Jumper

New media, new Photographer? Io speriamo che me la cavo…

Premessa: il titolo riprende un famoso libro (bellissimo, lo trovate qui), non è sfuggito alla correzione di bozze!

In questa esplorazione di queste ultime settimane sul “futuro” dell’editoria abbiamo cercato di trattare gli argomenti guardando vantaggi e svantaggi (specialmente) di Kindle, e la discussione emersa portava a guardare l’oggetto e non il contenuto di quanto, nella nostra mente, rappresenta l’evoluzione dell’editoria digitale. Va forse detto però, prima di continuare questa discussione, il perché condividiamo questo argomento con voi. Apparentemente, si tratta di “off-topic”, ma perché ancora in questo settore della fotografia si tende a parlare essenzialmente del prodotto che si produce, e non di quello che “usa” il nostro prodotto. Insomma, si inizia e si finisce in un pianeta di cose che ci riguardano, poco importa se sono elementi che fanno parte di un ecosistema e che quindi dovremmo riuscire a comprenderlo meglio, per meglio adeguarci con la nostra offerta e la nostra sensibilità.

Malgrado questo, cerchiamo di allargare, ancora una volta, il discorso ai media e ai “contenitori” che usano i nostri “prodotti”. Abbiamo parlato di riviste, nella loro evoluzione futura. Qualcosa – lo abbiamo segnalato nell’ultimo commento al SJ della settimana scorsa – lo possiamo vedere in questo video, proposto da Time.

Non si tratta di una grandissima rivoluzione, ma di applicazioni già viste e già analizzate da qualche anno, che però stanno prendendo piede, non tanto o non solo perché le tecnologie sono mature, ma perché è matura la cultura digitale di una fascia di utenti. La mente, dobbiamo ricordarlo, è l’elemento più lento di evoluzione che dobbiamo subire. Qualcuno (Marco) ha fatto giustamente notare che questa esperienza di “rivista” non considera quasi per nulla il testo, anche se si mostra una funzione che abbiamo ipotizzato tempo fa anche noi sulla nostra rivista sperimentale D-Jump (ve la ricordate?): che testo e immagini possono essere gestiti in modo diverso, quando bisogna concentrarsi nella lettura gli “orpelli” spariscono, rimane solo il testo ben composto, nero su fondo bianco, quando si vive invece l’emotività della multimedialità sia meglio lasciare spazio all’immagine, fissa o in movimento, all’interattività, all’audio. Il punto che abbiamo messo in evidenza è che per vivere queste esperienze non è necessario avere un “oggetto apposito”, ma dovremmo scegliere indipendentemente come vogliamo fruire questi media. Stiamo andando verso un futuro che ci libera dagli schemi fissi: possiamo accedere alle informazioni da un cellulare, da un computer, dalla televisione, da quello che vogliamo. La scommessa, secondo noi, sta nel costruire mezzi di comunicazione non “dedicati” ad un supporto, ma flessibili, adattabili. Su questo, vi esortiamo a meditare, perché è tramutabile e trasportabile anche nel nostro lavoro quotidiano: cerchiamo di non produrre fotografie destinate ad un solo “utilizzo”, ma cerchiamo di guardare con lungimiranza a quello che succederà nel panorama dei prossimi anni: se saremo pronti e se saremo in grado di offrire soluzioni oggi per il futuro, saremo più avanti rispetto agli altri.

Kindle va bene per i libri? Forse, ma continuiamo a credere che non sia necessario avere un nuovo strumento per fare una cosa del genere. I libri digitali stanno iniziando la loro strada, e alla base di tutto ci deve essere l’ecosistema che si evolve: voi lo sapete che c’è una legge che dice che nel 2012 i libri scolastici dovranno essere tutti disponibili anche in versione digitale, oppure con delle “aggiunte” digitali, ma al tempo stesso che l’aliquota IVA dei libri scolastici cartacei è del 4%, mentre quello delle stesse pubblicazioni digitali è del 20%? Questo significa che la maggior parte del vantaggio economico del “non stampare e del non distribuire fisicamente” si perde. A questo si aggiunge il problema della “proprietà” di un bene digitale che rende la vita più complessa agli “utenti digitali”: quello che si compra, in formato digitale, teoricamente, non è cedibile, non è “rivendibile”, non può essere “regalato”. Un mercatino di libri digitali usati non è consentito, il passaggio del libro consunto dallo studio ad un cugino non è possibile perché si tratta di un illecito (e poi non si può “consumare” il libro digitale, ma questa è una finezza dialettica).

Vogliamo parlare di libri? Qualcuno ha insistito… facciamolo, e allora entriamo nel gineprario: teoricamente tutti i grandi nomi dell’editoria libraria vorrebbero creare una fidelizzazione tramite un lettore apposito e dedicato (come Kindle, per Amazon), imponendo una strada unica: comprate (o vi regaliamo, potrebbe esserci anche questa opzione, per il futuro…) il nostro reader, così poi comprerete libri solo da noi. L’ultima strada possibile di questo tipo, l’ultimo ticket di questo “spettacolo” l’ha strappato Apple con l’iPod. Ora non c’è più spazio: persino iTunes ha aperto la sua strada alla libertà: si possono comprare brani per l’iPod e usarli “addirittura” su Zune (il rivale quasi inesistente, by Microsoft). Il mercato ha bisogno di standard aperti (e ci sono: ePub, PDF…), ha bisogno della libertà di cambiare strada, di usare lo strumento di fruizione preferito, e questo può cambiare col tempo (e anche nell’arco della giornata): non possiamo ipotizzare di accettare che la nostra libreria digitale (di libri, di riviste, di musica) possa non essere fruibile da altri strumenti, che sia “progioniera” di un’unica “piattaforma”. Per questo dico (e non lo dico solo io, ovviamente!) che non voglio sentire parlare di device che creino binari obbligati, ma lo dico da cittadino digitale, da persona che vive questa evoluzione come uno strumento di maggiore libertà, e non di chiusura.

Allargando ulteriormente il discorso, vi consiglio di dare un’occhiata al nuovo portale de La7, che da qualche giorno ha aperto sul web la possibilità di fruire delle trasmissioni settimanali prodotta dall’emittente televisiva gratuitamente e con una buona qualità video, anche a pieno schermo. Non si è più vincolati dall’orario e dai giorni imposti dai palinsesti: si clicca e si vede Victoria Cabello quando si vuole, oppure i dibattici politici di Otto e mezzo o de l’Infedele. Tecnologia Adobe Flash che riesce a dimostrare la sua flessibilità e qualità di fruizione del video in streaming. Se volete, potete anche guardare la RAI, che ha scelto una tecnologia (difficile da credere…) Microsoft che si chiama Silverlight, ma il senso è simile. Perché la televisione sta sposando il web? Perché non si possono tenere confini e separazioni. Tra poco saranno disponibili televisori dotati di connessione internet, con chip che includeranno già la tecnologia Flash. La televisione, come l’intendiamo noi, non sarà più la stessa, il cavo non sarà più quello dell’antenna ma quello della connessione web. Stiamo andando verso quello che il progetto “OpenScreen” sta sviluppando: nato in casa Adobe, si è poi allargato e vede la partecipazione di Google, Intel, LG, Samsung, Cisco, Motorola, Nokia, Sony ed altri dal punto di vista della tecnologia, e editori del calibro di Burda, CondéNast, Comcast, Disney, MTV, NBC, New York Times ed altri per i contenuti (inutile avere gli strumenti, se poi non ci sono i contenuti!).

Lo so, in molti di voi diranno… grazie per la storia di fantascienza, ma io sono un fotografo, produco fotografie che finiscono su un album di matrimonio, oppure per un catalogo di bottoni… che me ne faccio di queste informazioni? Dimmi come vendere più foto di bottoni, dimmi come eliminare (anche fisicamente) il cugino dello sposo che ha una reflex più nuova della mia e quindi farò una brutta figura settimana prossima. Non vi stiamo raccontando fantascienza, vi stiamo dicendo che il futuro, a tutti i livelli, è legato al fatto di essere contemporanei, al riuscire ad anticipare – anche in piccolo – le tendenze della cultura e della fruizione della comunicazione. Di tutto questo, potrete prenderne una piccola parte, e farla vostra, senza per questo studiare il futuro del mondo. Sapere dove stiamo andando è il primo passo per sapere dove siamo, e dove vogliamo essere.

Il futuro corre, più veloce di quello che si immagina. Finora abbiamo parlato di cose che si discutono da tanti anni (anche se non qui, anche se non in Italia), ma sapete quello che sta eccitando di più il mondo della comunicazione? Una cosa che si chiama Augmented Reality (Realtà Aumentata), che consente di unire immagini virtuali alla realtà, creando una nuova realtà dove questi due mondi si uniscono in modo naturale. Ma c’è anche il linguaggio “nascosto” in un codice, come nel caso dei QR-Code, vi ricordate che ne abbiamo parlato, proprio qualche mese fa? Proprio in questo momento, mi sono scritto con una studiosa (ma anche artista) brasiliana, Martha Gabriel, che è alla biennale di Firenze, per presentare il suo lavoro, interessantissimo. Anche in questo caso, si parla di immagine… e noi – creatori di immagine – dove siamo? Il mondo dell’immagine scappa via, trova nuovi spazi, reali e virtuali, e noi abbiamo bisogno di capire… di studiare, di amare le nuove strade, almeno quanto amiamo quelle che sono passate. Ma se siete qui, condividendo con me queste parole e questa rubrica, vuol dire che siete dalla nostra parte, che ci credete anche voi, al futuro.