Jumper

Menù alla "carta"

Foto: ©Shutterstock/Roman Sigaev

In questo periodo, più del solito, si sta discutendo del valore della comunicazione su carta. Beh, per noi questo argomento è al tempo stesso attualissimo e antiquato. Siamo persone che credono nella comunicazione digitale, cercando di seguire però la logica, e non le frasi fatte: pensiamo che non tutto quello che è “cartaceo” debba trovare necessariamente un corrispondente altrettanto efficace sul monitor, ma quello che importa è capire quando il supporto è importante e quando, invece, diventa un vincolo: economico, distributivo, eccetera.

Quindici anni fa abbiamo fondato Jump, la nostra rivista “cartacea” e siamo partiti dalla carta e dalla tecnica di stampa: volevamo il massimo, perché all’epoca eravamo convinti che ci sarebbe stato futuro solo per le riviste cartacee che usassero al massimo lo strumento e il supporto; tutto il resto sarebbe diventato digitale. Oggi, sentire ancora discutere di questo punto, ci sembra che alcune persone al mondo non si siano mosse neanche di un millimetro, malgrado la rivoluzione che abbiamo vissuto. Ieri ho letto un post di un blog di un giornalista del Corriere, firmato dal giornalista Marco Pratellesi, che parlava di Kindle, il lettore di ebook di Amazon che è sulla bocca di tutti. Premesso che parlare di “blog” in questi casi è quasi un’eresia: gli editori hanno strutturato dei contenuti sotto il nome di “blog” per essere cool e al passo dei tempi, ma poi chi ci scrive lo tratta come se fosse lavoro “normale”, dalle 9 alle 5 dei giorni feriali: non a caso, i commenti al sabato e alla domenica non vengono pubblicati. Forse andrebbe detto, a editori e giornalisti, che i blog non sono questo. Ma fa niente: il problema è che dopo avere attratto con il titolo “Perché Kindle non funziona per i quotidiani” (senza punto interrogativo, trattavasi di certezza dichiarata), mi sono avvicinato per essere illuminato. Il motivo, secondo il giornalista, era il seguente: “perché la versione digitale non ha l’odore della carta“. Ma diamine, siamo ancora qui?  Gentile signor Pratellesi, mi perdoni, ma non ho resistito, e ho commentato (ma venerdi sera, forse lunedi entro ora di pranzo verrà approvato…)

“Gentile Marco, ho letto il suo post perché l’argomento rientra nella sfera degli interessi che seguo con grandissima attenzione. Comprendo l’approccio romantico, credo che forse sarebbe stato meglio riportare ad una visione “personale” e non ad una valutazione che sembra cadere dall’alto come una sentenza. Kindle, prima di tutto, non rappresenta l’editoria digitale, che ha molte più cartucce e potenzialità. Se vuole, in privata sede, oppure in un confronto pubblico se preferisce, potrei darle almeno 10 motivi del perché Kindle non “funziona” come lei dice nel titolo, e altrettanti 10 motivi per cui la carta verrà abbandonata per molte pubblicazioni, e ancora almeno 10 che invece possono dare un futuro alle riviste “fatte di carta”. Valutazioni serie, non ipotesi (ci vivo ogni giorno in questo ambito). Nessuna di queste valutazioni, pro e contro, sono legate al discorso “romantico” del profumo della carta, o meglio: non sarà questo il fattore determinante, se parliamo di mercato. Ci sono persone che amano il lato “feticista” per la carta, ma non è al centro della rivoluzione che abbiamo di fronte. Che ha aspetti affascinanti, che richiede un po’ più di impegno per cercare di capirlo, almeno tra persone che vivono di editoria, come lei che fa il giornalista. Per di più, per un giornale che ha dimostrato di credere moltissimo in Kindle (e, per i dieci motivi che citavo “contro Kindle” mi è difficile comprendere). Con stima, se vuole possiamo approfondire ;-)

Il concetto è che credere che il valore della stampa su carta, e questo vale sia per un quotidiano, per una rivista o per delle stampe fotografiche fine art, sia legata solo al feticismo delle sensazioni olfattive è davvero rimanere alla superficie della potenzialità della comunicazione. E proprio gli editori stanno accorgendosene, seguendo i passi giusti: è un esempio la nuova versione di Max, in edicola dal 28 ottobre, che ha ripreso il formato originale, più grande (235×335 mm) che aveva studiato all’epoca, 25 anni fa, Paolo Pietroni (uno che di editoria ci capisce, eccome!), perché la dimensione della pagina è un valore da sfruttare nell’editoria, perché l’evoluzione del digitale ci porta verso la fruizione piccola, verso la mobile communication che ha tanti vantaggi, ma non può essere “grande“, anche a causa dei tempi di connessione che devono privilegiare le informazioni e non la “forma”. Rimanendo in casa RCS, è stato annunciato un rinnovamento di “Sette”, il magazine settimanale del giovedi del Corriere, che promette a partire da settimana prossima, di dare tanto spazio all’immagine e alla sua forza (vedremo, ma detta così è una buona notizia). E poi ci sono le esperienze di Wired Italia (CondéNast) che sta facendo sue evoluzioni di stampa e di materiali e di tecniche sulle copertine che ci fanno un po’ scendere qualche lacrimuccia (Jump aveva sempre copertine create con tecniche complesse, per fornire un messaggio aggiuntivo, utile per chi faceva comunicazione). Il senso è che i sensi sono importanti… anche quello olfattivo, gentile signor Marco Pratellesi, ma non in quanto tale, non come elemento “subìto” ma cercato: un’essenza di profumo che si libera all’apertura di una pagina che parla di moda, l’odore della torta che si cuoce quando si parla di ricette di cucina sono armi che gli editori potrebbero sfrutturare, in un mondo “fisico” (ci sono le essenze che basta grattare per ottenere questa sensazione, da tanti anni…).



Come dicevamo nel commento (non ancora pubblicato), ci sono tanti motivi del perché Kindle, secondo noi, non è ancora la strada giusta per sostituire il quotidiano, e tantomeno riviste e pubblicazioni cartacee (ad esclusione di alcune), ma ci sono tanti buoni motivi del perché l’editoria diventerà presto digitale, nella maggior parte delle sue realtà: proprio pochi giorni fa, Adobe ha presentato la versione beta di AIR2, che sarà, a nostro giudizio, il ponte tra carta e digitale, e non a caso sono state annunciate funzionalità come il supporto al multitouch, che fa capire dove stiamo andando, no? Il fatto che il multitouch sia un argomento essenzialmente legato al Mobile, ma non sia stata annunciata la disponibilità di una versione mobile, non vi fa venire qualche dubbio…? Incongruenza o… strategia? Cose da annunciare particolarmente importanti? Ok, stiamo zitti, e attendiamo gli eventi.

Non tutte le riviste e i giornali comunque migreranno o integreranno contenuti digitali, perché il mondo si muove a due velocità (e quindi ci sono persone che sposano l’innovazione subito, e altri invece che ci mettono più tempo, e non ha senso violentarli, ma lasciare ad ognuno i propri tempi evolutivi), e poi perché, come detto, ci sono ALCUNE strategie che rendono la carta ancora la migliore esperienza di comunicazione, se usata con sapienza. Ma, lo ripetiamo, si tratta di strategia, non di qualcosa che speriamo possa non cambiare mai semplicemente lasciando tutto come è adesso. Forse alcuni dicono ancora che il bello dei dischi è il fruscio del vinile, ma nel frattempo siamo passati dalla rivoluzione del CD e dell’iPod. Ho appena scaricato il nuovo disco di Joss Stone che vi consigliamo vivamente per fare un regalo alle vostre orecchie; l’ho visto ieri in un negozio, ma nemmeno mi è venuto in mente di comprarlo “fisico”, ma mi sono collegato ad iTunes: più comodo, più economico, più ecologico, meno spazio fisico da occupare, meno polvere da togliere… Per quotidiani e riviste, se la fisicità non sarà importante e “esperienza gratificante”, sarà lo stesso. E’ così ovvio, da sembrare inutile da rimarcare.

Dal punto di vista nostro, di fotografi, è importante comprendere le strategie delle emozioni della comunicazione, e trarne vantaggio: se dobbiamo fare un portfolio “fisico”, perché questo è utile per creare l’esigenza di un contatto personale, dobbiamo stupire, emozionare: inutile fare un portfolio che costa un sacco di soldi e non regala nulla al fruitore sotto forma di emozioni. Facciamolo adeguato per stupire, facciamolo enorme, oppure facciamolo con materiali che viene voglia di toccare, facciamolo in modo da creare un’attenzione superiore a quello che si può vivere tramite un monitor: se il contenuto rimane uguale nella sua forza comunicativa sia nella sua veste fisica che digitale, allora… facciamolo solo digitale. Ingredienti, strategie, emozioni: questo è quello che serve.

Fate vostre le esigenze dell’editoria cartacea, ma non fate i loro stessi errori: non risparmiate soldi per fare versioni povere di sensazioni; se dovete risparmiare soldi, fate versioni digitali curate ed efficaci, concentratevi sulla qualità della presentazione (ovvero: perdeteci tempo e imparate a farle bene), e non sui supporti. Se invece volete creare sensazioni tattili, non accontentatevi di stampare: la carta, puzzolente o profumata che sia, non sarà sufficiente.