Assistenti digitali, controllori della nostra vita o sostituti del nostro lavoro?

Assistenti digitali, controllori della nostra vita o sostituti del nostro lavoro?

Assistenti digitali_ privacy
Drew Graham

Siamo sempre più circondati da sensori che hanno la pretesa di essere nostri “assistenti”. Proprio ieri ho trovato, nella mia email, Google che mi comunicava:

Offerta per gli abbonati: un Google Home Mini riservato agli abbonati Google One

Per capirci, visto che tra i tanti servizi cloud che utilizzo a pagamento c’è anche quello che continuo a chiamare “Google Drive” ma che oggi è parte di una suite che si chiama Google One, che include spazio globale (One, appunto) per Drive (cartelle di dati), Gmail e Google Foto (che archivia tutte le immagini che vengono scattate sul mio telefono, tra l’altro, se lo desidero, liberando poi lo spazio del device, una disciplina che mi ha aiutato molto nell’era delle memorie limitatissime degli smartphone). Questa mail mi dice che per il solo fatto che pago “ben” 1.99 euro al mese, mi viene “regalato” un oggetto che mi permette di interagire con Google anche con i comandi vocali, per fare ricerche on line, per ascoltare musica, per pilotare e comandare le luci in casa (usando luci e interruttori compatibili, per esempio quelli proposti da Ikea).

Grazie Google, anzi… “ok, Google”. Sei molto gentile, anche se ormai il concetto di “gratuito” legato al mondo dell’informazione e alla raccolta dei dati (di cui Google, Facebook, Amazon sono il riferimento assoluto) fa alzare o dovrebbe far alzare tutte le antenne. La manovra è molto chiara: queste aziende non fanno business sugli apparecchi, che potrebbero regalare (e, nella pratica, è proprio quello che hanno fatto con questa proposta), ma sulla raccolta dei dati e sul creare percorsi sempre più stretti e integrati con gli utenti. Tutto questo avviene per via “facoltativa, anche se non è poi così vero: è stato scoperto che in realtà questi strumenti possono “ascoltarci” tutto il tempo, per esempio ne parlano qui. Per correttezza, va detto che nel tempo la maggiore sensibilità da parte degli utenti sulla privacy hanno messo alle strette le aziende che hanno provveduto a creare non solo maggiori informazioni sul come i dati vengono gestiti, ma anche limitare almeno una parte di questa raccolta, qui trovate le informazioni su come Google raccoglie queste informazioni.

Il percorso mentale ci ha portato oltre, però. E’ evidente che la tecnologia (i “computer”) stanno cambiando forma, sono sempre meno strumenti ai quali accediamo in modo tradizionale: possiamo farlo con la voce, appunto, e possiamo sempre più non solo comandare ma anche creare delle informazioni complete: in teoria potrei dettare questo Sunday Jumper usando la voce, mentre sto camminando o guidando, e non dovrei usare una tastiera (sarebbe utile, in questo periodo una fastidiosa infiammazione alla mano destra rende poco piacevole questa attività “manuale”).

Possiamo e potremo sempre più interagire con la tecnologia anche “semplicemente” indossandola: smartwatch e tracker fanno proprio questo e di sicuro siamo solo ai primi step di una evoluzione in fermento. Ancora una volta, tanti sensori che si preoccupano di rilevare le nostre pulsazioni, il nostro movimento, la nostra posizione geografica, a ricevere input dall’esterno e a reagire di conseguenza. Pochi di noi usano già questi strumenti, ma probabilmente il numero crescerà in modo considerevole.

Quello che sta per succedere, però, è che stiamo arrivando alla vista, che è quella che ci interessa forse di più. Appare evidente che il prossimo step della tecnologia dei sensori, dell’indossabile, dell’interazione riguarderà qualcosa che metteremo davanti agli occhi, e non potrà non coinvolgere / stravolgere il mondo dell’immagine, della fotografia, del video, dell’informazione visuale. Occhiali “intelligenti” se ne sono già visti (per esempio i GoogleGlass, ora migrati verso applicazioni specialistiche), caschi di realtà aumentata, virtuale e specialmente Mixed Reality (al momento dominata in particolare da Microsoft con la tecnologia Hololens), ma una indicazione ben chiara sta puntando al 2020 come anno di partenza di un fenomeno di massa più forte. Ci sono tracce nei nuovi sistemi operativi mobile appena lanciati (per esempio su iOS13) che dimostrano che qualcosa sta arrivando, e sarà di sicuro impattante. Non è un allarme, è un segnale però che va colto: oggi cosa sanno i professionisti dell’immagine di quello che si sta progettando in ambito Realtà Aumentata e Virtuale? Per molti, si tratta di gadget e di giochi di poco interesse, ma non sarà così che il mercato lo percepirà, anzi. La vicinanza con i giovani, ogni giorno, ci conferma che ormai le nuove generazioni vivono una “realtà” che non prescinde dal “virtuale” (i termini andrebbero aggiornati), la loro vita dentro lo smartphone è ben più vivace di quello che è quella esterna, quella “vera”, e la possibilità di “entrare” ancor più nella realtà dello smartphone o, ancor meglio, portare la realtà “virtuale” nel mondo reale sarà un valore percepito fortissimo. Per ora si gioca con “effetti speciali” come Spark, piattaforma per creare filtri per Instagram sviluppato da Facebook, ma le potenzialità sono sempre più ampie e, torniamo a dire, una volta che questo mondo “aumentato” sarà disponibile usando non più una finestrella limitata come uno smartphone, ma sarà accessibile semplicemente aprendo gli occhi (con dei leggeri occhiali, magari dal look alla moda) allora la fusione tra i due mondi sarà completa.

Inutile dire che la realtà aumentata, che passa dagli occhi (come la fotografia, come il video e come tutta la comunicazione quotidiana che ci raggiunge e sulla quale i professionisti che leggono questo sito vivono e guadagnano) non richiederà solo una fruizione localizzata, ma potrà essere condivisa: sia inviando la nostra realtà “nuova” verso altri utenti (quindi ovviamente saremo sempre più connessi e questi strumenti, chiamiamoli SmartGlass, avranno quindi strumenti di connettività, probabilmente 5G per non avere limiti), sia permettendo di lasciare tracce di “noi” per chi passerà nello stesso posto nel futuro… pensate ai detriti che rimarranno dei contenuti digitali “nell’aria”, servirà una legislazione ad hoc, ma ci penserà ancor prima il marketing che “venderà spazi” a costi proporzionali a posizionamento del proprio contenuto: nella piazza centrale di una metropoli costerà uno sproposito e potrà esserci solo la Coca Cola e simili, nelle periferie sarà più economico, fino forse a diventare gratuito per le zone che sono disastrate, un po’ come quelle che oggi vengono abbellite con i graffiti.

L’ultimo avviso su questa evoluzione però riguarda, ancor più nello specifico, il mestiere di chi “cattura” il mondo per poterlo raccontare, mostrare… il fotoreporter, il videomaker… quelli che magari si occupano di street, di cronaca, di cultura. Quelli che, negli anni, ci hanno mostrato il mondo esterno, magari lontano o ancor più spesso semplicemente non notato a causa della distrazione delle persone, o della loro scarsa sensibilità. Bene, inutile dire che questi strumenti avranno la possibilità di “riprendere” la realtà, quello che si guarda potrà essere memorizzato, elaborato, distribuito. Il mondo diventerà un universo di videocamere che, indossate da chiunque, potranno catturare e trasferire qualsiasi immagine? Quali saranno le conseguenze non solo per il nostro mestiere, ma anche per la privacy, per il diritto di non essere sempre e comunque “on the air”? Certo, ci sono già esempi di tutto questo, per esempio gli Spectacles3 di Snap, occhiali che riprendono la realtà grazie alle videocamere inserite nella montatura, e che al momento permettono di “avvisare” che si sta riprendendo perché si illuminano quando in azione, ma ovviamente tutto questo sarà superabile come limite tecnico facilmente, e sono comunque solo un gioco, al momento. Senza considerare i droni che sempre più possono volare sulla nostra testa e riprenderci in tempo reale.

Il futuro offre uno spaccato di opzioni e di preoccupazioni sulle quali riflettere: quello che siamo, quello che è il nostro mestiere, quello che vogliamo che possa essere il nostro mondo, e se lo vogliamo proprio così come ce lo stanno disegnando. Nel frattempo, magari potreste ordinare per ricevere o scaricare l’autobiografia di Edward Snowden, uscita in anteprima mondiale contemporanea in tutto il mondo il 17 settembre. Così, solo per farsi un’idea ancora più precisa…

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