Il 10% di tutto il patrimonio fotografico mondiale, partendo dal primo celebre scatto di Niepce del 1826, è stato scattato negli ultimi 12 mesi. Si stima che il 2011 si chiuderà con una produzione di oltre 375 miliardi di fotografie, che fanno impallidire i numeri che si raggiungevano con la fotografia analogica nel suo anno di massimo splendore, il 2000, quando sono stati raggiunti gli 85 miliardi di fotografie (se vi interessa fare i conti, si trattava di una cadenza di 2500 fotogrammi al secondo). Ma ci sono, forse, dati ancor più impressionanti: circa 200 milioni di fotografie al giorno (al giorno… non è un errore del vostro scrivano, anzi grazie a Justin che ci ha “illuminato”) vengono caricate su Facebook; questo significa che se ne contano 6 miliardi al mese e circa 70 miliardi all’anno, e dobbiamo aggiungere che al momento nei server della Grande F ce ne sono ospitate già 90 miliardi: possiamo dire quello che vogliamo, ma di sicuro stiamo parlando non solo della maggiore community al mondo, ma anche del sito “di fotografia” di gran lunga più grande al mondo (il secondo è Flickr, che ne conta “solo” 6 miliardi!).
In questa cavalcata fatta di numeri sempre più impressionanti, che ci dimostrano quanto l’onda della fotografia sia in piena, come non mai, ci sono alcune considerazioni da fare: prima di tutto che l’analogico rappresenta ormai poco più del 10% di questo totale (stima: 4 miliardi di foto per il 2011, il che vuol dire che – facendo dei conti molto grossolani – che in 11 anni il mercato ha perso quasi il 95% della sua produzione), e secondo che in questa grande popolarità sono – tra quelle “fotografiche” – più le aziende che sono in crisi che non quelle che approfittano di questo successo: il mercato è in mano di pochissime aziende, e non tutte (anzi… poche) sono di estrazione fotografica. Basta considerare che al primo posto tra le fotocamere usate su Flickr c’è l’iPhone4… e che una delle principali novità del prossimo modello, in arrivo in autunno, promette ulteriori meraviglie proprio in questo campo (i rumours parlano di 8 milioni di pixel, di una qualità impressionante e un sistema ottico estremamente sofisticato). Per non considerare i numeri – di cui non ci sono stime e nemmeno fonti attendibili, ma che possiamo misurare sulla nostra pelle, ogni giorno – di quale possa essere la percentuale di questi miliardi di scatti che vengono realizzati da fotografi professionisti.
Troppi errori sono stati fatti dal nostro settore, in questi dieci anni. Abbiamo perso il controllo, il dominio, il valore della fotografia. Non abbiamo creato cultura, non l’abbiamo difesa, abbiamo deposto le armi. Tutti: anche coloro che si fregiano forse di avere protetto i “valori” della fotografia, hanno solo tentato di proteggere una casta, un’esclusività, hanno cercato di chiudere le porte e non di aprirle. Le conseguenze sono evidenti, e ogni giorno sono più chiare. Il grande, grandissimo vantaggio è che in un mondo che cresce con queste percentuali, con questi numeri impressionanti, lo spazio c’è per recuperare il terreno. Ci sono fenomeni che sono da considerare interessanti da studiare come fenomeno e come potenzialità. Cerchiamo di andare con esempi pratici.
Un gioco che ha coinvolto tutti. A giugno erano circa 5 milioni gli utenti di questa App che ha una logica di condivisione online degli scatti, opportunamente elaborati con effetti creativi molto affascinanti, e il numero di foto pubblicate erano circa 95 milioni. Si stava per festeggiare con trepidazione il numero “tondo” di 100 milioni di foto, ma ce ne siamo già dimenticati: due mesi dopo, ad agosto, il numero di utenti è diventato di 7 milioni (due milioni in due mesi…) che produce oltre 1,3 milioni di foto al giorno (15 al secondo) e alla fine il numero sta superando facilmente i 150 milioni di foto pubblicate. Forse sono numeri che potrebbero apparire meno impressionanti rispetto a quelli di Facebook e di Flickr, ma ricordate che Instagram esiste al momento solo per la piattaforma iOS (tra poco ci sarà anche la versione Android).
Instagram è uno degli elementi su cui meditare: simula – ed amplia – molte delle tecniche fotografiche (prima tra tutte le Polaroid) che i fotografi professionisti ed artisti hanno cavalcato per decenni. E tra i suoi milioni di utenti ci sono tanti personaggi (anche non necessariamente meritevoli per le loro doti artistiche, almeno in ambito fotografico, come Justin Bieber), ma pochi fotografi professionisti, o quantomeno pochi che hanno approfondito con vera coscienza il fenomeno, o che l’hanno difeso e proposto. Conosco tanti fotografi che si “vergognano” di proporre alla propria clientela di realizzare lavori con queste soluzioni, devono trovare sempre lo scudo fatto dalla “fotocamera professionale”, quella che “distingue” il professionista dal dilettante. E forse in parte, c’è la coscienza che ci sono talenti che realizzano opere “più artistiche” da dilettanti che non i “professionisti veri“, se non altro perché conoscono meglio lo strumento, hanno visto e condiviso più lavori realizzati in questo modo. Instagram, così come Hipstamatic, Lo-Mob, Plastic Bullet hanno fatto di più per creare uno stile moderno (e al tempo stesso “vintage”) in un anno rispetto a quello che non quello che è stato fatto in un ventennio dalla fotografia “colta“. Lo so, fa male, ma è così… eppure sono rare le occasioni in cui nelle sacrestie della fotografia vengono celebrate queste realtà e questo peso “culturale“. E se qualcuno dirà che non vuole andare in giro con un cellulare, dovrebbe quantomeno prendere coscienza che stanno nascendo percorsi di produzione di immagini simili anche su computer (come Flare, per esempio), ma anche su iPad e iPhone partendo da immagini scattate con altri (e più “evoluti”) mezzi: in questa estate mi sono deliziato con DramaticB&W, con Luminance, per non parlare di Snapseed, realizzato da Nik Software, che è davvero un passo evolutivo nell’elaborazione di immagine a portata di “touch screen”.
Mirrorless
Un settore nuovo di fotocamere, nate per vezzo e per trovare un’alternativa da parte delle aziende fotografiche che non riuscivano ad essere competitive sul versante delle reflex (detenuto quasi completamente da Nikon e Canon) e che non trovavano nel settore delle compatte un mercato economicamente vantaggioso (troppa concorrenza, utili ridotti al minimo, veloce tasso di obsolescenza dei prodotti). In sintesi, sistema ottico elettronico e non a “specchio”, dimensioni molto compatte, qualità elevata grazie all’uso di sensori di elevata qualità, ottiche intercambiabili. Farà inorridire, ma si tratta del concetto “Leica M” del nuovo millennio, ideale per il fotogiornalismo, ma anche per altri settori. Un articolo di Bloomberg analizza abbastanza bene il fenomeno dal punto di vista economico, e abbastanza apertamente critica la mancanza di proposta da parte dei due grandi leader di mercato per non avere “creduto” in questo settore. Nella realtà, spesso queste analisi dei giornalisti economici vanno lette dopo qualche mese, o addirittura un paio di anni per valutarne la lungimiranza. Ricordo articoli che hanno detto che Apple era vicina al crollo per non avere capito l’importanza dei netbook (i computerini da 3-400 euro, per intenderci), e criticavano la scelta dichiarata di non considerare quel tipo di prodotto, giudicandolo inefficiente. Dopo un anno e mezzo, Apple è uscita con l’iPad spiazzando e facendo crollare quel mercato di prodotti di scarsa qualità, e ha aggiunto anche il MacBook Air riprogettato e proposto in formato baby, 11 pollici, ad alto costo, ad alte prestazioni e con uno spessore ridotto al minimo, che è diventato il computer più venduto in questo periodo.
Le voci di corridoio danno per certo che mercoledi Nikon presenterà la sua Mirrorless (per ora, l’unica cosa che sappiamo con certezza è che ci sarà una conferenza stampa, e che noi ci saremo!), dei piani di Canon non si sa nulla… ma quello che ci interessa (oltre alla curiosità di vedere l’evoluzione di questa gamma di prodotti) è capire in che modo i fotografi entreranno in questa visione, cercando nuovi (o vecchi) modi di proporre la fotografia, per tornare ad una ripresa più “da dentro” di luoghi e persone, e al tempo stesso più discreta, silenziosa, quasi “giocosa” rispetto ad un corredo super professionale e super “visibile”.
Nuovi media, nuove pubblicazioni
Un argomento che ci tocca così da vicino che è difficile da affrontare senza entrare in un’analisi fiume. Quanti sono – lo verifichiamo ogni giorno – i fotografi che non hanno ancora approfondito, analizzato, studiato e trovato soluzioni legate al mondo dei nuovi media? Beh, anche coloro che stanno dall’altra parte del muro (editori, direttori di pubblicazioni, eccetera) sono impreparati, e hanno un difetto in più: quello di leggere i numeri e i risultati con una prospettiva legata ad un trimestre, ad un semestre al massimo. Ho sentito dichiarazioni che fanno tremare sugli approcci imprenditoriali di chi oggi dovrebbe credere nel futuro non per fede, ma perché se non si prepara alla grande svolta ne rimarrà travolto in poco tempo. Un esempio può essere quello del finalmente disponibile sull’AppStore italiano (in realtà va detto più correttamente: sugli AppStore di tutto il mondo, visto che finora era solo disponibile negli USA) TheDaily, il quotidiano di Ruperth Murdoch, nato realmente per iPad (e non semplicemente convertito): interessante per due motivi su cui meditare, ovvero l’uso di tantissima immagine di qualità (fotografi… hey… ci siete?) e perché il prezzo per il lettore digitale ha un senso finalmente: 79 centesimi alla settimana. Per darvi un confronto, una settimana del Corriere della Sera o di Repubblica costa 4,99 euro, solo un piccolo sconto sulla versione cartacea che si compra in edicola (ma per arrivarci, bisogna stampare, spedire, consegnare…).
Troppi sono i professionisti della fotografia che non hanno ancora capito che questo mercato di nuovi media richiede delle competenze e una cultura (e della tecnica) ben diversa rispetto alle immagini destinate alla stampa. Pensate che gli editori non hanno ancora capito come evitare le “righe” che si creano quando si visualizza a monitor un PDF, figurarsi se hanno capito come usare l’immagine, e questo anche per colpa di una pigrizia mentale di una categoria che non guarda avanti, ma cerca dietro alle spalle i motivi per non investire, per non tornare sui banchi di scuola, mettersi a confronto con giovani che forse hanno anche 20 anni meno di loro, e che sono 5 anni avanti come testa.
Promozione
Ho fatto una discussione, qualche giorno fa, perché mi hanno chiesto un intervento e ho detto che volevo parlare ai fotografi di come fare i loro siti internet e come promuoversi sui social network. Mi è stato detto che questo non interessa, che non è strategico. Mi sono rifiutato di partecipare ad un evento per parlare di aria fritta e mi sono domandato: ma possibile che non si capisce quanto questi argomenti sono importanti? Vi faccio una domanda: quanti di voi hanno un sito davvero compatibile con un device piccolo come un cellulare? Non parlo dell’ovvio, tipo: “sull’iPhone non si vede Flash“, perché posso sperare che questo sia già stato superato (so di mentire: la maggior parte dei siti dei fotografi sono in Flash e quindi sono invisibili su questi device, e non è un problema dell’iPhone, è un problema di chi non ha affrontato e superato il problema). Dico: quanti di voi hanno considerato la navigazione per poter essere navigabili su un monitor piccolo? Quanti sono quelli che hanno un’interfaccia fatta di righe che diventano più piccole della zampa di una formica e che dovremmo cliccare con i nostri ditoni?
Quanti usano Facebook invece che essere usati da Facebook? Quanti sanno come usare e sfruttare Twitter? Quanti hanno capito che in questo momento Google+ può essere la migliore piattaforma per mostrare le proprie immagini? Pochi, davvero pochi, anche se in realtà tra i nostri lettori la percentuale è più elevata. Tornando ai numeri , a cui questo post è legato, questa è una comunità di elite, che viene sollecitata ogni settimana da stimoli, e anche da urla, da bastonate, tutte finalizzate a non nascondere i problemi e a non dare un effetto culla per crogiolarsi in false sicurezze. Non abbiamo – nessuno – il posto garantito nel lavoro del futuro: non ce l’ha colui che ha decine di anni di esperienza, non ce l’hanno i giovani. L’unica garanzia è quella di sapere chi siamo, chi vogliamo essere, come essere preparati e avere la coscienza di quello che è il mercato. Quel mercato da 375 miliardi di foto che quest’anno verranno prodotte. Un mercato che non ha bisogno di “più foto”, ma di foto che hanno senso di essere pensate, progettate, inventate e scattate.
Marco says:
A quando un articolo sul rapporto tra google+ e fotografia? O me lo sono perso?
Grazie,
Marco
Luca Pianigiani says:
Abbiamo fatto accenni, ma possiamo metterlo in “pista” ;-) Grazie per la segnalazione di interesse!
Arcangelo Piai says:
Tante, tantissime foto ma quante tecnicamente ineccepibili o con alta e originale qualità creativa? Sono sempre più convinto che l’unica maniera per sopravvivere e’ dare sempre il massimo (qualitativamente e stilisticamente parlando) cercando sempre nuove idee e nuovi modi di raccontare, a nostro vantaggio ci sono quasi trent’anni di attività, non facciamoci prendere dal panico ma cerchiamo di sfruttare la nostra esperienza lavorativa e adattiamola ai nuovi mezzi. E’ vero che ora i nuovi mezzi permettono di produrre facilmente foto interessanti e carine ma senza cognizione di causa semplicemente perché non sa cos’e una camera oscura o perché le foto hanno ” l’effetto grana” o la differenza tra i colori delle dia e dei negativi ! E’ dura, bisogna lavorare sodo ma c’e ancora spazio e cose da fare!
Federico Ciamei says:
caro Luca,
non sono d’accordo con quello che dici su Hipstamatic (e simili), non credo che il punto sia se sono strumenti “professionali” o meno, ma se permettono di sviluppare un linguaggio. Io li trovo molto monotoni, danno a tutte le foto lo stesso aspetto, sempre giovane, malinconico e originale (hipster?), ma ovviamente è un inganno.
L’unica cosa nuova è la possibilità di condividere istantaneamente le foto, per il resto boh… sono filtri che fanno sembrare tutte le foto uguali. Poi l’aggiunta di polvere e riflessi di luce falsi… è come quando andavano di moda i cieli “drammatici” e allora tutti a contrastare al massimo, e ogni foto sembrava fatta dopo un’esplosione nucleare o, almeno, in zona di guerra.
ciao :)
Luca Pianigiani says:
Federico: certo che creano un “linguaggio”, proprio per questo lo si identifica, lo si riconosce, lo si apprezza o lo si critica. In ogni caso, la strada della persona capace, sensibile e professionale è quella di andare oltre all’applicazione di un “filtro” e lavorare unendo consapevolezza, capacità di miscelare e di creare uno stile e linguaggio unico, o quanto meno che possa interpretare la propria visione. Non a caso, citi Hipstamatic, che è uno dei programmi più famosi, ma non gli altri che ho segnalato, che sono meno conosciuti, ma che offrono mille e mille altre interpretazioni.
Conoscere vuol dire crescere, per poi scegiiere la strada. Senza avere paura di fare scelte che sembrano minare la professionalità. Qualsiasi forma artistica si muove con un percorso che alterna sensazioni diverse. Nella pittura, dopo periodi di forte influenza realistica hanno creato l’esigenza di espressioni più “fantasiose”; credo che dopo una ricerca di qualità “assoluta” durata decine di anni, ora possa esserci una forte esigenza di interpretazioni meno precise, e in questo l’uso di applicazioni o soluzioni che tendono a “distruggere” la fredda realtà possa essere più “contemporanea”. Stiamo cercando di “fuggire” dalla realtà, e non di viverla per quello che è. Per questo, soluzioni come quelle presentate, secondo me, trovano più spazio, in tutti i campi fotografici: dalla foto di matrimonio (dove è più bello pensare che la sala del ristorante fredda e dozzinale possa diventare un luogo di magia e che la sposa bruttina possa sembrare una pricipessa), nella moda (dove quello che conta non è il dettaglio del vestito, ma la sua atmosfera), nella foto industriale (dove è meglio non far vedere situazioni che creano disagio e collegamenti diretti all’inquinamento, alle diversità sociali, eccetera).
Il tutto va fatto con professionalità e con competenza, e quello che conta è usare gli strumenti nel modo giusto, e non “a caso”. Personalmente sto progettando una rivista per un cliente che usa *solo* foto realizzate con queste tecniche, e sarà credo una rivista di alta qualità fotografica… Mi piacerebbe vedere altri progetti che possano spogliare la fotografia di una freddezza che non risulta affascinante, almeno per molte persone.
Roberta Garofalo says:
Luca, come al solito il tuo Jumper domenicale è puntualizzante, illuminante e positivamente inquietante. Tocchi note dolenti della nostra professione: non sai quanto cerco di documentarmi su forum, siti, programmi in streaming (da te al tempo suggeriti a noi tutti) che spiegano tutto quello che in Italia viene detto poco e male e che potrebbe farci fare quel salto di qualità che ci meritiamo. Li seguo capendo il 50% di quello che afferrerei se fossero fatti nella mia lingua! Però li seguo, perchè è l’unica formazione “vera” ed “innovativa” che passa il convento. Hai fatto benissimo a non tenere nessuna lezione durante un evento fotografico che di fotografico “contemporaneo” aveva ben poco! Non smettere mai di scrivere ed approfondire così tanto, sempre e bene e a 360° come solo tu fai in Italia. La mia ammirazione te l’ho dichiarata più volte, di spunti e suggerimenti e bisogni ti inondo appena posso. Ti seguirei ovunque, lo sai, e se TU, soltanto TU parlassi di facebook e web e promozione efficace sui social network, arriverei fino sulla luna per sentirti. E grazie, come sempre!
Beppe Raso says:
Ciao Luca, bentornato dalle vacanze, beh si ci sei mancato. Interessante anche oggi la provocazione e la “sveglia” che cerchi di suonarci. A volte ho l’impressione che il mondo vada più veloce della mia capacità di apprendimento, anzi ne sono sicuro e così ho cominciato a pensare di fare squadra, almeno per le cose che non so fare direttamente e oggi volevo cogliere l’occasione di ringraziare pubblicamente gli amici che durante questo mese di agosto mi hanno preparato la mia APP per ipad. Niente di che, è solo una replica del sito, ma è anche un modo per cercare nuove opportunità per me e per loro, insomma è un modo semplice per dire che “ci siamo” che parlare di multimedia o di nuovi media non ci spaventa e soprattutto ci abitua a condividere, a smussare il nostro saper fare per elevare il saper fare di altri. Insomma, il mondo sta cambiando.Dobbiamo capirlo. Per chi avesse la voglia di vedere il lavoro degli amici Alex Berlato e Fabio Zoratti:
http://itunes.apple.com/en/app/beppe-raso/id464242771?mt=8
Grazie
Luca Pianigiani says:
@Beppe: sto scaricando l’app, così la vedo ;-)
@ Roberta: Grazie, diciamo che la volontà è quella di portare in Italia quella qualità che anche noi apprezziamo fatta all’estero, con una modalità che lo renda fruibile e integrabile alla nostra realtà. Abbiamo bisogno l’aiuto di persone come te, che credono in noi e che ci supportano. Ce la faremo, proprio grazie a persone come te ;-)
giacomo ferrari says:
Argomento interessante, riflettevo proprio in questi giorni….. pensiero comune.
Quanto si delinea è : accessibilità estrema al mezzo, aumento esponenziale
della possibilità di creare valore aggiunto in temini di creatività.
Minaccia: involuzione stilistica ed estetica derivante dalla canonizzazione
e vagues create da algoritmi matematici e basta…. senza cervello, nè cultura.
Il risultato è evidente.
L’ ecursus del professionista sino a dieci anni fà partiva dalla pura passione per il mezzo, e il fotoamatore (come si chiamavano gli appassionati) studiava, investiva e si perfezionava per potersi poi posizionare come professionista e vendere la propria competenza, ma già allora le case fotografiche impostavano il loro Core business proprio sull’ amatore ,che consumava moltitudini di materiali piuttosto che sul professionista che al massimo consumava, nella media dei casi due scatole di piana al mese… oggi molto spesso il fotografo proviene da altre esperienze… scopre la fotografia come mezzo , proprio per la sua semplicità tecnica e immediatezza, e proprio per la semplicità tecnica si creano le vagues tipo: desaturazione, cieli drammatici che purtroppo inevitabilmente creano “immagini di gomma” come amo definirle…,. che mi ricordano anche molto le immagini di stock
Postproduzioni aberranti che non considerano neppure semplicemente riflessi o prospettive (basta guardarsi intorno).
Ma quanto diventa difficile parlare di cultura visiva in questi frangenti?
E che fine ha dovuto fare l’ alchimia di un viraggio preso da Ghedina?(ricettario fotografico ndr)
O la ricerca dell’ acutanza massima entusiasmati dopo una lezione di Guido Bartoli….
Forse il vero pericolo è che si arrivi ad un “calo di passione”
Si potrebbe pensare che l’unico vantaggio sia dei grandi gruppi industriali-internet ?
Grazie per la riflessione ;-)
Luca di Toscana says:
ERA ORAAAAAA!!!!!!
Se SJ non fosse comparso tra le mail di oggi sarei venuto personalmente a Milano a cercarti !
Bentornato, alla grande come sempre, e come sempre “controcorrente”; proprio in questi giorni in cui impera il pessimismo, postumo di scelte politco-economiche che avviliscono imprese e consumatori, ci voleva una voce autorevole che con lucida concretezza attestasse che esistono ancora strade per fare e fare bene, faticose, alle volte difficili, ma ci sono! Grazie di ricordarcelo, e si lo ammettiamo…
ci sei mancato parecchio!
Luca Pianigiani says:
Giacomo, io arrivo da “quel mondo”… dal mondo della camera oscura, del banco ottico, della chimica per ottenere un negativo migliore o peggiore, dalla carta baritata. E trovo che tutta la tecnica, che pur con passione ho studiato e con un po’ di orgoglio reputo di conoscere bene, non è stato che il lessico per diventare più o meno bravo fotografo. Se avessi avuto la tecnologia di oggi, forse oggi sarei un fotografo migliore, perché mi sarei dedicato di più alla composizione, al gusto, alla sensibilità, alla cultura artistica. Purtroppo la fotografia – intesa come si intendeva una volta – era più tecnica: se eri “capace” facevi foto giuste, perfette. Oggi ci pensano le macchine, e il differenziale deve arrivare dalla creatività e da quello che vogliamo mostrare.
Anche le immagini stock sono un valore che il mercato ha acquisito: immagini di alta qualità che hanno migliorato la comunicazione, consentendo di realizzare buoni prodotti con bassi costi (specialmente il microstock). In tutto questo c’è poi un mercato di nicchia, fatto di prodotti e di estetiche più raffinate, che si possono raggiungere con tecniche raffinate, o con molta sensibilità. Nel primo caso, spesso, servono competenze e attrezzature evolute (che amiamo e che apprezziamo, non siamo dei beoti che nulla sanno di fotografia, sappiamo riconoscere la qualità assoluta), nel secondo si possono usare mezzi poveri o ricchi, fare foto prodotte in un’intera giornata o in un secondo, con una medio formato o con un cellulare. Il risultato sta nella cultura, non nella tecnica… spero che sia chiaro per tutti, perché se no siamo davvero rimasti al periodo del’artigianato, che ormai è finito da tempo…
Luca Pianigiani says:
Luca: bentornato anche a te ;-))
marco barsotti says:
Interessantissimo articolo, che condivido appieno ed in particolare la parte relativa agli “Instagram”.
Si puo’ dire quel che si vuole (filtri, tutte uguali ecc) ma se si fa un po’ di browsing a caso (ad es con Inkstagram funzione “popular”) ci si accorge che ci sono tantissime immagini splendide e interessanti.
Avvocato Massimo Stefanutti says:
Un contributo giuridico:
•Fotografia e web: il diritto che c’è, quello che non c’è e quello che si vorrebbe. Prima parte: Il diritto che c’è: l’art. 70 comma 1 bis L. 633/1941
Buona lettura a tutti!!
Avv. Massimo Stefanutti
.
Avvocato Massimo Stefanutti says:
Sorry:
http://www.massimostefanutti.it/Diritto-Fotografia/index-2.html
Fabio Giovanetti says:
Un rientro alla grande direi, bravi! E aggiungerei anche da parte mia un bel ci siete mancati! :-)
Le mie impressioni per ogni punto: Facebook (foto), Instagram & Co e i milliardi di fotografie in giro per il mondo: al di là dell’utilizzo di questi strumenti come promozione indiretta, ma è argomento più dell’ultimo punto, per il resto faccio fatica a capire l’utilità di milioni di fotografie, almeno per il mercato della fotografia, che ritraggono sostanzialmente il panino che sto mangiando piuttosto che mio figlio che si arrampica sul campanile della chiesa beccati entrambi con l’onnipresente cellulare e mandati online premendo un tasto. Filtrando questo tipo di fotografie e lasciando solamente quelle che potrebbero essere interessanti, sempre sorvolando sulla qualità, non credo che resti granchè…e in ogni caso può servire forse per individuare qualcuno dalle buone potenzialità, ma restando sulla fotografia in sè e sul lato commerciale della faccenda non riesco a vederci questa grande utilità
Mirrorless: forse può interessare a chi si occupa di reportage o fotografia di viaggio, allargando un pò il raggio forse ad un fotografo di matrimonio magari come secondo punto di vista, sfruttando il fatto che passerebbe inosservato (ma per la mia esperienza nel cliente c’è ancora l’idea che il fotografo debba avere una bella attrezzatura, che già lo pago un sacco per “divertirsi”, se poi ha la stessa macchinetta di mio cognato che lo pago a fare??) ma per chi lavora prevalentemente in studio di nuovo non vedo molta utilità
Nuovi media + iPad: collaboro con una rivista online per bimbi, quindi dedicata principalmente alle mamme, a diffusione gratuita, e la lamentela più frequente è “ma non si può acquistare in edicola?” Quindi siamo ancora a preferire di pagare una rivista cartacea piuttosto che sfogliarla gratuitamente online: la strada per arrivare addirittura ad una rivista studiata appositamente per iPad la vedo ancora lunga e tortuosa, almeno per certi settori. Probabilmente mi sbaglio e non vedo l’ora di convincermi del contrario (leggi: acquistarne uno), ma per il momento dall’esterno l’iPad lo vedo ancora come un “grande” iphone
Promozione: nulla da dire e d’accordo su tutta la linea, aggiungo che tanti professionisti dovrebbero davvero approfondire il “come” essere su questi nuovi ed indispensabili canali, perchè a volte esserci semplicemente per pubblicizzare ciclicamente ogni tot ore il prossimo workshop o le foto fatte a quello precedente ti fa solo venire voglia di farli scomparire al più presto dalla tua timeline.
Luca Pianigiani says:
Il concetto delle “tante foto” porta a dire che se vogliamo emergere dobbiamo confrontarci con questa quantità di immagini prodotte, ma anche con la cultura visiva che questa massa di totografie, più o meno curate o elaborate, influenzano il mondo. Per la mirrorless, capisco il problema, ancor peggio pensare di usare un cellulare (orrore… vero?), ma è sbagliato l’approccio non solo di chi è il cliente che non capisce che la qualità non è data dalla macchina ma dalla mente e dall’occhio del fotografo, ma anche del fotografo che ha cercato proprio di trasmettere questo valore (sono un professionista perché uso macchine e prodotti professionali).
Per quello che riguarda i nuovi media, non confonderti con la confusione di chi fa prodotti insulsi per iPad. E, te lo assicuro (fidati), iPad NON è un grande iPhone, e non ha nessun confronto – dal punto di vista della fruizione di immagini e contenuti – con nessun altro media. Non averlo, e guardando da fuori, è il maggiore limite che impedisce di capirlo. Giusto l’argomento sulla promozione: i social network NON servono per fare pubblicità becera e gratuita, ma nemmeno le grandi aziende sembrano averlo capito, a parte quelle più illuminate. Buona giornata!
marco barsotti says:
Ho riletto con calma calma l’articolo, e devo veramente farti i complimenti per tutto quanto dici, su cui concordo al 100%.
Vien da pensare che anche in fotografia l’italia si dimostra per quel che e’: vecchia anagraficamente e di testa, chiusa in corporazioni, poco propensa al nuovo e al mettersi in gioco.
L’altro giorno ho usato un attimo una reflex (praticamente abbandonata dopo la scoperta di Insagram) e sono rimasto frustrato dalla sua incapacita’ di fare l’upload immediato dell’immagine su Flickr.
Riguardandola bene, ho in effetti visto che altro non era che un prodotto concepito nel 1959 a cui era stato aggiunto un sensore digitale.
No, non credo che le nuove generazioni (anagrafiche o di testa) vorranno mai compare una cosa cosi’ meccanica e ingombrante, cosi’ non connessa.
E infondo, a ben guardare, la reflex digitale mi ricorda i PC BM con dentro la scheda IRMA (non so se mi spiego).
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alessandra tinozzi says:
Sì che mi siete mancati!
Nancy says:
Molto interessante come sempre! grazie!!
” Un mercato che non ha bisogno di “più foto”, ma di foto che hanno senso di essere pensate, progettate, inventate e scattate.” : I am trying!
Luca says:
Come diceva il mio prof. di storia della fotografia, adesso tutti sono in grado di fare una foto, basta spingere un tasto o toccare un display, e purtroppo è vero, prima l’analogico portava il fotografo, inteso come soggetto che schiaccia il tasto a una dimensione conoscitiva necessaria, nel senso che se non si avevano proprie le leggi della tripletta, tempo, diaframma e ISO, la foto non veniva, non c’era nulla da fare, quindi la possibile soluzione era studiare, leggere, capire, sperimentare, adesso la tecnologia ci ha messo in mano strumenti molto automatizzati e automatizzanti, scattiamo al volo, camminando, non pensiamo più…
Secondo me influisce negativamente anche la possibilità di questa facile condivisione, tutti adesso fanno arte pur non essendo artisti, la fotografia ha avuto momenti bui,ad esempio quando veniva paragonata al quadro, agi albori, si diceva della fotografia che chi non riusciva a dipingere un quadro scattava, perché sicuramente non si ha bisogno di quella dote innata che è il saper disegnare, mi sembra che stiamo tornando indietro anziché andare avanti, questo perché a prescindere dal risultato finale, manca quella passione che ti portava a leggere, a chiedere, avere l’umiltà di ammettere di non sapere, di poter migliorare, oggi l’ego la fa da padrona, bastano 20 “mi piace” per sentirsi Berengo Gardin e questo è triste e demotivante.
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