Jumper

In diretta dal Photoshow, considerazioni e preoccupazioni

Non si può scrivere un Sunday Jumper tornando dal Photoshow senza parlare del Photoshow. Non è il mio argomento preferito, non lo è dal Sicof di altri tempi e continua a non esserlo oggi, ma un apporto costruttivo (forse non informativo, non è che si va in una fiera come questa per vedere novità, o almeno non noi che annusiamo il mercato ogni giorno).
Vista la stanchezza (scusate, quando lavoro nel fine settimana vi assicuro che è complicato), procederò a punti, sarà più semplice anche per voi, semplici appunti e sensazioni, come da agenda di viaggio:

1) Code
Molte persone, per entrare, hanno fatto una lunga coda. È vero, c’era tanta gente, ma il dubbio è quello che involontariamente sia stata usata la strategia delle gelaterie Grom (più snob che davvero meritevoli per il prodotto venduto), che servono lentamente il gelato per creare la coda e quindi di conseguenza code all’ingresso che ne certificano «la qualità». L’ingresso alla Fiera di Roma sembrava quella della Fiera di Mogadiscio (citazione non mia, ma di un amico… e non dico di più): il meccanismo per l’acquisto o – peggio ancora – la conversione della pre-iscrizione che dava diritto ad un ingresso a solo 1 Euro poteva (doveva) essere molto più fluida e automatizzata.

2) PhotoGirls
Il fenomeno è evidente ai più sensibili da anni, ma quest’anno era ancora più plateale: una volta le ragazze che entravano al Photoshow erano o modelle (pseudo veline) per abbellire gli stand oppure fidanzate e mogli che venivano trascinate (letteralmente, prese per mano) dai fidanzati o mariti che erano i veri partecipanti attivi alla fiera. Ora,invece, ci sono moltissime ragazze, armate di reflex, determinate, interessate alla fotografia. Ma la proposta visuale e anche il tono della fiera è ancora molto maschilista. Non basta, crediamo, aggiungere qualche «ragazzotto» insieme alle «ragazzotte» per subire i flash e i click anche delle ragazze, le ragazze non sono così concentrate su questo aspetto. Consigliamo per il futuro di creare percorsi fotografici più attinenti alle donne (per informazioni, leggere per esempio qualcosa su Pinterest).

3) Discussioni e «tavole rotonde» in fiera
Abbiamo deciso di non accettare un invito a partecipare a tavole rotonde richieste all’ultimo momento dall’organizzazione della Fiera. Non ci è piaciuto l’approccio (si da troppo per scontato che bisogna lavorare per il «bene comune» quando quello che appare è che l’organizzazione lavora solo per «il proprio bene»), non ci sembrava ben organizzato e poi abbiamo visto l’effetto in fiera (delle seggioline in uno spazio tra uno stand e l’altro, dove la confusione, il rumore, la mancanza di possibilità di proiettare con efficienza qualche video) ci ha confermato che non “abbiamo perso un’occasione”, anzi… La formazione, la discussione delle tematiche sulla professione, sul mercato, sull’innovazione si è tenuta in pochi stand di aziende che meritano un applauso per il loro sforzo che va al di là dei prodotti (personalmente ho visto nel dettaglio l’attività di Nikon, dove sono stato invitato a tenere un incontro sul video, e che ha proposto molti incontri con interessanti fotografi: bravi). Ho visto tante professionisti dagli amici di TauVisual, al punto che non sono riuscito nemmeno quasi a salutare Tomesani, e poi ne ho incontrati tanti fuori, tra un padiglione e l’altro. Cosa ci facevano! Lì fuori? E cosa ci facevo io? Leggetelo il prossimo punto?

4) Aria, cercasi aria
Fuori, la magia di Roma era al suo massimo: un bel sole, ma aria fresca, ventilata, meravigliosa. Dentro, un caldo infernale. Poi la situazione è migliorata perché sono stati aperti i portelloni e l’aria è passata. Perché nelle fiere internazionali, anche un po’ datate come strutture, l’aria e la temperatura è sempre perfetta e qui, nel nuovissimo centro fieristico di Roma, si muore di caldo? Forse bisognerebbe ricordare che le fiere «fisiche» hanno un senso solo se sono luoghi piacevoli e gradevoli per incontrarsi e lavorare… Se sono dei forni crematori le persone sfuggono via…

Malgrado il tono poco confortante (ma non preoccupatevi, leggerete i report dei colleghi che diranno che «il Photoshow è stato eccezionale», perché non si morde chi ti da da mangiare e quindi non si metterà nulla in discussione), posso dire che il Photoshow potrebbe anche avere un senso per il futuro, ma deve capire che il mondo è cambiato: il mercato, le fiere, la fotografia, gli appassionati di fotografia. Dovrebbe diventare meno vecchio, meno ancorato alle soluzioni «semplicistiche», dovrebbe puntate sul far crescere e avvicinare nuovi utenti. Essere freschi e «giovani» non significa fare qualcosa su Facebook o su Twitter (un’iniziativa era quella di stampare foto da Facebook e metterle su un muro vuoto… Sob!), significa magari creare una commissione di giovani (anche solo di testa) per fare iniziative veramente cool. Capire che le occasioni di incontro dovrebbero essere tali: non solo davanti ad una modella sorridente, ma tutti attorno a degli interessi da condividere. Insomma, c’è lavoro da fare, ma anche atteggiamenti mentali da modificare.

Alla fine, ci domandiamo però perché scriviamo tutto questo… Siamo troppo vecchi per credere che ci possano essere cambiamenti; al tempo stesso siamo degli inguaribili romantici e sognatori… La speranza è l’ultima a morire…

UPDATE: L’organizzatore del Photoshow, Fabio Ustignani, ci ha risposto nei commenti, e noi abbiamo a nostra volta risposto. E’ nata una discussione che NON potete perdervi… (la trovate nei commenti, qui sotto!)