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La fotocamera "balla (e scatta) da sola", e il fascino delle foto supera quello della televisione.

Il video vince sulla fotografia? Ormai, in ogni angolo della rete, e non solo, si parla di video, sempre più video, e ovviamente non è questo che l’ultimo capitolo di una supremazia che ha – nella sua principale realtà – la televisione, che è sovrana su qualsiasi altra forma di comunicazione. Le emittenti televisive, e le loro telecamere, hanno una posizione prioritaria, ben definita da una regia che ha una finalità: quella di essere presente al posto giusto, nel momento giusto per raccontare in modo abbastanza distaccato. Insomma, la posizione è dettata dalla strategia di comunicazione della televisione: quella di offrire la possibilità di vedere, non di interpretare; la televisione, come media, non è creativo nelle sue riprese, è “descrittivo”, e con questo non vogliamo dare necessariamente una valenza negativa al termine, ma solo dare una lettura dell’approccio e, al tempo stesso, dare una prospettiva (positiva) ai fotografi.

I fotografi, infatti, sono dietro: ormai è un fatto accertato. Davanti ci sono le telecamere, dietro i fotografi, lo si può vedere negli eventi sportivi come le Olimpiadi oppure la Coppa America di vela, durante la moda, dove durante le sfilate le “X” sono ben definite e le posizioni migliori sono quelle delle telecamere, ed anche nei super eventi come “l’incoronazione” di Obama, le televisioni sono al centro, i fotografi in periferia. C’è speranza di sopravvivenza per la fotografia? In realtà la strada sembra esserci, quello che sembra essere vincente però è nella “separazione” tra fotografo e fotocamera. Quello che sta funzionando è il comandare a distanza la fotocamera, con appositi radiocomandi Wifi, e avere autorizzazioni speciali per poter posizionare la macchina in postazioni che risulteranno strategiche per ottenere effetti speciali.

Beninteso, le macchine controllate in remoto non sono una novità, ma l’impressione che si ha è che si sia passati da una soluzione complementare ad un’esigenza essenziale: se si vuole offrire qualcosa di diverso, dando per scontato che difficilmente è possibile disporre di soluzioni tecnologiche molto diverse tra un collega e l’altro (bene o male, tutti usano le stesse ottiche, le stesse fotocamere, le stesse sensibilità), e specialmente se le posizioni non possono variare molto perché imposte dall’organizzazione, non rimane che… mandare avanti la fotocamera e rimanere indietro, a controllare come un regista. Sempre citando l’evento di insediamento di Obama, questa scelta è stata fatta per esempio dal fotografo Chuck Kennedy del McClatchy-Tribune Photo Service, che ha posizionato una Canon 5D Mark II (che sembra che sia stata la fotocamera “di Obama” visto che è stata usata anche per il ritratto ufficiale di cui avevamo parlato la settimana scorsa) all’interno di una valigia Pelican, di quelle super resistenti, dalla quale ha fatto uscire, facendo un buco, l’obiettivo e poi fissandola ad un braccio per poterla posizionare al meglio. Il risultato è una foto dalla prospettiva estremizzata (sembrerebbe un 24-105 mm dalla foto, posizionato ovviamente sulla focale più grandangolare, che sul pieno formato è una bella copertura: Obama, la moglie Michelle e le due bimbette vestite come delle bomboniere sulla torta, sono riprese come nessuna telecamera e nessuna televisione poteva (o voleva) fare.

In un’intervista interessante, che riportiamo qui sotto (in inglese), John Harrington ha intervistato il “guru” delle fotocamere radiocomandate, Scott Andrews, che attualmente collabora con Canon, che racconta alcune cose interessanti sull’argomento, e segnala per esempio che in passato venivano controllate molte più fotocamere, perché all’epoca “analogica” il problema era che le agenzie, i giornali, le riviste avevano bisogno tutti di scatti originali (diapositive originali, non duplicati) e quindi era necessario usare molte fotocamere. Oggi, con il digitale, questa esigenza si riduce e quindi a prima vista tutto sembra più semplice, anche se poi ci sono problemi ad alimentare per lunghi periodi fotocamere come quelle di oggi, che richiedono molta più “energia” di quelle del passato (anche se dice di avere provato senza problemi sul tetto per tre giorni una Canon Mark III, pur con molto freddo). Sono però i trasmettitori Wireless che prendono energia dalla fotocamera e quindi ne riducono l’autonomia. Per l’esposizione e il bilanciamento del bianco, le fotocamere vengono affidate agli automatismi che riescono a ottenere eccellenti risultati secondo l’intervistato.

Insomma, per superare e oltrepassare la concorrenza della televisione, servono spazi e libertà, e maggiore regia, il fotografo però – oltre ad approfondire la competenza del gestire a distanza la propria fotocamera (e, purtroppo, siamo convinti che sono in pochi ad avere gli strumenti e la conoscenza per riuscirlo a fare “davvero” e non solo saperlo in teoria) deve anche accettare una “postura” che non è sua, per cultura: il fotografo è colui che sta dietro la macchina, con l’occhio attaccato al mirino, che tiene l’obiettivo con un certo attaccamento (anche freudiano). A questo punto, diventa più regista – parola che abbiamo citato più volte – e sta lontano, prevede in partenza quello che succederà, scatta quando sta succedendo, magari verifica la scena via Live View ricevendola via internet. Non è facile, lo sappiamo, ma questa è una delle tante cose di questa professione che richiede uno sforzo, prima di tutto culturale. La tecnologia ci viene incontro, ma dobbiamo essere in grado di assorbirla, di capirla, di accettarla.

Buona domenica,