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Siamo entrati nell'era del "post-pc"?

L’altro giorno sul palco di San Francisco è stato presentato il nuovo iPad. Un’evoluzione che abbiamo subito definito “un tablet per fotografi“, e i motivi li potete, se volete, leggere in questo post pubblicato pochi minuti dopo la presentazione. Ma non parleremo del “nuovo” iPad, anche se in parte gli ruoteremo attorno: quello che ci interessa è di scendere nel dettaglio della frase, spesso ricorrente, che definisce quest’era come quella del “post PC”. Lo diceva Steve Jobs, lo ribadisce Tim Cook… ma si può anche dire che si tratta di una definizione di “parte”: Apple, che sicuramente ha sempre prodotto eccellenti “PC” non è mai stata leader di mercato, la parte del leone l’ha fatta finora Microsoft, lo confermano ancora oggi i numeri. Nel mondo dei tablet, invece, la leadership di Apple è schiacciante, e quindi è ovvio che a Cupertino tendano ad annunciare una nuova “era”, quella in cui gli equilibri di mercato sono tutti a loro vantaggio. Malgrado quello che molti pensano, la nostra visione non è di parte, e ci siamo spesso domandati se “davvero” siamo già entrati in un’era “post-PC”. Vissuto sulla nostra pelle, non possiamo certo dirlo: il computer è ancora al centro del nostro lavoro, in parte per la potenza che ci serve in certe attività, in parte per ‘impossibilità di produrre certi lavori senza computer, in parte perché la tastiera del Macbook Pro è ancora lo strumento più meravigliosamente efficace per scrivere. No, benché ormai sono due anni che usiamo un iPad quotidianamente, non possiamo dire che ha sostituito in tutto il computer.

So che questa frase può avere reso felice molti dei nostri lettori, ma con questo non sto rinnegando la rivoluzione in atto, dico solo che non è ancora completata questa trasformazione, ma di sicuro siamo molto vicini alla resa dei conti. Ma questa rivoluzione non arriverà solo dall’hardware, ma anche e soprattutto dal software: oggi parliamo di questo.

In questi giorni sono stati presentati due software per iPad molto vicini a noi che ci occupiamo di fotografia: Photoshop Touch (sdoganato per iPad 2  dopo mesi di “prigione” di sola piattaforma Android) e iPhoto. Si tratta di due approcci molto diversi, che ci permettono di valutare quello che sta succedendo in questi mesi, e specialmente quello che succederà nei prossimi due anni, e in questo si possono identificare tre categorie di utenti (e relativi prodotti, studiati per loro).

1) La categoria “tradizionalisti”

In quest’area non parliamo più di “fotografi analogici vs digitali“, come si faceva quindici anni fa (e come, purtroppo, qualcuno fa ancora oggi). Parliamo di coloro che reputano (e non vogliamo certo contraddirli: hanno ragione) che il lavoro di elaborazione delle immagini sia “una cosa seria”, che si fa con macchine appositamente studiate (anche se magari hanno dei vecchi MacPro che sono più lenti di un MacBook Pro attuale, ma reputano che sia comunque poco serio lavorare anche solo con un portatile), che usano Photoshop e Lightroom (e che sono super contenti dell’arrivo della nuova release 4.0). Sono professionisti che vedono le risposte alle esigenze del mercato puntando sull’altissima risoluzione (Nikon D800, dorsi digitali) e su processi di correzione, ottimizzazione che fondono tecniche sapienti, spesso oggetto dei nostri camp (tra parentesi, il 4 aprile c’è un corso evoluto sul LAB curato da Alessandro Bernardi, siete i benvenuti).

2) La categoria “Innoviamo”, ma non rivoluzioniamo

Sono la categoria di maggior rischio, perché spesso credono fermamente di essere rivoluzionari, ma poi cercano sempre un aggancio col passato. In ogni rivoluzione c’è chi corre, ma non troppo, perché sganciarsi dalla realtà presente può compromettere il proprio business (questo per chi propone nuove soluzioni che si possono “sostituire” ad un mercato già esistente, di cui magari è leader: un esempio del passato è Kodak, che proponeva il Photo CD per arrivare al digitale passando dalla pellicola), oppure per chi non si sente ancora pronto mentalmente e culturalmente per fare un vero passo in avanti, e quindi investe nello strumento, ma vuole ritrovarsi a casa sua, senza dover chiedere al figlio o alla segretaria come uscire da un pasticcio (questo per quello che riguarda gli utenti: un caso ben evidente sono i quotidiani su iPad: uguali a quelli cartacei, perché l’utente medio non riesce a trovarsi in una struttura grafica fatta di feed e di grafica interattiva).

3) La categoria “che guarda avanti”

In questa categoria ci sono coloro che non si sentono legati al passato, ma che guardano al futuro, e amano abbattere i muri. Non sono necessariamente degli “eroi” e a volte peccano nel credere che il buono sia solo “davanti”, rinnegando il “dietro”. Al tempo stesso, sono quelli che non si lasciano ingannare dalle false partenze, dalle innovazioni che ci lasciano comunque un piede in due scarpe. A volte confondono il futuro con il presente, soffrono di tutte le difficoltà di chi esplora una strada in anticipo, e quindi si sporca di fango, fa fatica: se attendesse che venissero asfaltate sarebbe tutto più semplice, ma non si divertirebbe. Inutile dire che – a torto o a ragione – il sottoscritto fa parte di questa terza categoria.

Torniamo ai nostri software: alla categoria 1 rimangono ancorati moltissimi professionisti, e ribadisco il fatto che non sbagliano… Oggi, per fare un lavoro di elaborazione complesso, su files ad altissima risoluzione, il computer è necessario. Non aggiungo nemmeno la parola “ancora“, anche se penso che sarebbe utile: concedo spazio a chi ancora è lontano da mettere in dubbio questa sacrosanta verità. Al tempo stesso, quello che sta nascendo è una generazione di utenti “post pc”, che reputeranno assolutamente naturale fare interventi creativi e tecnici usando un “non computer“, e questa metodologia genererà molti effetti: si lavorerà ovunque, e non in uno specifico (di conseguenza, orari, location, viaggi, traffico, costi saranno completamente differenti), si potrà sviluppare la propria creatività “pratica” (non quella che nasce guardando il soffitto o le nuvole, quella che permette di creare “facendo”, ovunque: in treno, in spiaggia, in un bosco… Grazie alla connessione mobile (sempre più veloce) ci sarà possibile condividere questo lavoro con chiunque e ovunque. Pensate ad un servizio di matrimonio, dove mentre il fotografo scatta, il vostro assistente passa da un tavolo all’altro facendo elaborazioni al momento, davanti alle persone, creando uno spettacolo nello spettacolo…

Quello che sta succedendo, però, non è solo che gli utenti (noi tutti) dobbiamo imparare ad usare questi mezzi, ma sono gli stessi mezzi che si devono adattare ad una realtà fatta – sia dal punto di vista dell’interazione che dell’interfaccia – in modo completamente diverso. In questo, il confronto tra Photoshop Touch e iPhoto è davvero incredibilmente plateale. Photoshop nasce per consentire un uso “su tablet” di alcune funzionalità del fratello maggiore nato su desktop, e addirittura per integrare un lavoro iniziato su tablet all’interno del computer per poterlo completare: una strategia ben dichiarata da parte di Adobe. Come dire: “mica che ora Photoshop per il computer non te lo compri più, vero?”. Perché qualcuno potrebbe anche pensare che un iPad configurato al top + Photoshop Touch costa meno del solo Photoshop per Mac o per Win…. Tutto questo si evince dalle funzionalità, dall’interfaccia, dalla filosofia: una soluzione veloce, comoda, non definitiva, non indipendente… Volete arrivare all’era “post-PC”? No, non potete, dovete lavorare su una doppia piattaforma. Volete correggere le vostre immagini usando la massima risoluzione? No, quello lo fate sul computer, sull’iPad Photoshop Touch lavora al massimo a 1600×1600 pixel. Torniamo al discorso di Kodak: volete avere le foto digitali? Scattate su pellicola, sviluppate e stampate le foto e poi ti facciamo le scansioni e te le mettiamo su PhotoCD.

Questa idea è stata attuale per una settimana (tempo da quando è uscita su iPad a quando è uscito iPhoto su iPad). Durante la presentazione del “nuovo” iPad, è stato lanciato iPhoto, disponibile per iPad 2 (e Nuovo) e per iPhone. Sarebbe sbagliato rimanere influenzati dall’interfaccia, che sembra troppo giocosa e forse addirittura un po’ “pacchiana”: iPhoto su iPad è per certi versi (molti) più evoluto rispetto a Photoshop Touch. O quantomeno complementare, di sicuro non “inferiore”. E costa la metà (non che questo sia un grande problema, da 3.99 a 7.99 non c’è poi da svenarsi). iPhoto è un esempio di progetto nato dallo studio completamente libero e ottimizzato sul touch. Non limita l’utente con blocchi di risoluzione, l’interfaccia non ricorda Photoshop e nemmeno iPhoto per Mac. E’ un’applicazione nuova, slegata dal passato, e assolutamente appassionante da usare. All’inizio no, per qualcuno che da sempre lavora in modo tradizionale c’è da star male, almeno per qualche minuto. Ma una volta che si accetta la sfida, diventa uno spettacolo. Non ho ancora avuto tempo e modo di lavorarci su iPhone, ma vi assicuro che su iPad è spettacolare.

Cosa vuol dire, che oggi possiamo buttare via il computer, Photoshop, e così via? No, non è ancora il momento: iPhoto, in parte Photoshop Touch e altri software per elaborare l’immagine (tra questi ci mettiamo lo spettacolare Snapseed, uscito mesi fa, ma anche Dramatic BW se amate il bianco e nero) risolvono già oggi alcune problematiche e offrono molte opportunità, ma non sono del tutto e per tutto usabili. Il problema è che bisogna imparare ad usare anche (e bene) queste nuove soluzioni, perché su questa esperienza si costruirà la professione del futuro, dove rischiamo – rimanendo tradizionalisti o usando soluzioni “tradizionali” – di rimanere indietro. Mentre di Photoshop sappiamo usare solo alcune funzioni (e le paghiamo tutte, però) le App fanno poche cose in modo eccellente, e costano poco (dobbiamo sapere quelle che dobbiamo comprare però). Non si impara in un giorno a capire queste metodologie di lavoro, e nemmeno si saprà su cosa lavorare: l’errore potrebbe essere, nel momento giusto, di puntare su scelte solo sulla base dell’esperienza della generazione precedente. E poi ci saranno giovani che sapranno scontornare con il dito, correggere con uno swipe o con un tap cose che voi sapevate forse fare col mouse… ma non sarà più lo stesso. Date un’occhiata al video che abbiamo realizzato e che pubblichiamo in questo articolo. Non si vedono “Le dita” ma si vede l’effetto e tutto è pilotato dalle dita: desaturazione, cambiamento del “blu del cielo”, il colore della vegetazione, della pelle, l’uso dei filtri per ammorbidire, schiarire, scurire (tutti effetti che possono essere cancellati, solo quando si esporta vengono effettivamente applicati, un po’ come nel RAW!).

Non sarà oggi, non sarà domani, ma oggi e domani già sta succedendo qualcosa da tenere sott’occhio. Senza considerare (e andrebbe fatto) che l’era post-pc non è fatta solo di tablet: se vi dicessi che sto comprando un computer Linux qualcuno mi crederebbe? E se vi dicessi che forse lo fareste anche voi? Mi direste che sono pazzo… ma se vi dicessi che è rosso, che permette di fare quello che può fare un computer (quasi), che sta in tasca,e che costa 25 dollari? Si chiama Raspberry PI. Cari amici, l’era del “post-PC” è tutto attorno a noi, dobbiamo capire in che era vogliamo vivere e/o sopravvivere.