Jumper

Quante fotografie si scattano nel mondo nell'era di Facebook?

Il 10% di tutto il patrimonio fotografico mondiale, partendo dal primo celebre scatto di Niepce del 1826, è stato scattato negli ultimi 12 mesi. Si stima che il 2011 si chiuderà con una produzione di oltre 375 miliardi di fotografie, che fanno impallidire i numeri che si raggiungevano con la fotografia analogica nel suo anno di massimo splendore, il 2000, quando sono stati raggiunti gli 85 miliardi di fotografie (se vi interessa fare i conti, si trattava di una cadenza di 2500 fotogrammi al secondo). Ma ci sono, forse, dati ancor più impressionanti: circa 200 milioni di fotografie al giorno (al giorno… non è un errore del vostro scrivano, anzi grazie a Justin che ci ha “illuminato”) vengono caricate su Facebook; questo significa che se ne contano 6 miliardi al mese e circa 70 miliardi all’anno, e dobbiamo aggiungere che al momento nei server della Grande F ce ne sono ospitate già 90 miliardi: possiamo dire quello che vogliamo, ma di sicuro stiamo parlando non solo della maggiore community al mondo, ma anche del sito “di fotografia” di gran lunga più grande al mondo (il secondo è Flickr, che ne conta “solo” 6 miliardi!).

In questa cavalcata fatta di numeri sempre più impressionanti, che ci dimostrano quanto l’onda della fotografia sia in piena, come non mai, ci sono alcune considerazioni da fare: prima di tutto che l’analogico rappresenta ormai poco più del 10% di questo totale (stima: 4 miliardi di foto per il 2011, il che vuol dire che – facendo dei conti molto grossolani – che in 11 anni il mercato ha perso quasi il 95% della sua produzione), e secondo che in questa grande popolarità sono – tra quelle “fotografiche” – più le aziende che sono in crisi che non quelle che approfittano di questo successo: il mercato è in mano di pochissime aziende, e non tutte (anzi… poche) sono di estrazione fotografica. Basta considerare che al primo posto tra le fotocamere usate su Flickr c’è l’iPhone4… e che una delle principali novità del prossimo modello, in arrivo in autunno, promette ulteriori meraviglie proprio in questo campo (i rumours parlano di 8 milioni di pixel, di una qualità impressionante e un sistema ottico estremamente sofisticato). Per non considerare i numeri – di cui non ci sono stime e nemmeno fonti attendibili, ma che possiamo misurare sulla nostra pelle, ogni giorno – di quale possa essere la percentuale di questi miliardi di scatti che vengono realizzati da fotografi professionisti.

Troppi errori sono stati fatti dal nostro settore, in questi dieci anni. Abbiamo perso il controllo, il dominio, il valore della fotografia. Non abbiamo creato cultura, non l’abbiamo difesa, abbiamo deposto le armi. Tutti: anche coloro che si fregiano forse di avere protetto i “valori” della fotografia, hanno solo tentato di proteggere una casta, un’esclusività, hanno cercato di chiudere le porte e non di aprirle. Le conseguenze sono evidenti, e ogni giorno sono più chiare. Il grande, grandissimo vantaggio è che in un mondo che cresce con queste percentuali, con questi numeri impressionanti, lo spazio c’è per recuperare il terreno. Ci sono fenomeni che sono da considerare interessanti da studiare come fenomeno e come potenzialità. Cerchiamo di andare con esempi pratici.

Instagram

Un gioco che ha coinvolto tutti. A giugno erano circa 5 milioni gli utenti di questa App che ha una logica di condivisione online degli scatti, opportunamente elaborati con effetti creativi molto affascinanti, e il numero di foto pubblicate erano circa 95 milioni. Si stava per festeggiare con trepidazione il numero “tondo” di 100 milioni di foto, ma ce ne siamo già dimenticati: due mesi dopo, ad agosto, il numero di utenti è diventato di 7 milioni (due milioni in due mesi…) che produce oltre 1,3 milioni di foto al giorno (15 al secondo) e alla fine il numero sta superando facilmente i 150 milioni di foto pubblicate. Forse sono numeri che potrebbero apparire meno impressionanti rispetto a quelli di Facebook e di Flickr, ma ricordate che Instagram esiste al momento solo per la piattaforma iOS (tra poco ci sarà anche la versione Android).

Instagram è uno degli elementi su cui meditare: simula – ed amplia – molte delle tecniche fotografiche (prima tra tutte le Polaroid) che i fotografi professionisti ed artisti hanno cavalcato per decenni. E tra i suoi milioni di utenti ci sono tanti personaggi (anche non necessariamente meritevoli per le loro doti artistiche, almeno in ambito fotografico, come Justin Bieber), ma pochi fotografi professionisti, o quantomeno pochi che hanno approfondito con vera coscienza il fenomeno, o che l’hanno difeso e proposto. Conosco tanti fotografi che si “vergognano” di proporre alla propria clientela di realizzare lavori con queste soluzioni, devono trovare sempre lo scudo fatto dalla “fotocamera professionale”, quella che “distingue” il professionista dal dilettante. E forse in parte, c’è la coscienza che ci sono talenti che realizzano opere “più artistiche” da dilettanti che non i “professionisti veri“, se non altro perché conoscono meglio lo strumento, hanno visto e condiviso più lavori realizzati in questo modo. Instagram, così come Hipstamatic, Lo-Mob, Plastic Bullet hanno fatto di più per creare uno stile moderno (e al tempo stesso “vintage”) in un anno rispetto a quello che non quello che è stato fatto in un ventennio dalla fotografia “colta“. Lo so, fa male, ma è così… eppure sono rare le occasioni in cui nelle sacrestie della fotografia vengono celebrate queste realtà e questo peso “culturale“. E se qualcuno dirà che non vuole andare in giro con un cellulare, dovrebbe quantomeno prendere coscienza che stanno nascendo percorsi di produzione di immagini simili anche su computer (come Flare, per esempio), ma anche su iPad e iPhone partendo da immagini scattate con altri (e più “evoluti”) mezzi: in questa estate mi sono deliziato con DramaticB&W, con Luminance, per non parlare di Snapseed, realizzato da Nik Software, che è davvero un passo evolutivo nell’elaborazione di immagine a portata di “touch screen”.

Mirrorless

Un settore nuovo di fotocamere, nate per vezzo e per trovare un’alternativa da parte delle aziende fotografiche che non riuscivano ad essere competitive sul versante delle reflex (detenuto quasi completamente da Nikon e Canon) e che non trovavano nel settore delle compatte un mercato economicamente vantaggioso (troppa concorrenza, utili ridotti al minimo, veloce tasso di obsolescenza dei prodotti). In sintesi, sistema ottico elettronico e non a “specchio”, dimensioni molto compatte, qualità elevata grazie all’uso di sensori di elevata qualità, ottiche intercambiabili. Farà inorridire, ma si tratta del concetto “Leica M” del nuovo millennio, ideale per il fotogiornalismo, ma anche per altri settori. Un articolo di Bloomberg analizza abbastanza bene il fenomeno dal punto di vista economico, e abbastanza apertamente critica la mancanza di proposta da parte dei due grandi leader di mercato per non avere “creduto” in questo settore. Nella realtà, spesso queste analisi dei giornalisti economici  vanno lette dopo qualche mese, o addirittura un paio di anni per valutarne la lungimiranza. Ricordo articoli che hanno detto che Apple era vicina al crollo per non avere capito l’importanza dei netbook (i computerini da 3-400 euro, per intenderci), e criticavano la scelta dichiarata di non considerare quel tipo di prodotto, giudicandolo inefficiente. Dopo un anno e mezzo, Apple è uscita con l’iPad spiazzando e facendo crollare quel mercato di prodotti di scarsa qualità, e ha aggiunto anche il MacBook Air riprogettato e proposto in formato baby, 11 pollici, ad alto costo, ad alte prestazioni e con uno spessore ridotto al minimo, che è diventato il computer più venduto in questo periodo.

Le voci di corridoio danno per certo che mercoledi Nikon presenterà la sua Mirrorless (per ora, l’unica cosa che sappiamo con certezza è che ci sarà una conferenza stampa, e che noi ci saremo!), dei piani di Canon non si sa nulla… ma quello che ci interessa (oltre alla curiosità di vedere l’evoluzione di questa gamma di prodotti) è capire in che modo i fotografi entreranno in questa visione, cercando nuovi (o vecchi) modi di proporre la fotografia, per tornare ad una ripresa più “da dentro” di luoghi e persone, e al tempo stesso più discreta, silenziosa, quasi “giocosa” rispetto ad un corredo super professionale e super “visibile”.


Nuovi media, nuove pubblicazioni

Un argomento che ci tocca così da vicino che è difficile da affrontare senza entrare in un’analisi fiume. Quanti sono – lo verifichiamo ogni giorno – i fotografi che non hanno ancora approfondito, analizzato, studiato e trovato soluzioni legate al mondo dei nuovi media? Beh, anche coloro che stanno dall’altra parte del muro (editori, direttori di pubblicazioni, eccetera) sono impreparati, e hanno un difetto in più: quello di leggere i numeri e i risultati con una prospettiva legata ad un trimestre, ad un semestre al massimo. Ho sentito dichiarazioni che fanno tremare sugli approcci imprenditoriali di chi oggi dovrebbe credere nel futuro non per fede, ma perché se non si prepara alla grande svolta ne rimarrà travolto in poco tempo. Un esempio può essere quello del finalmente disponibile sull’AppStore italiano (in realtà va detto più correttamente: sugli AppStore di tutto il mondo, visto che finora era solo disponibile negli USA) TheDaily, il quotidiano di Ruperth Murdoch, nato realmente per iPad (e non semplicemente convertito): interessante per due motivi su cui meditare, ovvero l’uso di tantissima immagine di qualità (fotografi… hey… ci siete?) e perché il prezzo per il lettore digitale ha un senso finalmente: 79 centesimi alla settimana. Per darvi un confronto, una settimana del Corriere della Sera o di Repubblica costa 4,99 euro, solo un piccolo sconto sulla versione cartacea che si compra in edicola (ma per arrivarci, bisogna stampare, spedire, consegnare…).

Troppi sono i professionisti della fotografia che non hanno ancora capito che questo mercato di nuovi media richiede delle competenze e una cultura (e della tecnica) ben diversa rispetto alle immagini destinate alla stampa. Pensate che gli editori non hanno ancora capito come evitare le “righe” che si creano quando si visualizza a monitor un PDF, figurarsi se hanno capito come usare l’immagine, e questo anche per colpa di una pigrizia mentale di una categoria che non guarda avanti, ma cerca dietro alle spalle i motivi per non investire, per non tornare sui banchi di scuola, mettersi a confronto con giovani che forse hanno anche 20 anni meno di loro, e che sono 5 anni avanti come testa.

Promozione

Ho fatto una discussione, qualche giorno fa, perché mi hanno chiesto un intervento e ho detto che volevo parlare ai fotografi di come fare i loro siti internet e come promuoversi sui social network. Mi è stato detto che questo non interessa, che non è strategico. Mi sono rifiutato di partecipare ad un evento per parlare di aria fritta e mi sono domandato: ma possibile che non si capisce quanto questi argomenti sono importanti? Vi faccio una domanda: quanti di voi hanno un sito davvero compatibile con un device piccolo come un cellulare? Non parlo dell’ovvio, tipo: “sull’iPhone non si vede Flash“, perché posso sperare che questo sia già stato superato (so di mentire: la maggior parte dei siti dei fotografi sono in Flash e quindi sono invisibili su questi device, e non è un problema dell’iPhone, è un problema di chi non ha affrontato e superato il problema). Dico: quanti di voi hanno considerato la navigazione per poter essere navigabili su un monitor piccolo? Quanti sono quelli che hanno un’interfaccia fatta di righe che diventano più piccole della zampa di una formica e che dovremmo cliccare con i nostri ditoni?

Quanti usano Facebook invece che essere usati da Facebook? Quanti sanno come usare e sfruttare Twitter? Quanti hanno capito che in questo momento Google+ può essere la migliore piattaforma per mostrare le proprie immagini? Pochi, davvero pochi, anche se in realtà tra i nostri lettori la percentuale è più elevata. Tornando ai numeri , a cui questo post è legato, questa è una comunità di elite, che viene sollecitata ogni settimana da stimoli, e anche da urla, da bastonate, tutte finalizzate a non nascondere i problemi e a non dare un effetto culla per crogiolarsi in false sicurezze. Non abbiamo – nessuno – il posto garantito nel lavoro del futuro: non ce l’ha colui che ha decine di anni di esperienza, non ce l’hanno i giovani. L’unica garanzia è quella di sapere chi siamo, chi vogliamo essere, come essere preparati e avere la coscienza di quello che è il mercato. Quel mercato da 375 miliardi di foto che quest’anno verranno prodotte. Un mercato che non ha bisogno di “più foto”, ma di foto che hanno senso di essere pensate, progettate, inventate e scattate.