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Questo è (o non è) un Paese per vecchi?

Dovete scusarmi, ho dei punti deboli (tanti, a dir la verità). Uno di questi è Sanremo: da giovane, i primi lavori da fotografo sono stati nell’ambito della discografia (complice un amico di famiglia che lavorava alla Ricordi e che mi ha dato qualche piccola opportunità iniziale) e poi sono un appassionato di musica, avrei voluto vivere scattando fotografie per copertine di dischi, poi – forse non lo ammetto – avrei tanta voglia di fare il produttore musicale. Insomma, Sanremo è parte della mia vita, e nella settimana del Festival non ci sono per nessuno, lo seguo con attenzione, ma ovviamente non certo senza senso critico. Sono contento che abbia vinto Roberto Vecchioni, perché ha dato un segno di qualità, anche se sono più attratto da sempre dalle voci femminili, che popolano la mia discografia, con un rapporto tipo 9,5:1, ma d’altra parte le donne in questa edizione non hanno mostrato grandi cose, se proprio interessa apprezzavo Nathalie, ma forse perché coi capelli rossi al piano mi ricordava un po’ la mia adorata Tori Amos, trovo sempre interessante la vocalità di Giusy Ferreri, ma a tratti mi infastidisce, trovo discutibili le scelte di Anna Oxa che si concentra così tanto sul look da dedicare troppo poco tempo alla scelta dei brani (una voce così… meriterebbe autori migliori) e trovo che l’unico pregio della canzone della Tatangelo è la possibilità di dare del “Bastardo” a qualcuno facendo finta di canticchiare la sua canzone.

Non siamo qui a parlar di musica, però. Il pensiero che abbiamo fatto e che vogliamo condividere con voi, è che sul palco di Sanremo hanno trionfato due 67 enni (Vecchioni, appunto e Al Bano) e un 66 enne (Morandi). Hanno relegato la corazzata dei giovani (in particolare i Modà con Emma, che più o meno tutti insieme come gruppo hanno quasi meno anni del vincitore) a delle comparse, sebbene ampiamente supportati da una tribù di ragazzini e ragazzine che vivono a pane e televoto. Cos’è successo? Siamo diventati (o siamo sempre stati) un Paese di vecchi? I “vecchi leoni” alla fine sono più forti dei cuccioli? E quanto questa sensazione può essere affiancabile al nostro mercato della fotografia?

Diciamolo: la fotografia professionale in Italia è tendenzialmente “datata”. Ci sono tanti giovani, non c’è dubbio, ma il tessuto professionale è fatto principalmente da persone che hanno un’età vicina o superiore alla mia (sob… sono un “vecchio”). Che sono nati con la pellicola, che hanno sofferto il “passaggio” al digitale, che si sono dovuti scontrare con le evoluzioni di un mercato e anche con strumenti della tecnica che non avevano molto con le basi della loro conoscenza iniziale. Che tendono a vestirsi con un gilet color kaki, che amano definirsi più “artisti” che non “imprenditori”. La proporzione tra “Vecchioni” (inteso come il vincitore di Sanremo, il “professore”) e “Kekko+Emma” (il vocalist dei Modà e la vincitrice di Amici) è fortemente a favore del primo, e questo non è necessariamente un difetto, a meno che non si traduca in “vecchiume” quella che dovrebbe essere “esperienza”. Cosa ci “insegna”, al tempo stesso, il risultato di Sanremo? Che Vecchioni ha vinto, con il 48% dei voti, e che i “ragazzi” sono arrivati secondi con il 40% (Al Bano, voto “geolocalizzato”, ha preso solo il 12% del totale dei votanti, quindi conta poco in questa analisi); significa che il Paese è spezzato in due: chi apprezza lo spessore della cultura di Vecchioni e chi invece è dalla parte di un linguaggio fresco e diretto dei Modà+Emma. Possiamo dire, quindi, che c’è spazio sia da una parte che dall’altra, e crediamo che sia una bella metafora del mercato globale: un pubblico giovane che consuma sensazioni molto velocemente, e un pubblico più maturo che cerca spessore ed esperienze che possano durare nel tempo.

Se parliamo di mercato, però, dobbiamo capire qual è il peso globale: se più o meno il pubblico si divide a metà tra questi due estremi, lo stesso non si potrà dire per quello che riguarda il valore economico: al momento su iTunes i Modà sono primi e Vecchioni secondo nei singoli, quindi invertiti rispetto alla premiazione del Festival,  ma negli album Vecchioni è solo al 5 posto, e siamo pronti a scommettere che in termini di fatturato non ci sarà confronto: i Modà vinceranno alla grande (pur con una canzone di minore spessore). Dove vogliamo arrivare? Al fatto che se pensiamo alla nostra professione come ad una missione artistica e creativa, allora esperienza, sensibilità, nicchia sono tutti elementi vincenti; se intendiamo per “professione” l’ottenimento di un fatturato adeguato (soddisfacente), allora dobbiamo andare incontro ad un pubblico più ampio e che parla una lingua diversa. La cosa peggiore da fare, però, è pensare che si possa essere “giovani” semplicemente scimmiottando i giovani, facendo i “ganzi” su Facebook o vestendo in modo sgargiante, si rischia di essere patetici quasi come i giovani che cercano di darsi spessore “scimmiottando” artisti che hanno maturato la loro sensibilità in decenni passati a studiare, ad osservare, a crescere culturalmente.

Il mercato è complesso, sempre di più, e ha bisogno di Vecchioni e dei Modà… uniti. Intelligenze giovani unite ad esperienze e cultura vera. Trovando percorsi che non sono “a metà” (nella metà non c’è nessuno, solo gli indecisi che poco contano…proprio perché sono indecisi), ma che comprendono entrambi questi due approcci. Sogno titolari di studi fotografici di esperti di fotografia, capaci e colti, che trovano collaborazioni con giovani che possono portare nuovi stimoli, nuovi approcci, nuove modalità di venire incontro alle nuove leve di utenti. O… il contrario.

Lavorare ad un progetto comune tra vecchi e nuovi leoni potrebbe essere la strada per far crescere questo mercato che ne ha tanto bisogno, per crescere e anche per diventare un po’ più stimolante… è troppo deludente vedere appiattimento e occasioni non sfruttate. Dai… “stiamo uniti”, come diceva Morandi (ok… meglio nell’imitazione di Luca e Paolo, tra l’altro uno ha il mio nome e il secondo i miei capelli… speriamo sia un segno positivo!).