Non siamo (e non vogliamo essere) i professionisti di Apple

Non siamo (e non vogliamo essere) i professionisti di Apple

Apple MacPro non è per I fotografi professionisti

Cosa significa essere “professionisti” dell’immagine in questa era moderna?

La domanda, che si ripropone spesso in tanti ambiti è tornata prepotentemente alla ribalta questa settimana quando Apple ha presentato la propria idea di “computer professionale”, facendo scatenare discussioni che hanno il sapore della rabbia, ma che in realtà mettono in luce un elemento che deve essere chiaro: i fotografi non possono essere più considerati – dal punto di vista degli strumenti informatici – dei professionisti, perché la potenza di calcolo che viene richiesta per trattare anche flussi consistenti di fotografie non richiede più macchine “speciali”, sono sufficienti macchine moderne e standard (amatoriali o anche “pro” ma solo per modo di dire). Chiaro che se si usano macchine del 2012 con poca memoria e con sistemi operativi vecchi, ma peggio ancora metodi, flussi e approcci superati, allora tutto è una agonia, ma questo è solo il lato più banale della situazione: ci sono tematiche molto più profonde.

Perché tanta rabbia per i prezzi? Dopo tanti anni di professionisti che lamentavano una mancanza di attenzione di Apple nei confronti del loro settore (“ormai fanno solo gli iPhone… non sanno fare altro”, dicevano queste voci, abituate a sparare sentenze nei commenti e sui post di Facebook), Apple li ha accontentati proponendo esattamente quello che tutti a gran voce chiedevano (e quello che dichiaravano, sempre nei commenti e nei post … “quando ci sarà, lo comprerò”). Il problema è che ora c’è (ci sarà, in autunno) ed è perfetto, ma costa una “follia”, giusto? Non è vero… il problema è che non ha un costo accessibile per quello che i professionisti (fotografi) guadagnano, il problema è il potere di acquisto, specialmente in Italia. Purtroppo, anche senza capelli bianchi, gli anni sono passati e per lavorare a livello “professionale” bisognava fare investimenti enormi, e si facevano. Si discute tanto del costo del monitor (e dei 1000 dollari del “solo” supporto) che porta a 6000 dollari un monitor di una qualità pazzesca da 32 pollici 4K, quando 20 anni fa bisognava comprare un Barco Reference Calibrator da 21 pollici che forse aveva una risoluzione di 1024×768 pixel che costava 12 milioni di lire (circa quanto i 6 mila dollari di quello presentato da Apple lunedì ma venti anni fa, quindi era molto più costoso); un Mac ben configurato per lavorare sulle immagini costava a spanne almeno 10 milioni di lire, con pochi Mb di RAM e un hard disk risibile oggi (la versione base del MacPro costerà circa la stessa cifra). Senza considerare che, per lavorare a livello estremo, bisognava ricorrere a stazioni di elaborazione digitale (Dicomed Imaginator, Kodak Premier, Quantel), dai costi proibitivi (20, 40, 60, 100 milioni di lire), ne parlavamo qui, tanto tempo fa. Per finire, per scattare fotografie digitali di qualità si potevano spendere dai 30 ai 100 milioni di lire per dorsi che avevano i megapixel che oggi abbiamo su uno smartphone.

All’epoca – circa 20/25 anni fa – era difficile fare questi investimenti, ma si facevano perché era necessario, perché non c’erano alternative, perché le foto si facevano pagare di più, perché se il mercato aveva bisogno di buone foto, era imperativo andare da un fotografo. E poi c’era maggiore semplicità di accesso al credito, ora le banche hanno una strategia di chiusura e i piccoli imprenditori, specialmente agli inizi, hanno difficoltà a partire per mancanza di liquidità.

In tutto questo, è facile puntare il dito sui “cattivi”, su una Apple che ingorda vuole lucrare a tutti i costi. Non è che pari potenza, su Windows, costerebbe molto molto di meno: certo, ci saranno mille altre opzioni, ma anche chi ha provato a fare due conti ha difficoltà a proporre configurazioni analoghe a prezzi molto più bassi, perché un conto è fare confronti seri e un conto è giocare con gli effetti speciali, come ha fatto MSI dicendo che al prezzo del solo stand del monitor loro vendono il monitor “compreso lo stand”, perché è pubblicità ingannevole (o, quantomeno, una battuta da bar o da teatro), i due prodotti non sono paragonabili, come non è paragonabile una Fiat Panda con una Porsche per il solo fatto che possiedo entrambe 4(k) ruote. Apple ha fatto sempre pagare tantissimo i suoi prodott che generazioni di professionisti hanno usato e usano ancora con soddisfazione (abbiamo letto che ora tutto in Apple costa perché Tim Cook è nato ricco, mentre all’epoca di Steve Jobs era diverso perché è nato povero, ahahahaha…); qualcuno può dire che servirebbero delle vie di mezzo: ci sono! Peccato che per sentirsi “professionisti” si crede, ci si illude, si pretende di dover usare  oggetti con la dicitura professionale. Il fatto positivo è che non servono. Oggi con investimenti di 3/4 mila euro si ha un computer Mac che permette di lavorare alla grande: monitor, tastiera, computer, memorie adeguate: un iMac 27” alla massima configurazione sensata, che oggi va quasi alla stessa velocità del più costoso iMacPro, oppure un iMac 21”, anche questo configurato “bene” con in aggiunta un iPad che da ottobre potrà essere usato come secondo monitor, e quindi permettere di gestire al meglio il lavoro sulle immagini senza elementi di distrazione, come le palette, e poi l’iPad permette di fare anche molto altro, a parte questo “uso”.

Macpro monitor fotografi
Oggi, volendo, non serve più nemmeno un ufficio, si lavora ovunque perché i portatili hanno potenza da vendere e nessuno spazio occupato (con conseguente risparmio di affitto e anche di trasporti). Tra pochi mesi con il nuovo sistema operativo per iPad avremo tra le mani un oggetto che permette di lavorare davvero con flessibilità le fotografie in mobilità e a costi irrisori (un iPad Pro 12,9” con 1 TB di spazio, potenza a sufficienza per lavorare sulle foto, collegamento diretto con hard disk e fotocamere, connessione interna a Internet (Sim) e in più una fotocamera con schermo “grande formato”, niente male per molti usi più comuni, costa meno di 2000 euro: tanto per un “gadget” ma pochissimo per essere quello che è: un computer professionale portatile).

Forse siamo romantici e positivi, ma pensiamo che oggi è più facile lavorare e investire in questo settore, si spende 1/10 o 1/20 di quello che era l’investimento di 20/25 anni fa… Il problema non è degli strumenti, è di capire chi siamo e come ci collochiamo sul mercato. Dal punto di vista dell’hardware, siamo dei “dilettanti”, e possiamo godere del fatto che possiamo quindi accedere a macchine e soluzioni che costano “pochissimo”. Se anche questi investimenti piccoli, di accesso o di aggiornamento, ci creano problemi, vuol dire che siamo fuori dal mercato. Non è bello da dirsi, ma sono fatti. I professionisti che davvero hanno bisogno di “macchine professionali”, che producono video ad altissimo livello – sia qualitativo che di produttività – faranno la coda per comprare macchine che, pur costose, daranno la possibilità di lavorare con flussi 4k e anche oltre senza più avere le attese del rendering; chi lavora con il 3D sul serio e si fa pagare adeguatamente si sarà già mosso per poter ridurre le ore di rendering ad alta risoluzione che sono un peso economico che è difficile da sopportare (e quindi si devono rivolgere a RenderFarm esterne oppure avere internamente batterie di computer). I MacPro sono nati per loro, non per i fotografi… a meno che una nicchia di questi abbia l’esigenza di puntare al massimo, in tutto, anche dal punto di vista del marketing, e allora l’investimento può avere un senso: quanto una brochure di lusso da mandare ai clienti, una festa evento per incontrare persone “cool”, la Tesla per far capire che si è dei professionisti di successo che, in più, guardano alla sostenibilità del pianeta.

Siamo in una era meno negativa di quanto non si dica, un’era di grandi occasioni, di investimenti inferiori, di possibilità infinite. Se c’è qualcosa che non gira, che non torna, è bene iniziare a cambiare qualcosa nel nostro posizionamento, lavorare sul costruire la nostra attività basandola su qualcosa di più solido e promettente, accettare un posizionamento che non ci impone di dover essere sempre “al massimo” e non per questo vivere male: ci basta una bicicletta per girare la città, non ci serve la berlina, e se proprio ci serve un’auto possiamo sempre averla per qualche ora pagando pochi euro con le soluzioni di car sharing, si può uscire alla sera bevendo una birra ghiacciata con gli amici comprandola al supermercato anche di notte, pagandola meno di 1 euro e chiacchierando sulle panchine della piazza invece che andare nei locali costosi. Si può scegliere di andare a vivere in posti migliori e meno costosi perché basta una connessione internet per lavorare con tutto il mondo. La cosa bella è – pensiamoci – abbiamo bisogno di molto meno delle generazioni passate, per avere molto, molto di più. E quindi possiamo dedicarci all’unica cosa davvero importante di una attività creativa che è… creare: spingere al massimo la nostra fantasia, le nostre idee, la nostra capacità di vedere e raccontare, approfondire e seguire percorsi nuovi, imparare skill sempre più evolute. Perché essere “professionisti” significa questo, non avere a disposizione potenze che sono inutili e che “costano troppo”. Certo, bisogna far pesare i contenuti e non l’apparenza, e sulle apparenze in troppi si sono appoggiati per troppo tempo; ora è finito quel tempo. I professionisti sono quelli che fanno meglio, non quelli che spendono di più… specialmente se lo fanno con spensieratezza e con leggerezza.

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