Jumper

Filosofia di un Annual per i fotografi (e perché l’abbiamo fatta così)

Quando ero giovane aspirante fotografo, c’era – nelle agenzie pubblicitarie e negli studi più prestigiosi di comunicazione – l’abitudine di cercare ispirazione per realizzare campagne e per trovare il “mood” per un messaggio pubblicitario su un prestigioso libro, chiamato “The Black Book”. Era un volume di pagine ben stampate, ed erano tutte pagine di “pubblicità” pagate fior di soldi dai fotografi di tutto il mondo (ma primariamente americani) per mettersi in mostra. Ed era un libro costosissimo: anche nelle grandi agenzie che se lo potevano “permettere” ne girava al massimo uno o due copie, che passavano di mano in mano. Molte pagine sono state di ispirazione e sono state “copiate” dai “creativi”, ma molte sono state occasione di contatto con dei fotografi che sono riusciti a monetizzare ampiamente il loro investimento. Era, appunto, un modo di trovare occasioni di incontro, difficile all’epoca e ancor più difficile oggi.

I tempi, ovviamente, sono cambiati, negli anni novanta altri libri hanno preso il posto del BlackBook, per esempio quelli della svizzera Rotovision (Index), gestiti in Italia dalla cara amica Zandra Mantilla. Il meccanismo era simile, la fruizione simile ma con un vantaggio: le edizioni locali consentivano un contatto più diretto tra fotografi e committenti, non bisognava contattarli dall’altra parte del mondo.

Perché parlo di queste cose vecchie? Siamo un ambiente di discussione e di incontro di persone che guardano avanti, e non indietro, e di sicuro siamo ben orgogliosi di questo approccio. Ne parliamo perché in queste pubblicazioni c’era un elemento che poi abbiamo perso per strada, e in assoluto l’ha perso proprio chi dovrebbe invece trarne il maggiore vantaggio: quello dell’essere di ispirazione per il proprio cliente, per il proprio mercato. E, proprio su questa base, abbiamo progettato un prodotto, un libro, un’app (chiamatelo come volete) dedicato al mondo della produzione fotografica italiana: si chiama TAUvisual’13 e si può scaricare gratuitamente da Appstore (e tra qualche giorno da GooglePlay per Android e da Amazon per KindleFire). E’ un progetto che ci ha impegnati, noi di Jumper e TAUvisual che è l’associazione dei fotografi per la quale lo abbiamo realizzato, al fine di promuovere i fotografi associati, per diversi mesi, una pubblicazione enorme che per la prima volta ha messo insieme tutti (o, almeno, “tutti coloro che hanno voluto partecipare”) i fotografi di tutte le categorie professionali. E’ uno specchio culturale e professionale del nostro mondo, del nostro mestiere. Abbiamo scritto prima “culturale”, perché è questo il lato forse più affascinante di questo “catalogo”: c’è tutta la sensibilità dei professionisti nelle fotografie, la loro tenace ricerca, ma anche la loro fragilità, le specificità di un mercato che varia da zona a zona, da città a paese, dalle esigenze di un cliente diretto, agenzia, privato. Il risultato sarebbe molto diverso rispetto a quello di altre nazioni… diciamo che “sarebbe” perché non c’è il confronto: non ci sono prodotti analoghi nel mondo (a nostra conoscenza), perché all’estero si tende ad aggregare professionisti di settori ben specifici (fotografi di matrimonio, di pubblicità, moda, fotogiornalismo); in questo caso, invece, abbiamo messo “tutti insieme”, e quindi lo spaccato è affascinante, nel suo complesso.

La pubblicazione/app è stata sin dal primo momento un grande successo di download: pur nella categoria “gratuita” (dove i “numeri” sono altissimi) ha raggiunto la posizione 5, a dimostrazione che l’interesse è stato elevatissimo (avevamo “sopra di noi” Photoshop per iOS e Flickr… insomma concorrenti di tutto rispetto!), e questo è già un successo: la fotografia professionale italiana, nella sua globalità, ha spezzato le barriere dell’anonimato, ha spaccato, ha raggiunto un mondo che, troppo spesso, rimane indifferente al nostro lavoro di fotografi, ci sarebbe da brindare: l’unione di tutti fa la forza, fa crollare il muro dell’indifferenza, mette in evidenza una realtà che in solitudine non riesce a far breccia. Abbiamo fatto – TAUvisual, i suoi fotografi e noi, tutti insieme – un lavoro di squadra.

Questa grande popolarità ottenuta ha portato anche un’accesa discussione, e anche questo è positivo, perché parlare di qualcosa significa creare interesse. Molti hanno dato il loro contributo, con opinioni a volte con toni pieni di entusiasmo (e non sono state pilotate come purtroppo abitudine nell’appstore, ma spontanee), altre critiche, con due approcci: uno tecnico (problemi con iPad prima generazione, stiamo investigando per capire se e come possiamo risolvere il problema, avremmo potuto inibire il download agli utenti iPad1 – cosa che è sempre più comune nelle App, visto che da molti mesi Apple non supporta più lo sviluppo dell’iPad uscito nell’aprile del 2010, purtroppo tre anni in questo mondo corrisponde a 50 anni nel settore delle fotocamere – ma ci stiamo lavorando, e prestissimo daremo una risposta ufficiale e definitiva, e se possibile anche delle soluzioni). La seconda, invece, riguarda la fruizione dell’app. Viene contestato il fatto che non è possibile fare ricerche, non si può consultare velocemente, e che è…. tanto pesante, in termini di Mb.

Ci sono motivi, perché questa applicazione è stata fatta così: alcuni sono ottimizzazioni/compromessi tecnici, che poco interessano gli utenti, ma quasi tutto è figlio di un progetto che è “stato pensato così”, e ne facciamo capire il motivo. E’ vero, siamo abituati alla consultazione rapida, ad andare su Google e cercare una risposta alle nostre domande. E’ un fatto comune, ma non è sempre la soluzione migliore. Avevo una maglietta (diventata troppo stretta… chissà se per colpa della lavaggio sbagliato, o per la pancia che si è dilatata…) con una frase di Pablo Picasso che diceva:

“I computer sono stupidi, perché possono dare solo risposte”.

Siamo abituati a credere che la soluzione è quella dell’avere risposte, si accentra la nostra attenzione sul formulare le domande giuste. Ma siamo sicuri che la strada giusta per promuovere il lavoro dei fotografi sia quella di un database? Noi non lo pensiamo, o meglio: siamo convinti che questa non sia l’unica strada, e lo motiviamo: seguiteci però nel pensiero, prima di avere un giudizio assoluto (che quasi mai porta a nulla).

Nel mondo, e specialmente in Italia, ci sono più fotografi che non committenti di fotografi.

Ogni potenziale cliente ha attorno decine di fotografi più che disposti a farsi in quattro per lui. Ovvio che ci sono persone che cercano su Google, o su un database, “Fotografo di matrimonio a Roma”. Ma forse potrebbe scrivere un’altra domanda: “Fotografo di matrimonio a buon prezzo a Roma”, o anche “il miglior fotografo di matrimonio a Roma”. In tutti i casi – e vi esortiamo nel caso a fare un buon lavoro di ottimizzazione sui motori di ricerca – le domande sono in realtà più stupide delle risposte, perché non saranno gli algoritmi di ricerca di Google a dare la migliore risposta possibile in nessun caso: come facciamo a raggiungere il miglior fotografo per noi? Cosa significa, per ciascuno, la parola migliore? E nemmeno il termine economico ha senso: c’è sempre qualcuno che può chiedere “meno”.

La ricerca di un fotografo non è oggettiva, se non in casi molto specializzati (fotografia scientifica, aerospaziale, ripresa con elicottero… cose così), ma si guardano immagini e si scopre che un fotografo ha delle doti e qualità che sono affini a noi, per qualità, per sensibilità, per mood. Tutte cose che Google, e tantomeno un database meno evoluto, può proporci. No, se ha un senso un catalogo di fotografi, questo porta ad un solo approccio: ispirazionale. Cosa significa? Che bisogna viaggiare attraverso le immagini, e scoprire, sognare, percepire, annusare. Ed è quello che abbiamo cercato di fare. Un’opera che fa viaggiare dentro l’immagine e non sui metadati. Di metadati è pieno il mondo del web (più o meno efficaci), quello che mancava, secondo noi, era un percorso che potesse mettere al centro la fotografia, e la sua capacità di comunicazione. E quindi lo abbiamo fatto.

Da parte nostra – oltre a parlare di fotografia, e fare app, a fare formazione in questo settore – sono un acquirente di fotografie, e i fotografi che ho scoperto con questa app (costruendola, giorno dopo giorno) non avrei mai potuto scoprirli se non in questo modo. Abbiamo avuto modo di emozionarci per lavori strepitosi di facce sconosciute (ne conosco tanti di fotografi, ma non tutti…), in luoghi dell’Italia sconosciuti, e siamo sicuri che con alcuni di questi svilupperemo qualcosa. Abbiamo disegnato questa app con questo spirito: togliendo la freddezza delle keyword e mettendo al centro invece il valore del contenuto. Alcuni dicono che questo sia un errore, noi siamo dell’opinione che questa sia una strada “fuori tendenza” (è vero, lo è… ma chi ci conosce forse ci riconosce la capacità di guardare avanti e non di essere spiazzati dalle novità), ma proprio per questo guadagna attenzione. Un database non avrebbe avuto lo stesso impatto, e non ce l’avrà.

Anche il peso, giudicato da molti un grande limite (e in parte lo è, lo ammettiamo) fa peso in relazione al suo valore: ci sono quasi 1000 fotografi, ci sono oltre 5000 immagini in totale, molti video, ci sono link e riferimenti ai social, i siti si aprono “dentro” l’applicazione e non si “sfugge via”, la navigazione si sfoglia, pagina dopo pagina, immagine dopo immagine: vero, è un viaggio lungo… ma chi sarà interessato a questo viaggio lo farà con crescente piacere. Chi non lo farà, vuol dire che non sta cercando ispirazione. Prendere un’auto e percorrrere in una giornata primaverile la nostra penisola da nord a sud dovrebbe portarci ad apprezzare il “durante” e non solo borbottare perché “non si arriva mai a destinazione”. Se non riusciamo ad apprezzare il viaggio, allora significa che vogliamo accontentarci del punto di arrivo, e dell’oggettività di questo risultato. Allora poco importa quello che facciamo, poco importano le sfumature, la personalità, il modo di interpretare… se lo pensiamo noi, perché ci lamentiamo se lo fanno i clienti?

Tutto quello che si fa non è esente da errori, ma tutto quello che si può fare anche per migliorare non può prescindere da una visione, e questa app ha una strategia forte, ed è una strategia che è figlia del fenomeno social più forte ed efficace del momento: si chiama Pinterest, ne abbiamo parlato con molti di voi nei convegni dedicati al marketing, stiamo ultimando un libro “Pinterest per fotografi” che pubblicheremo entro un paio di settimane. Pinterest ha la stessa strategia dell’app di TAUvisual: attraverso le immagini, si arriva alle emozioni e si crea traffico sui siti. Gli utenti di Pinterest (in grandissima crescita, è il social network che sta crescendo di più al mondo, e sta guadagnando grandi ritorni) esplorano migliaia di immagini, e scoprono quello che non potrebbero mai “cercare” oggettivamente, perché non sanno che quelle cose esistono fino a quando… non le vedono. Per i fotografi di TAUvisual’13 è la stessa cosa: lo diciamo perché è successo per noi, e succederà per gli altri.

Tante sono le applicazioni che ogni giorno si scaricano, ci si gioca e poi si buttano via. Tutte, meno quelle che davvero fanno la differenza. Sono tre anni che lavoriamo in questo settore, con un’intensità e uno studio profondo (perché gran parte del nostro lavoro è cercare di capire per poi insegnare, nelle scuole o nei corsi e camp), e abbiamo capito che iPad e Tablet non sono strumenti per fare “ricerche veloci”; per quello c’è il web. Sono strumenti che ci fanno andare a fondo, che ci lasciano lo spazio e il tempo (perché li usiamo nei momenti in cui questo tempo non solo lo abbiamo a disposizione, ma ce lo rubiamo alla frenesia della giornata e della vita) per andare oltre. Per farci domande, e non per cercare risposte. Non è “per tutti”, ma per quelli che hanno questo approccio di approfondimento, di capacità di valutare la qualità e le sfumature. Noi vogliamo lavorare con e per loro, voi? Solo per quelli che non sanno cosa farsene di questi valori?

Se avete apprezzato questo pensiero, dateci una mano, con un commento sull’Appstore, che aiuti gli altri a capire il senso di questo progetto e di un approccio “Slow” alla qualità dell’immagine e al suo lavoro (i commenti sono importanti per far capire cosa si sta scaricando). E se non avete un iPad o un tablet, fate una considerazione su quello che questa scelta dello “stare fuori” vi porta. Il mondo dell’informazione “profonda” sarà sempre più legata a queste forme di editoria digitale, fruibili da tablet. Un libro cartaceo come l’app di TAUvisual’13 sarebbe oggi impossibile, o costerebbe così tanto da non essere “democraticamente accessibile a tutti”.

Grazie, tutto questo non lo abbiamo scritto per “giustificare” il nostro lavoro, ma per spiegarlo e condividerlo. Perché abbiamo bisogno di sentirci tutti uniti e parte di un mondo che deve farsi conoscere, apprezzare e amare. Il mondo della fotografia professionale.

PS: quest’app sarà molto scaricata dai fotografi, ma stiamo lavorando perché possa essere scaricata da tanti “clienti” di fotografi. Per questo, stiamo mandando una mail personale a molti picture editor e persone che si occupano del buying e della promozione delle fotografie, per spiegare e raccontare questo progetto. Dobbiamo andare fuori, e non rimanere dentro il nostro mondo, e in questo un’app come TAUvisual’13 aiuterà la fotografia professionale a trovare nuovi spazi ;-))