Jumper

Leica "inventa" la fotografia in bianco e nero digitale. Togliendo, senza aggiungere…

Leica ha annunciato un modello “speciale” della sua M9, figlia più recente della dinastia M, a telemetro, simbolo vero di un certo modo di intendere la fotografia: quella di “qualità”, quella senza compromessi e senza tempo, quella della Magnum e anche un po’ (tanto) di quelli con la puzza sotto il naso. Quella che ha nell’oggetto l’elemento più importante, anche sopra al risultato finale. Quella dell’effetto “plastico dello sfuocato” e del feticismo estremo. Questo nuovo modello, in tutto e per tutto analogo ai modelli precedenti, ha un dettaglio in più, anzi: uno in meno. Stiamo parlando del sensore, che non dispone del tipico filtro Bayer (quello che suddivide l’immagine nelle componenti blu, verde e rossa), ma è solo bianco e nero: si tratta della Leica M Monochrom. Una macchina definita giustamente di “nicchia“, ma che rappresenta secondo noi il perfetto simbolo di un mondo che ha delle radici profonde che bisogna capire se ci riporteranno al passato o se verranno finalmente sradicate per entrare in una nuova era.

Non scendiamo sulla voce relativa al prezzo (a spanne, 8000 dollari, solo corpo, ci sono automobili che costano di meno, ma è anche vero che inquinano di più…), ma su una strategia tecnologica che sembra studiata e disegnata per chi di tecnologia digitale sa poco, e si lascia influenzare dalle parole “che suonano bene“. Perché diciamo questo, ammettendo che non abbiamo provato questo apparecchio e quindi pronti anche a dichiarare – qualora ci sia consentita una prova reale – di avere fatto una valutazione errata? Perché se da un lato appare evidente che il filtro a mosaico che si occupa del colore genera una serie di problemi in termini di nitidezza assoluta e di elaborazione del segnale digitale, è però anche vero che un solo canale ha tutti i “difetti” nella riproduzione delle tonalità. Banalmente, se abbiamo una zona sovraesposta in ripresa, dove manca informazione, non sarà possibile in nessun modo recuperarla, mentre su una riproduzione a tre canali le informazioni perse in un canale si possono recuperare almeno parzialmente negli altri due. Vuol dire che tutto quello che abbiamo guadagnato in anni di Photoshop, con il miscelatore di canali, ci viene di colpo tolto, ci fa tornare indietro, ai filtri colorati davanti all’obiettivo (che tolgono – si sa – nitidezza) per ottenere riproduzioni delle tonalità, i contrasti e le densità desiderate. In un canale ci sono meno informazioni, rispetto a tre canali, e non il contrario come sembra trasparire dalle comunicazioni (e dagli articoli di comodo o da quelli superficiali). Insomma, vuol dire tornare indietro di vent’anni, con quali vantaggi? Qualcuno potrebbe applaudire, desiderando questo salto indietro ad un mondo precedente a quella che è stata un’evoluzione che non è stato in grado di gestire e dominare.

Non c’è nulla di sbagliato nel “voler tornare indietro“, ognuno segue il percorso che preferisce, sta di fatto che il digitale non è stato un peggioramento, ma un netto miglioramento della qualità dell’immagine. E anche questa unica possibilità della ripresa in bianco e nero è un limite non indifferente: non tutte le immagini possono essere riprodotte in monocromia, perché altrimenti un elemento/linguaggio si trasforma in un limite, anche creativo e comunicativo. Oppure una fuga dal contemporaneo, dal presente. Beninteso, io adoro – come forse gran parte dei lettori di Jumper – il bianco e nero, ma non posso considerarla l’unica forma di espressione fotografica. Ma forse Leica punta a farci comprare due fotocamere, una per il bianco e nero e una per il colore….

Forse la Leica MM porta qualcuno a pensare che è bello tornare alle “difficoltà”, che era meglio una volta perché il fotografo era necessario perché era in grado di garantire la qualità senza l’aiuto della tecnologia, ma questo è sbagliato perché il mondo non tornerà indietro e il fotografo non avrà bisogno di “diventare bravo”, la semplicità e la sicurezza di un risultato corretto lascerà loro più spazio per lavorare sul contenuto e sul risultato. Tornare indietro, complicarsi la vita (senza per questo raggiungere una qualità evidentemente e chiaramente superiore, questo è tutto da dimostrare)  non sarà un vantaggio, ma un limite, e saper esporre correttamente, senza errori non porterà a risultati migliori rispetto ad una “discreta” esposizione gestita correttamente in fase di elaborazione del Raw. Il flusso della gestione della resa su immagini a mono canale è e sarà molto più complesso di quello che si può fare oggi (e sempre più nel futuro) su un file composto dai canali di blu, verde e rosso. Vince chi ha più informazioni da gestire, un elemento più evidente rispetto alla rincorsa alla “nitidezza pura”, strada tra l’altro seguita – ma “semplicemente” togliendo il filtro Anti Aliasing e non creando un unico canale di riproduzione delle tonalità – da Nikon con la sua D800E. In passato – e ancora oggi, in qualche caso – dorsi digitali consentivano la riproduzione della resa del colore usando non il filtro a pattern Bayer, ma con tre esposizioni, una per ogni colore, e in quel caso la qualità non veniva influenzata da perdita di nitidezza. E poi, diciamocelo, dal 1976 quando questo filtro è stato sviluppato, ne è passato di tempo, e la tecnologia del trattamento dell’immagine digitale ha ottenuto dei risultati incredibili, gli algoritmi di demosaicizzazione hanno fatto miracoli.

Siamo sicuri che la Leica M Monochrom avrà estimatori, certo che appare una fuga dal mondo contemporaneo, che è una scelta non di chi sceglie un’alternativa, ma per chi vuole isolarsi, chiudendo gli occhi per non vedere quello che è successo. Mi domando perché queste persone non rimangono sulla pellicola, visto che nessuno li obbliga a fare un “grande passo verso il digitale”, non è obbligatorio specialmente se non si vuole confrontarsi con le problematiche del “mestiere” (se uno spende 10 mila euro per poter scattare delle foto solo in bianco e nero non ha bisogno di confrontarsi con le difficoltà del mercato, e probabilmente non fa nemmeno il fotografo per vivere). Una bella Leica M3, una bella pellicola (peccato, sia Kodak che Fuji hanno annunciato un sensibile aumento dei costi dei materiali sensibili) e il gioco è fatto. Il digitale non è fatto di “vincoli”; poche settimane fa Canon ha presentato un modello per fotografia astronomica, ma non è che fa solo foto astronomiche, ma “anche”… in pratica è una fotocamera normale con un qualcosa in più.

Il management di Leica non sbaglia nel fare uscire un prodotto così di nicchia, sarebbe bello sapere (ma non lo sapremo mai) quanti saranno i numeri reali di vendita (qualche migliaia? Meno?), probabilmente ci guadagneranno anche molti soldi, strizzando l’occhiolino ad un pubblico selezionato, che ama gli oggetti, più che la fotografia. Guardandola, non si può non essere affascinati da una Leica, dalla sua forma, dalla sua bellezza essenziale, dal mito che la circonda, ma si torna al punto essenziale: la passione per gli oggetti non ha nulla a che vedere con i risultati. La qualità non è una scienza, ma un’emozione, e l’emozione si può catturare con qualsiasi strumento. Se ci sono esigenze specifiche, allora basta guardare le caratteristiche delle ultime Canon e Nikon per comprendere quanto ci sia all’interno di questi apparecchi che rende più potente, flessibile, affidabile, concreto il momento di un “click”, ad un costo anche di 1/3 rispetto alla Leica MM. Ma, per assurdo (so che dico un’eresia) c’è più tecnologia fotografica in un iPhone 4S che non in una Leica M Monochrom. Se non altro perché fotografa in bianco e nero, e anche a colori.

Appare ovvio che siamo disposti, come detto, a tornare indietro, se ci verrà concesso (non tanto a noi, ma a fotografi che collaborano con noi, e ce ne sono di bravissimi) di poter fare un test comparativo tra la qualità “assoluta” del flusso di lavoro BN della Leica MM rispetto ad un altro flusso di lavoro, sempre BN (ma partendo dallo scatto a colori) di una reflex a nostro piacimento. Sarebbe un modo serio per giustificare delle scelte, e per scendere nelle tematiche pratiche e “reali”, per focalizzarci sui fatti e non sulle parole. Questo è uno spazio che vuole dare spazio alla concretezza, siamo in un momento storico che ha bisogno di sobrietà, di promesse mantenute, di un dialogo basato su un’informazione credibile, ci auguriamo che ci sia la volontà di condivisione, Leica è invitata a partecipare a questa valutazione, nei modi e nei toni che preferisce. Già, è un invito, sono sicuro che sono in molti che vorrebbero delle prove sul campo serie (non fatte di “numeri” o di teorie tecniche, ma di fatti) e forse è il momento di far sentire la voce del mercato, un mercato che deve essere educato e corretto, ma esigente. La porta è aperta…