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Glossy: il mondo della pubblicità lo adora, i fotografi no? Alcune considerazione sui monitor lucidi nella fotografia

L’argomento sembra preoccupare i fotografi in modo eccessivo, eppure le motivazioni sembrano sbagliate in partenza. Parliamo forse di dettagli secondari, ma proprio su questi spesso si accaniscono delle prese di posizione che portano a delle valutazioni negative, quando negative non sempre sono. Parliamo di monitor, e della moda che tende ad averli sempre più “glossy” come superficie. I fotografi hanno un’idea ben chiara, magari avvalorata da qualche opinione di alcuni “esperti”: gli schermi lucidi, i professionisti non li usano, creano riflessi e quindi sono da evitare come la peste.

Da due anni uso schermi lucidi, e vengo visto come un folle. “Come fai?” – mi chiedono. Ma se fino a poco tempo fa, forse questo problema poteva essere giustificato, ora – sui nuovi portatili – le motivazioni del partito “anti glossy” sono, secondo la nostra opinione, solo frutto di una presa di posizione e non di una valutazione sul campo: si guardano i riflessi e non si riflette… tanto per fare un gioco di parole. Perché diciamo questo?

Prima di tutto perché sui monitor di ultima generazione, a LED, la luminosità è tale da superare quasi ogni barriera di riflesso della luce esterna. Certo, se ci puntiamo un faro da 1000 Watt sul monitor, il riflesso sarà troppo evidente, ma se puntiamo un faro da 1000 Watt su un monitor opaco, comunque, non si vedrebbe comunque niente. Nelle situazioni standard, i riflessi esterni sono più deboli dell’intensità luminosa del monitor e quindi non si vedranno. In altri casi, estremi, basterà inclinare leggermente il monitor per far sparire o ridurre l’effetto. Fate delle prove, vedrete che abbiamo ragione.

La seconda valutazione è di carattere più generale: se, in una situazione controllata, dove c’è bisogno di una valutazione del colore corretta e precisa, abbiamo dei riflessi sul monitor… significa che la situazione ambientale non è adatta a questo lavoro: se dobbiamo analizzare e correggere le immagini a monitor, abbiamo bisogno di una situazione di penombra, di pareti neutre attorno a noi, e specialmente… di nessuna tipologia di riflessi: se abbiamo il riflesso di un neon, significa che l’ambiente di lavoro è sbagliato, che dobbiamo spegnere il neon, non opacizzare il monitor che anzi nel suo essere “glossy” ci segnala che c’è un problema da risolvere.

A questo punto, comunque, vale la pena domandarsi perché lucido: ok, potrebbe anche non dare problemi, ma alla fine uno vorrebbe avere la possibilità di scegliere, e non di essere con le spalle contro il muro (lo diciamo perché i nuovi portatili Apple non consentono più la scelta tra lucido e opaco, sono solo glossy perché davanti hanno un vetro, e tra l’altro questo è un bene perché si puliscono molto più facilmente). La motivazione è che le immagini sui monitor lucidi… sono più belle. Più sature, più accattivanti, più brillanti… più vendibili. I fotografi spesso non considerano il lato della “confezione”, il glossy è di moda, lo capiscono anche le ragazzine che cercano i rossetti più “glossy” che si vedono in televisione, perché con le labbra più lucide si attraggono di più i ragazzi in discoteca, e si finisce col baciare di più. Nella ricerca tecnica, ci si dimentica spesso che non tutti affrontano le situazioni allo stesso modo: se il mondo, in generale, preferisce gli schermi lucidi, un motivo ci sarà: fanno sembrare più belle le cose che si vedono, più appaganti. E noi, invece, puntiamo a rendere più opache, meno attraenti e brillanti i nostri lavori, quando li presentiamo a monitor, in nome di una teorica motivazione tecnica, che non è detto che sia vera, ma che causa – nel fruitore finale, che spesso è colui che dovrebbe o potrebbe comprare il nostro prodotto – un risultato più “sciapo”.

Questo SJ parla, lo abbiamo detto, di futilità, alla fine chissenefrega del monitor, non vendo monitor e potete fare (con la nostra benedizione) quello che volete. Volevo solo farvi riflettere (come immagine riflessa o come riflessione mentale…) sul fatto che spesso nascono atteggiamenti che sono frutto di un’opinione non verificata, ma accettata: per sentito dire, o per esperienze passate. Le cose cambiano, le opinioni valgono per quello che sono: non legge, ma opinioni. Molte volte ascolto professionisti dire delle cose che forse erano vere tre anni fa, ma la tecnologia corre e impone un aggiornamento costante, una verifica costante sulle nostre convinzioni. Spesso dico che ogni sei mesi bisogna avere il coraggio di guardarsi allo specchio e riuscire a capire se tutto quello di cui siamo convinti (anche il “chi siamo”) vale ancora, o se è cambiato qualcosa, nel frattempo. Guardatevi pure allo specchio della riflessione del vostro monitor, così darete un motivo in più al suo essere “glossy”.

Buona domenica, tra poco è Natale, ma noi ci siamo ancora: oggi e anche domenica prossima!

Luca Pianigiani