La fotografia fa perdere la memoria? No, ma è “cool” dirlo

La fotografia fa perdere la memoria? No, ma è “cool” dirlo

Se fotografi, ti dimentichi, quindi la fotografia fa perdere la memoria. Questo, in sintesi, è il frutto di uno studio di Linda A. Henkel, del Dipartimento di Psicologia della Fairfield University (per chi fosse interessato, può scaricarlo, integralmente e a pagamento, a questo link.

In sintesi, stando a quello che si può leggere dall’abstract disponibile gratuitamente nello stesso sito, la ricercatrice ha esaminato la reazione e la memorizzazione da parte di persone che hanno visitato un museo: le opere che hanno visto e non fotografato, sono rimaste più impresse nella memoria, rispetto a quelle che sono state invece fotografate.

Inutile dire quante reazioni e quanta speculazione si è letta sulla base di queste dichiarazioni: fa infatti scena scrivere “La fotografia fa perdere la memoria”, o simili stupidaggini, e ancor di più legare questa scoperta al mondo dei social networks e quindi, la sommatoria viene fuori così:

Fotografia + smartphone + Instagram + Facebook = la perdita della memoria, la fine del mondo.

E va bene, da sempre è di moda quello che è alternativo; una categoria di persone pensa che quello che fa la massa deve essere sempre stupido e incoerente, deve fare sempre male e avvicinare alla fine del mondo. Sta di fatto che ogni cosa – specialmente e soprattutto le ricerche – sono interpretabili e devono essere interpretate in tanti modi, e sta all’etica e alla trasparenza del ricercatore mettere in luce tutte le possibili interpretazioni di ogni dato. Non ho motivo per non credere che Linda Henkel lo abbia fatto nel suo studio, che è certamente più approfondito di quanto non si veda nelle poche righe che sono disponibili a tutti; quello che è sicuro è che gli articoli scritti successivamente sulla materia non sono il frutto di un serio approfondimento e i giornalisti che li hanno scritti non si sono interrogati sul vero valore di queste dichiarazioni (ma perché farlo? basta riempire di parole uno schermo o un foglio di carta, giusto?). Per esempio:

1) Non è che, in certi casi, alcune opere viste con gli occhi possano avere colpito di più i partecipanti all’esperimento, rispetto a quelle che essi hanno fotografato? E’ lecito pensare che – essendo opere diverse – la percezione visiva, l’interesse specifico, i colori, le forme possano avere influenzato il processo di memorizzazione quanto se non di più della semplice abbinata: “Non fotografo=ricordo” e “Fotografo=non ricordo”?

2) Non è che il tempo totale di permanenza davanti ad un’opera fotografata possa essere stata diversa rispetto al tempo di permanenza di fronte ad un’altra non fotografata?

3) Non è che il tempo di memorizzazione disponibile per qualcosa che solo vediamo possa essere in totale inferiore (e quindi, alla lunga, essere più facilmente dimenticato) rispetto a qualcosa che fotografiamo e che possiamo avere l’occasione di rivedere tante volte?

Potremmo andare avanti ancora, ma il vero problema che vogliamo mettere in evidenza non è dimostrare che questa teoria, così tanto ripresa dai media, faccia o possa fare acqua da tutte le parti, bensì dimostrare quanto i media stessi siano un colabrodo, di cui è impossibile fidarsi.

Evoluzione della memoria

La cultura attuale, che si affida a milioni di foto, porta ad evolvere o modificare il concetto stesso di “uso” della memoria: è vero. Ma non è una questione solo delle fotografie: capita per tutta l’informazione, che è ben risaputo essere eccessiva. Usiamo strumenti (fotografie comprese) per gestire quello che ci interessa conservare nella memoria, perché abbiamo capito che non è necessariamente obbligatorio che rimanga nel cervello, se non come traccia che ne consenta la ricercabilità. Poi ci sono gli strumenti che ci agevolano questo viaggio nella memoria: si chiamano Computer, si chiama Rete, si chiama Google, Evernote, Backup o come volete voi.

Posso sperare che nessuno voglia tentare di dimostrare che la nostra mente si stia – a causa della tecnologia – atrofizzando. Qualcuno ci prova a portare avanti questa teoria, dicendo magari che visto che non si insegnano più le poesie a memoria, e non si fanno nemmeno fare più i conti senza calcolatrice… il cervello così si atrofizza. Non è vero: il cervello umano è tutt’altro che in via di atrofizzazione, contiene molti più dati di quelli che conteneva in passato. E, quando questo appare evidente, c’è sempre qualcuno che punta sui limiti dell’informatica: “se rimani senza energia elettrica o senza connessione, non puoi accedere a nulla”. Parzialmente vero, ma verissimo invece che il cervello umano è molto più inaffidabile: basta cadere per terra, battere la testa, o semplicemente invecchiare per perdere definitivamente i dati memorizzati. I computer sono molto, molto più affidabili, aggiornabili, condivisibili.

Non dico che non ci sia del vero, nella ricerca di Linda A. Henkel, anzi: sono il primo a fotografare quello che voglio archiviare in una mia memoria, sapendo bene che una volta fatto avrò la libertà di pulire quello spazio dalla mia mente, sarò felice di lasciarlo libero, a disposizione di altri dati. Al tempo stesso, so anche che – quando voglio recuperare quello che ho fotografato – mi sarà facilissimo farlo con una precisione fantastica: quella di un occhio che ha catturato milioni di pixel con una qualità pazzesca, e quella di una memoria molto più nitida della mia (a qualunque età, non solo ora che sono un vecchietto), magari con l’ausilio di tag, di keywords, di folder. Il problema che abbiamo non è quello che possiamo trasferire dalla memoria locale (cervello) a quella periferica (Hard disk, cloud, eccetera): è lo spazio che abbiamo bisogno che sia libero nella memoria locale, perché siamo bombardati da così tante informazioni/emozioni che a volte non riesce più ad assorbire nulla, e anche stimoli importanti rimbalzano… a me capita spesso in certi periodi in cui sono particolarmente stanco. E quando non abbiamo un hard disk che possa contenere quello che vogliamo, perdiamo occasioni: non riusciamo a leggere, non riusciamo a guardare un film, non riusciamo a percepire la bellezza o la curiosità di un dettaglio in strada o di fronte ai nostri occhi.

Una volta era più facile, c’erano meno cose che volevano entrare nel nostro cervello. Oggi è troppo? Aiutiamoci con la memoria artificiale, non è poi così male, specialmente se questa si chiama fotografia: consigliamo a tutti di farne di più, di viverla di più, di tornare a rivedere le foto scattate spesso.

Comments (10)
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  • Sandro
    Gen 12th, 2014
    Sandro says:

    Quando mi appunto qualcosa puntualmente lo dimentico. Poi peró vado nell’agenda e lo ritrovo.
    Titolo: Scrivere fa perdere la memoria!

    ;-)
    Ciao

    1. Luca Pianigiani Author
      Gen 12th, 2014
      Luca Pianigiani says:

      Ma infatti è esattamente lo stesso processo. Scriviamo, fotografiamo, prendiamo appunti proprio per “delegare” altri a ricordare per noi. Ma questo ci lascia lo spazio libero nella mente per altre attività, che sono altrettanto importanti, ma che non possiamo delegare ad memoria esterna. ;-)

  • carlo piccinelli
    Gen 12th, 2014
    carlo piccinelli says:

    Sono abbastanza sconcertato: ma non hanno altro da fare gli psicologi? Che so, studiare quanto incidano sulla diminuzione della memoria umana l’abuso di fumo, alcool, droghe, lo stress o il superlavoro, la fretta eccessiva, eccetera; mi sembrerebbe più scientificamente e socialmente utile. Ovviamente proverò a leggere l’articolo per capirci qualcosa di più, magari esprimo un giudizio aprioristico, in ogni caso non rinuncerei a fare fotografie neppure se fosse dimostrata universalmente la validità di una simile teoria. Sono così molteplici e intricate le situazioni della vita che contribuiscono a limitare la memoria che una più o una meno non fanno una gran differenza. Forse è più probabile che una foto scattata per ricordare qualcosa di piacevole o di interessante faccia dimenticare, magari anche per un solo momento, aspetti negativi o sgradevoli della nostra esistenza. Buona settimana.

  • mario
    Gen 12th, 2014
    mario says:

    mah, francamente avventurarsi in analisi sul funzionamento del cervello ( la memoria è una funzione), su come e cosa ricordiamo, di come siano strutturate e aggregate le informazioni…in ultima analisi fare il parallelismo tra una scatola-cassettiera e la “memoria del cervello” mi sembra quantomeno molto riduttivo, al pari della stantia coppia occhio-macchina fotografica.

    “Il metodo arborescente è travolto. L’albero, questo sistema simmetrico e regolato, stabilito su radici, non funziona più come metodo della conoscenza. Indeterminazione, probabilità, caos, sono i concetti su cui si rimodella la fisica subatomica, ma anche i concetti che spiegano il divenire culturale del nostro tempo…” Gilles Deleuze. Mille Plateaux.

  • Danilo
    Gen 13th, 2014
    Danilo says:

    Forse il problema è un altro, cioè quello che per stare con l’occhio nell’occhiolino della macchina fotografica si tralascia di vivere momenti importanti… E si dimenticano più facilmente i dettagli o le particolarità dell’evento. Potrebbe essere o sbaglio???

  • Valerio
    Gen 13th, 2014
    Valerio says:

    Non so quanto sia valido l’esperimento della psicologa, nè se stiamo tutti perdendo la memoria a causa delle fotografie (non credo!), peró posso portare la mia esperienza personale in questa discussione: quando mi trovo davanti ad una realtà qualsiasi (un avvenimento, una persona, un quadro) puó capitare sia che io la guardi e basta, sia che io la guardi e poi la fotografi. Ció che succede nella mia mente in seguito è che la realtà guardata e basta mi lascia nel tempo un ricordo assai nitido nella mente, la realtà guardata e fotografata mi lascia nella mente un ricordo sbiadito, impreciso, poco ricco di dettagli al punto che ció che mi rimane impresso è l’immagine fotografica scattata come se essa avesse sostituito la realtà percepita con gli occhi. Da qui a dire che la società stia perdendo la memoria a causa della tecnologia ce ne passa…

  • Raffaele
    Gen 13th, 2014
    Raffaele says:

    Prima di dare un giudizio definitivo sulle affermazioni della psicologa citata credo che bisognerebbe conoscere meglio quanto ha scritto o le metodologie che usa. A me sembra una di quelle affermazioni con le quali spesso i commentatori sintetizzano in modo errato il pensiero, l’opera o il comportamento di qualcuno, ma se in effetti l’affermazione rappresentasse correttamente le ricerche della dottoressa ci sarebbe molto da ridire. Sto cercando di approfondire le tematiche connesse alla fototerapia e molti operatori sostengono l’esatto contrario e cioè quanto siano importanti le fotografie non solo per la memoria ma anche per terapie utilizzate da psicoterapeuti.
    A parte ciò, in effetti mi sembra innegabile che l’idea della fotografia ‘usa e getta’ (v. Fountcouberta) sia indotta (soprattutto nei più giovani) da un lato dall’avere sempre a portata di mano uno strumento per fare foto (soprattutto il cellulare) dall’altro dall’utilizzo più frequente di questi scatti, il più delle volte esclusivo e cioè postarli sui social, senza alcun criterio di ‘salvataggio’.
    Senza voler demonizzare nulla e nessuno, però questo lo trovo preoccupante, questo atteggiamento mi sembra il vero problema: la mancanza di consapevolezza del fatto che la fotografia non solo aiuta la memoria, ma E’ essa stessa memoria. E mi domando: quando fra venti trenta cinquant’anni si cercherà di risalire alle foto fatte con gli amici in pizzeria ieri sera e subito pubblicate…riusciranno ancora a farle vedere ai loro nipoti? Ammesso che a qualcuno possa ancora tutto questo interessare…
    Ma forse sono andato un po’ …’fuori tema’
    Ciao!

    1. Alessio
      Gen 14th, 2014
      Alessio says:

      Raffaele, credo che la risposta al tuo dubbio sia molto più semplice di quello che pensi. Probabilmente già ora, meglio ancora nel futuro, ci saranno le tecnologie che con il riconoscimento facciale (tecnologia già esistente) abbinato alla presenza in un dato luogo/locale in una certa fascia oraria (vedi Foursquare), ti permetteranno di avere un motore di ricerca che ti mostra vita/morte/miracoli di tutto quello che hai fatto e che, se a qualcuno interessa, puoi far vedere ai nipoti. :D

      Qualcuno potrò pensare “cheppalle in questo modo non si stimola la memoria”, ma come dice Luca credo sia molto meno affidabile la memoria che con una botta, o semplicemente il tempo, perde colpi piuttosto che un computer che da ignorante si limita a classificare ed elaborare dati.

  • Alessio
    Gen 14th, 2014
    Alessio says:

    In un programma scientifico visto su una nota Tv a pagamento tempo fa parlavano proprio di questi aspetti, ovvero che la nostra testa non può permettersi di immagazzinare tutto il volume di informazioni che ogni giorno riceve, pertanto scarta e semplifica le cose al massimo dopo già alcune ore dall’evento perdendo un sacco di informazioni non considerate “utili” per ricostruirle in modo “fittizio” quando deve richiamare il ricordo.

    Facevano l’esempio mostrando una scena a dei studenti dove alcuni ragazzi e ragazze stavano trascorrendo una giornata in un parco durante un picnic; dopo alcuni giorni chiedevano agli studenti che avevano visto la scena di ricostruirla e TUTTI ricordavano quasi perfettamente quanti erano i ragazzi e le ragazze, come erano disposti e cosa facevano, ma avevano invertito/mescolato/inventato il colore dei capelli, magliette, panorama sullo sfondo, e buona parte del contesto dove si trovavano queste persone.

    Un altro esempio è stato fatto mostrando un cortometraggio fatto con due riprese da angolature diverse dove gli attori ad ogni variazione di inquadratura differivano nel vestito, acconciatura ed oggetti sopra il tavolo. Guardando il cortometraggio se non ricordo male il 100% degli osservatori (ignari di questo gioco tra le inquadrature) non notavano questi aspetti gli sembrava tutto identico come dal primo frame.

    Addirittura hanno fatto un gioco dove un attore si fermava per chiedere informazioni stradali e mentre la persona presa di mira si girava per indicare le strade, l’attore veniva sostituito da un’altra persona che prendeva il suo posto….. l’80 o 90% delle presone prese di mira nemmeno se ne accorgeva.

    In pratica dimostravano come la mente “scarti” e semplifichi le cose che non ritiene importante per poi “ricostruirle” al richiamo della memoria.

    Dopo aver fatto anch’io questi test/gioco mi sono ricreduto sulle nostre capacità di memoria visiva. :D

  • padova
    Feb 4th, 2014
    padova says:

    mah sinceramente anche se questo fosse vero,non ci trovo nulla di male, la fotografia mi aiuta a ricordare alcuni avvenimenti importanti? ben venga,come riportarmi degli appunti di una conferenza mi aiuta a ripassare i punti salienti. Sarà anche vero che se restavo li ad osservare attentamente la scena,l’avrei ricordata meglio… ma perchè non semplificarsi la vita,non è che “perdo la memoria” se fotografo,ma fotografando mi assicuro che quel ricordo resti nel tempo.

    C’è comunque da evidenziare il fatto che troppo spesso vedo persone indaffarate a fotografare qualsiasi cosa,senza manco guardarle con gli occhi,tanto valeva scaricarsi le foto “di quel paesaggio” dalla rete,fatte anche meglio magari….

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