Jumper

San Tommaso, il mondo digitale non ha bisogno di toccare per credere

Questo è il primo Sunday Jumper che scrivo usando Buzzword, ancora in beta. E’ un programma di editing di testo che funziona on line, acquisito da Adobe circa un anno fa (e già allora lo usavo, ma così, solo per studiarlo) e che ora è diventato il mio strumento di scrittura preferito. Fa parte della “dotazione” del neonato sito Acrobat.com che è uno spazio gratuito per aprire i nostri orizzonti digitali e che si abbinerà presto allenuove versioni di Acrobat (è stata appena annunciata la versione 9, che davvero è un passo un avanti nella condivisione e nella interazione digitale, per l’azienda, ma anche per i creativi come voi, come noi). Su Acrobat.com è possibile avere uno spazio di 5 Gb per inserire files da condividere (o anche solo per averli on line e quindi poterli raggiungere da qualsiasi computer e da qualsiasi luogo, basta avere una connessione Internet), ma anche creare una condivisione audio video con altre persone usando Adobe ConnectNow, condividendo il proprio schermo e interagendo in vari modi: testo, voce, video.

Cosa ha Buzzword che mi piace? Prima di tutto, il tasto “share”. Scrivi un documento e, invece che inviarne una copia – che rischia l’invecchiamento un secondo dopo: ti accorgi che hai scritto “casa” al posto di “coso” e il file che hai mandato perde di valore – dici a chi vuoi “Hey… ecco il file, puoi leggere e se vuoi commentare o addirittura correggerlo”, a seconda dei diritti che vogliamo dare al nostro utente (co-autore, revisore, lettore). Se lo invio a qualcuno, posso continuare a scriverlo o correggerlo, dall’altra parte chi legge lo vedrà in tempo reale nella sua versione più nuova. E, volendo, può interagire, commentare, correggere. Si lavora insieme, in sincrono, sullo stesso documento, se si vuole.

La seconda cosa che mi piace, è che io posso esportarlo sul mio computer, se voglio. Ma ormai, nella mia testa, il “mio computer” è la rete, è un concetto che va bel oltre all’oggetto fisico. Se ti rubano il PC, o se ti cade, o se si rompe l’hard disk, se ti accorgi mentre sei a Roma che il file non lo hai portato dietro… lo trovi sempre on line.

La terza cosa è che finalmente posso fare delle tabelle in modo semplice ed efficace… con un approccio che non richiede un manuale, ma si capisce al volo. ;)

Quarta cosa, è che… è bello: un’interfaccia minimalista, e splendida, chiara, “ergonomica”.

Sapete qual’è l’elemento che non rientra nelle priorità in questa scelta? Il fatto che sia gratuito. Ovvero: è così bello, così dannatamente più evoluto degli altri editor di testo (anche a pagamento) che ho sul mio computer che non avrei dubbi: lo userei anche se dovessi pagarlo. Invece è gratis: ottimo, il mio portafoglio è felice, ma non è questa la motivazione che mi porta ad usarlo.

Dell’argomento software on line abbiamo parlato spesso, e in era non sospetta. Sul Sunday Jumper, e anche durante diversi convegni: abbiamo cercato di trasmettere il concetto che sta dietro questa rivoluzione, che prima è stata sviluppata da piccole software houses, che poi sono state assorbite (a volte copiate) dai grandi: Google, in primis, e poi Adobe. Tra qualche ora (lunedì) Steve Jobs annuncerà non solo il nuovo iPhone, ma anche la disponibilità del nuovo aggiornamento software che aprirà nuovi orizzonti per questa piattaforma. Anche del discorso “gratuito” abbiamo parlato, in occasione del libro “Free” di Chris Anderson, direttore di Wired: va valutato che oggi la scelta delle persone non è necessariamente legata al valore che devono sborsare, che si può guadagnare (e tanto) regalando prodotti di valore e, al tempo stesso, che regalare non è sufficiente per avere la garanzia che quello che offriamo (gratis) verrà poi necessariamente utilizzato e fruito: lo si vede con le riviste freepress, che stentano a trovare un equilibrio economico anche perché non è un dato sicuro quello dell’attenzione del pubblico, e di conseguenza gli inserzionisti – che sono coloro che pagano – sono titubanti nell’investire. Chi fruisce di un bene gratuito, non per questo accetta facilmente compromessi: ha capito che il valore, la sua attenzione, va conquistata con grandi sforzi.

Se non vogliamo parlarvi di software on line, se non vi vogliamo parlare di rapporto tra gratuito e a pagamento, di cosa diavolo vi vogliamo parlare? Della difficoltà di cambiare. Della capacità da alimentare ed allenare all’accettare nuove idee. Il software che sto usando per scrivere apre orizzonti nuovi, ma crea preoccupazione: si perde l’appartenenza ai propri beni: anche quando sono digitali (software, files, dati), se ne possediamo lo spazio sull’hard disk, sappiamo che li possediamo. Se invece sono là fuori… nell’oceano sconfinato della rete, su server che nemmeno conosciamo, comincia a crescere l’angoscia. Ci si domanda… ma dov’è il nostro lavoro, non posso toccarlo, non posso verificarlo… non è mio. Siamo ancora all’era in cui, per far capire la differenza tra supporto e contenuto digitale, prendevo un CD (poi diventato un DVD) e durante i convegni lo buttavo per terra, lo rompevo… per far capire che il supporto è analogico, se cade non è digitale, se si rompe con le mani non è digitale. Ora siamo ad un passo più avanzato, e non riguarda la forma dei dati, che ormai è chiaramente digitale, non si spediscono più CD o DVD, si manda tutto via rete. Quello che deve diventare digitale è la nostra mente, che non si abitua a vivere senza certezze analogiche: abbiamo sostituito i CD con gli hard disk, nella nostra mente. Il digitale è un dato che non riusciamo ad accettare, noi esseri umani: qualcosa che non ha una forma solida, che non pesa, che non possiamo toccare, che non possiamo possedere, quindi…

Di un bene digitale (che sia il testo sconclusionato che sto scrivendo, oppure che sia una foto appena scattata) quello che conta è che possa essere recuperato, ovunque, che possa essere condiviso con chiunque (o con tutti coloro con i quali vogliamo condividerla). Che non sia ancorato ad un luogo fisico, ad un imbuto che ne restringe le potenzialità. Difficile da accettare, vero? Abbiamo bisogno di sicurezze, vero? E se poi si perde? e se poi ce lo rubano? Sono deboli, queste sicurezze che cerchiamo, e che non ha senso più cercare. I San Tommaso, nell’era digitale, saranno coloro che – per voler toccare con mano – non riusciranno ad uscire dai propri confini, e rimarranno alla deriva, in un passato che usa schemi e atteggiamenti che non saranno presto più coerenti con la rivoluzione in atto.


Buona settimana, a presto!

di Luca Pianigiani

*** Attenzione: nella mail di presentazione di questo Sunday Jumper abbiamo parlato, tra gli altri, di un link per provare un software interessante Open Source per l’elaborazione delle immagini. Solo che abbiamo sbagliato il link… scusateci. Si parlava di un software chiamato Blumarine, e il link è il seguente:http://bluemarine.tidalwave.it/ ***