzione: la città e l’umanità, luoghi, amici, particolari. A volte racconto visivamente parte della mia giornata, se in qualche modo “rilevante”(almeno per me). Quasi sempre le foto non restano private ma prendono la forma di un racconto online. Allora cosa vuol dire, sto cercando di rubare il mestiere ai vari fotografi di reportage/fine art/street/food/travel? Quando scrivo un articolo o due righe di accompagnamento voglio o posso rubare il lavoro a dei giornalisti? In fondo quello che è online è pubblico, quindi visibile e condivisibile.
    La cosa interessante è che la maggior parte dei miei sposi o degli altri miei clienti sono moooolto interessati alle foto che scatto che non hanno nulla a che fare con i matrimoni o con la moda o con la “fotografia commerciale o su committenza” in generale.
    Oggi ragionare per compartimenti stagni è impensabile, perché questi non esistono, c’è fluidità, movimento. Per cui ben vengano le foto della Di Gregorio, la sua libertà di riprendere senza tecnica fotografica ma raccontando comunque qualcosa.
    P.s. se dovessi sposarmi, chiederei al mio fotografo di raccontare la giornata mixando diverse tecnologie -smartphone, fotocamera, ecc. Gli lascerei però totale libertà creativa e alla fine mi farei fare anche uno scrapbook di ricordi versione 3*millennio, video annesso.

  • Alessio
    Mag 7th, 2014
    Alessio says:

    Mi ritrovo gli interventi di Gianluca e Chiara.

    Tanti interventi stanno puntando il dito vs. “quelli che rubano il mestiere al fotografo” e poi magari si fanno il sito in wordpress per non pagare un webmaster; scrivono e tengono un blog invece che affidarsi ad un blogger/copywriter.

    Questa io la chiamo ipocrisia, ma qualcuno magari si offende quindi non è rivolta a nessuno.

    Tutto il mondo (e mestiere) è paese.

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