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Fotocamere 2.0: la rivoluzione è Open Source?

Immagine della FrankenCamera (prototipo), foto Stanford University

La segnalazione ci è arrivata da un lettore del SundayJumper, Luca Zampieri, che ha lasciato un commento reputando – giustamente – che l’argomento avrebbe “attizzato” tutti noi. E’ già bello che questa partecipazione sia legata ad un concetto del “noi”, ma ancor più bello andare a scoprire la base di questa notizia, che ci ha portato ad esplorare il sito della Stanford University dove si parla in modo approfondito di questo progetto che porta un nome: si tratta della Franken Camera, un prototipo di fotocamera di nuova generazione, che si propone come “il nuovo modo” di pensare ad una fotocamera (non  guardate l’estetica, ovviamente, per ora è un “oggetto funzionante”, non ancora un prodotto).

In un video, pubblicato su YouTube (qui ne pubblichiamo la versione con i sottotitoli italiani, a cura di Jumper), il professor Mark Levoy, responsabile del progetto, dice delle cose molto interessanti: dopo dieci anni di battaglia sui megapixel, i produttori di fotocamere sembrano non avere da proporre nulla di realmente “rivoluzionario“. Magari non è così, però indubbiamente non appare all’orizzonte qualcosa che possa stravolgere il modo di pensare la fotografia, mentre invece c’è moltissimo ancora da sviluppare, e sembra (questo lo diciamo noi, non il professore, anche se probabilmente sarà d’accordo) che tutto si stia spostando nella fase di post produzione, una volta che l’immagine “lascia” la fotocamera ed entra nel computer. Non è un caso che guardando le innovazioni che si stanno sviluppando in casa Adobe con Photoshop (pensiamo a quello che si è già visto nelle ultime versioni e quelle che abbiamo commentato in passato sulle “evoluzioni” in arrivo) sembrerebbe che sempre di più la fase di scatto non è altro che una componente sempre meno importante, e che “il bello” si tende a farlo dopo.

Di colpo, invece, questi studi della Stanford University ripropongono il momento dello scatto come quello più importante, dando “intelligenza” alla fotocamera, ma non solo: fornendo un accesso a chiunque, per poter far crescere e personalizzare l’apparecchio in funzione delle proprie esigenze. Come? Facendo migrare dentro la fotocamera il concetto di Open Source che ha rivoluzionato (o quantomeno sta rivoluzionando) il mondo dei computer. Detta in poche parole, la storia è semplice: componenti hardware vengono gestire da un software basato su Linux, e questo genera la possibilità di far sviluppare dalla comunità degli sviluppatori vere e proprie “applicazioni” che possono essere scaricate per aggiungere funzionalità (a volte, incredibilmente rivoluzionarie: l’esperienza dell’iPhone con le sue Apps lo conferma: la fantasia di tante menti che sviluppano applicazioni in tutto il mondo sulla stessa piattaforma porta ad uno sviluppo incredibile).

E’ interessante, per un istante, fare una valutazione di quello che è oggi una fotocamera digitale: di fatto, è un computer all’interno del quale “gira” un sistema operativo e dei software proprietari, anzi gelosamente protetti dalle aziende che non vogliono aprire alcuna “porticina” per paura che il concorrente possa appropriarsi della sua conoscenza. In questo modo, però, le evoluzioni sono lente. Voi direte: col cavolo! Ogni sei mesi esce una nuova fotocamera, e ogni volta siamo stupiti delle rivoluzioni che propongono. Vero… al tempo stesso, se pensassimo a una comunità di sviluppatori in grado di proporre nuove funzionalità, magari sviluppate con l’aiuto di fotografi o di persone in grado di vedere “oltre”, forse il panorama evolutivo potrebbe essere molto diverso da quello attuale, forse non sarebbe necessario cambiare fotocamera per avere altre funzionalità, ma basterebbe scaricare una nuova applicazione (magari dal costo irrisorio) o fare un aggiornamento del software.

Oggi un sensore è in grado di catturare solo un certo range di densità? Cosa succederebbe se si potesse, in macchina, effettuare quello che con Photoshop è possibile realizzare con un HDR? Oppure, cosa potrebbe succedere se, sempre in fase di ripresa, fosse possibile regolare il fuoco su più piani e avere quindi una profondità di campo infinita? Ma questi esempi sono solo frutto di una fantasia che spazia vicino a noi, che ci fa pensare a progetti già visti solo che applicati con Photoshop o software simili. La fantasia, come si diceva, ci permetterà di avere migliaia di menti che penseranno tutte in modo diverso e complementare, e ci daranno visioni davvero rivoluzionarie, ci apriranno nuovi mondi e nuove possiblità. La fotografia che diventa sviluppo open source, può davvero essere ridisegnata, reinventata, riscoperta.

E’ un buon modo di vadere l’innovazione: pensiamo per un istante che la fotografia digitale, tanto definita “rivoluzionaria”, di fatto ha rivoluzionato l’industria (che in gran parte è crollata, perdendo la pellicola, gli sviluppi, la carta stampata), ma non la fotografia scattata. Ha semplificato la vita, ha aperto opportunità, ma le foto scattate con la pellicola sono pressoché identiche a quelle che ora scattiamo in digitale. L’evoluzione della fotocamera nell’ottica “2.0” potrebbe invece rendere il concetto di “rivoluzione” molto più concretamente. Non a caso, il progetto è stato subito appoggiato da aziende del calibro di Nokia, Adobe Systems, Kodak, HP: il futuro ingolosisce tutti, e la battaglia è solo agli inizi!

Qui sotto, il video che spiega il progetto FrankenCamera.