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Pinterest: opportunità o fuso appuntito e avvelenato per il mercato della fotografia?

Uno dei fenomeni più interessanti della rete si chiama Pinterest. E’ un fenomeno che seguiamo con un certo interesse da circa un anno, e la motivazione è logica: prima di tutto, seguiamo qualsiasi manifestazione che interessa la rete, perché è ovvio ormai che da molte di queste tendenze nascono poi fenomeni di rilevanza culturale. E poi, non serve dirlo, Pinterest è un social network che ha nell’immagine il suo punto di contatto: si selezionano oggetti che ci piacciono, foto di persone, vestiti, scarpe, scatole di carta, penne, monete antiche… e si pubblicano, condividendole con amici e conoscenti. Il fatto di mettere on line immagini “descrittive” (oltre che emotive) porta a trovare persone che condividono i nostri gusti, che ci possono segnalare cose simili e poco importa se si parla una lingua diversa: bastano le immagini, nella loro potenza comunicativa, per capirsi.

Inutile dire che questo fenomeno “fotocentrico” merita tutta la nostra attenzione e i motivi sono diversi: prima di tutto, ancora una volta si tratta di un fenomeno che è esploso attorno al mondo della fotografia, ma non è nato da dentro questo pianeta, e per di più sono proprio poche le persone che – “operatori del settore fotografico” – se ne stanno interessando fattivamente, siano questi fotografi, aziende, centri culturali o riviste di settore, perlomeno in Italia. In effetti, è davvero “intelligente” snobbare milioni di utenti che ogni giorno si scambiano, postano e ricercano immagini….

C’è un secondo punto… in questo “ambiente”, specialmente negli USA, il pubblico è in gran parte femminile. Questo significa che le donne (ragazze, ma non solo) sono interessate e molto alla fotografia e ai social network, con un approccio più pratico rispetto ai “colleghi maschi” che tendono ad appassionarsi più agli aspetti degli oggetti che non delle funzionalità (discutono di macchine e obiettivi, non di risultati). E il mercato non è pronto per rivolgersi correttamente al pubblico femminile, servono azioni e un marketing orientato verso questo pubblico, in grande crescita dal punto di vista dei numeri.

Questi due aspetti, che forse avrete distrattamente letto qui e là sui giornali e sulle riviste di larga diffusione (a caccia di qualche argomento cool per riempire le pagine), sono importanti, ma ce ne sono altri, che sono molto più orientati al pubblico professionale, a coloro che della produzione delle fotografie hanno fatto un mestiere. Perché? Uno dei motivi è che le aziende stanno lavorando attivamente per trasformare Pinterest in uno strumento per comunicare e proporre il loro brand, prodotti e filosofia forse ancora più potente di Facebook (in molti si stanno accorgendo del caos e il basso livello di contenuti di Facebook, che non a caso sta lavorando per affinare alcune sezioni per renderle più appetibili  ad un pubblico professionale (e specialmente “monetizzabile”). I fotografi avveduti, quindi, potrebbero attivarsi facendo proposte finalizzate alla produzione e veicolazione di immagini su questo canale. Qual è il rischio? Quello della “condivisione” eccessiva di questi contenuti visuali, almeno nella logica più tradizionale del “diritto d’autore”: le persone, su Pinterest ancor di più che su altri social networks, prendono, copiano, distribuiscono, ridistribuiscono immagini dalla mattina alla sera; appare ovvio quindi che la logica con cui vengono “rilasciate” queste immagini dovrebbe essere (ed è) molto più aperta e “easy”.

Alcuni fotografi, lo sappiamo, storceranno il naso, qualcuno dirà: “basta che qualcuno mi paghi” (e in questo caso pensa alle aziende che desiderano farsi “pubblicità” in questo modo, e qualcuno addirittura capirà che questa soluzione potrebbe essere un’eccellente mossa per farsi conoscere come produttori di immagini, e quindi iniziare a inserire immagini di forte impatto che possano poi fare riferimento a noi, portando traffico al nostro sito e – si spera – a trovare nuovi clienti). Lo so, qualcuno dirà che tutto questo è solo una perdita di tempo, ma è bene capire che i territori come YouTube, Flickr e Myspace sono diventati da anni canali dove si cercano nuovi talenti, alcuni di questi sono diventati famosi e hanno trovato spazi interessanti dal punto di vista professionale. Il problema è che i fotografi sono molto distanti da una visione di marketing dal sapore innovativo (stiamo preparando un programma di consulenza personale che prevede di analizzare le esigenze specifiche dei professionisti che ce lo richiedono: se siete interessati, contattateci per poter avere garanzia di poter rientrare in questa prima fase del servizio).

Pinterest è così importante che sta deviando non solo le attenzioni, ma anche le strategie della maggiore realtà di vendita di immagini: il co-fondatore e CEO di Getty Images, Jonathan Klein, ha recentemente rilasciato una dichiarazione video al sito TechCrunch che ha sconvolto quasi tutti: in pratica, Klein ha segnalato una apertura per un uso più allargato delle loro immagini per gli utilizzi “non commerciali”, per studenti che devono fare ricerche scolastiche, o per scaricare delle immagini per uso personale, o per la condivisione proprio sui social network come Facebook e appunto Pinterest. Sembra una dichiarazione che avrebbe potuto fare qualcuno della Creative Commons o addirittura della EFF, ma invece arriva dal “lato” che fino a poco fa dichiarava esattamente l’opposto. Questo deve far riflettere: qualcuno non è d’accordo, e ci sono anche buone motivazioni, ma al tempo stesso è un segno dei tempi, il mercato dell’immagine deve maturare, uscire dal suo guscio e dalle sue paure (infondate, più che altro perché non ci sono mai state adeguate protezioni).

Pinterest e quello che verrà non sono un pericolo, ma un’opportunità da sfruttare; ci sarà molto più da guadagnare che non da perdere, ma bisogna sapere  come muoversi, imparare a conoscere, seguire percorsi adeguati. Altrimenti il rischio che possa trasformarsi in una strega pronta a colpirvi con il suo fuso avvelenato che vi addormenterà definitivamente c’è, e non si sta parlando di futuro… ma di un presente vicinissimo.