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Nuove riviste, nuove opportunità e (a volte) vecchie furbate: come valutare al meglio le occasioni dei media digitali

L’editoria digitale sta risvegliando un mercato assopito, e sta cercando di aprire spazi ed opportunità. E’ interessantissimo per i fotografi professionisti, così come per gli illustratori, per i creatori di contenuti multimediali, per i giornalisti: in breve, per tutti i “creatori” di contenuti e di creatività. Si sta passando da una recessione ad una fase di crescita, che pur nella sua fase pionieristica è appassionante e positiva.

Chi ci segue, sa bene che di riviste e pubblicazioni digitali siamo fanatici, e – consentitecelo – anche abbastanza esperti. Dal 2003 abbiamo interrotto la stampa della nostra rivista Jump e ci siamo dedicati allo studio e allo sviluppo di pubblicazioni digitali. Abbiamo creduto e crediamo fermamente in questa evoluzione, e non certo da quando è nato l’iPad nella “realtà”: abbiamo visto nello schermo (monitor, tablet, cellulare, smartphone) il media dello sviluppo di quelle attività editoriali che non potevano e non potranno “permettersi” la carta, da tanti anni ormai.

Crediamo che sia arrivato il momento di credere seriamente che le pubblicazioni digitali possono diventare un mercato e un potenziale economico concreto, e non più sperimentazione creativa fine a sè stessa, oppure come soluzione di produzione underground, da “garage”, di prodotti costruiti senza risorse. E parlando di questo rafforzamento economico, parliamo di tutto l’ecosistema: di chi la edita, di chi ci lavora internamente, di chi collabora con i propri contenuti.

Oggi sono tantissimi i professionisti che bussano ancora alle porte degli “editori veri”, quelli che pubblicano riviste cartacee, che le distribuiscono in edicola, che hanno un ruolo “ufficiale”. E’ ora di guardare anche oltre, e valutare tutte quelle realtà che cercano di farsi spazio con prodotti digitali, innovativi finora per la loro veste “tecnologica”, ma che sempre più dovranno confrontarsi con il fatto che la tecnologia è ormai matura, e quindi il differenziale e il successo non sarà dato dal diverso “format” tecnologico, ma dal valore dei contenuti. E, si sa (o si dovrebbe sapere), il valore è da remunerare correttamente.

Purtroppo la cultura digitale ci ha portato non solo opportunità, ma anche delle vecchie (trasformate da nuove) furbate: quella di voler far passare che vedere il proprio lavoro pubblicato è già una ricompensa sufficiente. Come sei fortunato, prendiamo il tuo lavoro, lo pubblichiamo, mettiamo il tuo nome… che vuoi di più? Quando la proposta non è così diretta, ci si affida a trucchi ancora più biechi: un bel concorso “social”, che porta i creatori di idee a proporre idee, a dare autorizzazione all’uso delle proprie opere, seguendo il filone dell’UGC – User Generated Content – dove nel nome dell’apertura mentale e della creatività che si propaga sul web si prende un sacco di contenuto e lo si usa gratuitamente. Bisogna valutare reali e concreti vantaggi (a volte ci sono, spesso no) di queste forme di “furbizia”, così come bisogna analizzare con grande attenzione i cambiamenti dei contratti che gli editori “grandi” stanno attuando: una volta si dava la liberatoria per la stampa sul numero di una rivista, ora bisogna accettare l’allargamento agli “altri media”: questo è quello che sta accadendo, e che sta preoccupando: per esempio alcune agenzie fotografiche americane, specializzate in foto di “celebrità” sono scese sul piede di guerra con People (Time Inc.) chiedendo entrate integrative per la versione iPad della rivista (recentemente apparsa sull’AppStore). Oggettivamente, è lecito pretendere una fetta di un business – quello dei periodici interattivi – che, secondo alcuni stime di Next Issue Media, dovrebbe raggiungere  negli USA i 3 miliardi di dollari di valore nel 2014. Secondo studi IDC, Gartner, NIM/Oliver Wyman, tra quattro anni avremo, solo negli USA, una base installata di 40 milioni di Tablet e bel 131 milioni di “Touch-smartphones”, e quindi è bene non sottovalutare il fatto che sarà questo il territorio del nostro prossimo futuro; regalarlo oggi significa regalarlo per sempre, anche quando sarà un vero mercato e non solo una promessa.

Potrei chiudere il SundayJumper qui, e prendermi gli elogi dei molti che trovano – giustamente – parole sante quelle della difesa del proprio mestiere, del far riconoscere il giusto valore, e così via. Devo, però, andare avanti, col rischio di vedermi tirare dietro (o davanti) più pomodori che fiori. Devo, perché la cultura digitale impone una visione allargata, intelligente e… colta.

Da domani, siate pronti a difendere – sempre col sorriso sulle labbra, ho paura che il muso duro in questo momento di mercato complicato non sia una strategia vincente per continuare a lavorare – il fatto che se aumenta la diffusione tramite nuove modalità “digitali” delle riviste con le quali collaborate, andrebbe riconosciuto a voi un contributo, una quota integrativa. Al tempo stesso, il motivo per cui abbiamo scritto questo post è perché siamo positivamente stupiti di quante opportunità esistono oggi per chi guarda oltre alle realtà consolidate. Non è affatto sicuro che i “grandi editori” saranno davvero in grado di governare ed essere protagonisti di questo futuro dell’editoria digitale: è già successo con il mondo dell’industria che certi valori si sono persi e altri sono cresciuti: pensate a quello che era la Kodak venti anni fa e quello che è oggi… oppure quale era il valore dell’industria discografica prima dell’avvento dell’iPod e di iTunes.

Vogliamo dire che è doveroso trovare un percorso da condividere nell’evoluzione digitale con i grandi editori, ma dobbiamo iniziare a guardare ai “nuovi” con grande attenzione: sono piccoli, ma si muovono veloci, non hanno grandi difficoltà (come invece ce li hanno i grandi editori tradizionali: problemi di ordine sindacale, protezionismo delle versioni cartacee, flussi che devono integrarsi e non rivoluzionare l’interno delle redazioni) nello sviluppare nuovi prodotti e nuovi progetti. Magari non sono in grado oggi di offrirci grandi ritorni economici, ma possono avere davvero bisogno di noi per crescere, e potrebbero essere strategici oggi per raggiungere obiettivi importanti. Trovare collaborazioni, offrire sinergie, proporre progetti: come fare? Beh, per esempio, bisognerebbe almeno conoscerle queste realtà… e c’è di fondo troppo spesso una certa pigrizia da parte dei professionisti italiani, una buona dose di diffidenza per tutto quello che è nuovo  e che “non si può toccare”, per qualcosa che non sembra troppo “cool”. Per fare un esempio, la redazione di Wired USA era (forse è ancora…) in un palazzo che quasi cadeva a pezzi, ci siamo stati. Le scrivanie erano tavolacci di legno, non era una sede e una realtà “elegante”, ma quei ragazzi hanno rivoluzionato lo stesso il mondo.

Conoscere, proporre, aprire la mente, sperimentare: questi sono elementi importanti, non solo il tentativo di difendere il proprio operato con i clienti che ci conoscono. Da dove partire? Per esempio, un buon territorio di esplorazione è quello degli “aggregatori” di magazine digitali: Zinio, Issuu, MagCloud, che si trovano anche come APP per  iPad (a parte Issuu, annunciata da tanto, ma non ancora disponibile) e che quindi consentono di cercare e scaricare le riviste da loro “gestite”, ma anche realtà meno blasonate, eppure ricche di stimoli come PDF-Mags che propone tantissime testate “fresche” e piene di “ispirazione”. Oppure si possono cercare realtà online come la fantastica ZooZoom, una proposta nel mondo della moda davvero incredibile nella qualità e nell’originalità. E’ realizzata in Flash, si può vedere a pieno schermo ed ha un’interattività ben strutturata. Altre realtà, scoperte di recente, sono Mirrin, PushitMagazine, SketchBookMagazine… ma solo per fare degli esempi che non vogliono essere qualitativi o esemplificativi in assoluto, ma solo segnalazioni che mostrano quanto sia ampio il mondo dell’editoria digitale e quanto stia crescendo senza che noi, potenziali collaboratori di queste realtà, ne siamo all’oscuro. Se avete un iPad, ce ne sono tante: tra queste, vi segnaliamo per esempio Iconist e Net-a-Porter.


Trovare il giusto equilibrio tra il muoversi con attenzione, senza troppa passionalità, ma anche senza eccessiva diffidenza e senza eccesso di “presunzione” non è facile. Imparare a percepire dalle sfumature, anche nella “fredda” comunicazione digitale tramite email, tramite una form su un sito, tramite Twitter o Facebook, è fondamentale, per guadagnare e mettere a frutto quella sensibilità necessaria per distinguere tra proposte di qualità da cogliere al volo e furbizie dalle quali tenersi lontani. Per farlo bene, bisogna esplorare molto, interrogarsi continuamente, non pensare di essere sempre quelli “che sanno tutto“. Il futuro è sempre dietro l’angolo, non sapremo mai qual’è l’angolo giusto… se non provando. E magari collaborare con loro per portare avanti progetti di ricerca che magari le riviste e i media mainstream non sono pronti a “digerire”, o per fare sperimentazioni senza eccesso di stress (volete entrare nel mondo del video? Volete esplorare la strada del 3D da vedere con gli occhialini? Forse non potete impegnarvi con alcuni, ma potreste invece trovare spazi in realtà meno “blasonate”, ma che possono dare luce e diffondere la vostra creatività. Purché venga fatto con correttezza e vera sinergia).

Se conoscete riviste digitali innovative, interessanti, curiose, originali, e volete condividerle, ovviamente le segnalazioni nei commenti saranno ben gradite ed utili per tutti. Potremmo creare, insieme, un database di realtà editoriali, da tenere sott’occhio…