Fotografo, un mestiere per ricchi, ecco come riuscirci

Fotografo, un mestiere per ricchi, ecco come riuscirci

Fotografo mestiere ricchi

TomAnderson_Myspace
Ormai, sembra, la fotografia sia diventato un mestiere per ricchi, e dovremo abituarci a questa condizione. I segnali sono evidenti e tanti, impossibile da mostrare e raccontare in un solo articolo, ma per esempio iniziamo con raccontarvi una storia contemporanea. Conoscete Tom Anderson? Forse non lo ricordate, eppure è diventato il vostro primo amico quando siete entrati nel mondo dei social network. Non su Facebook, l’antipatico Zuckerberg non solo non è vostro amico, ma è arrivato dopo. Tom, al contrario, era il simpaticone che ha creato MySpace, e quando (se) vi siete iscritti vi ha aggiunto immediatamente come primo amico, la sua foto è diventata leggendaria, ma la sua storia ancor di più: è riuscito a vendere la sua creazione a Rupert Murdoch per 580 milioni di dollari prima che questo investimento si sciogliesse come neve al sole (e non per colpa di Myspace, e nemmeno per l’arrivo di Facebook: proprio per incompetenza del management della News Corp., il gigante del magnate australiano – padrone di Sky, tanto per dirne uno – che ha dimostrato di avere capito il potenziale dei social network, ma non di riuscire a comprenderlo dal punto di vista culturale). Sapete cosa fa il vostro amico Tom? Beh, gira il mondo facendo fotografie con il suo amico (famoso fotografo) Trey Ratcliff. Voi direte: facile, con 580 milioni di dollari in tasca; vero… ma come vedete, ecco una conferma: fare i fotografi, oggi, richiede un sacco di soldi ;-)

D’altra parte, le stesse aziende che producono fotocamere sembrano mostrare debolezze preoccupanti (vendite in calo, fatturato in discesa) in tutti i comparti meno che nei prodotti TOP, e i fotografi sembrano subire questa tendenza. Sui social, dopo la presentazione per esempio della ultima top di gamma di Sony – un concentrato di tecnologia che verrà proposta ad un costo di oltre 5000 euro solo corpo – fiumi di fotografi hanno iniziato a sbavare, e a desiderarla come se non ci fosse un domani. I marchi leader/top tradizionali del medio formato (un formato che sembrava essere sparito dalla faccia della terra) come Hasselblad che ha proposto la sua bellissima mirrorless XD1 ad un prezzo di circa 10 mila euro per il solo corpo, oppure i nuovi protagonisti di questo mondo, come Fujifilm che ha presentato finalmente la sua GFX 50s (che ha promesso con un prezzo al pubblico “sicuramente inferiore ai 10 mila euro” ovviamente facendo un riferimento diretto ad Hasselblad XD1, ma questo non voleva dire che sarebbe costata 1000 euro, nei fatti è più vicina ai 7000 euro per il solo corpo, come da prezzo consigliato) fanno sognare, nomi come Leica creano negozi basati sul lusso e ottengono le attenzioni di un pubblico allargato… e i fotografi si stanno convincendo (difficile da capire se è un bene o un male) che è proprio quello che manca loro per avere successo in questo mondo. Non ho mai visto tanti professionisti con una Leica come oggi: in periodo di crisi, chi può spende più di quanto non facesse in passato, e lo fa con convinzione e piacere. Lo stesso percorso porta a valutare che anche le macchine top di casa Nikon e Canon godono, in proporzione, di maggiore successo rispetto ai modelli più economici.

In un’era in cui tutti sono fotografi, ai “fotografi veri” sembra essere richiesto un balzo in avanti da tutti i punti di vista. Ho letto di recente un articolo che consigliava:

 Do not be a Walmart photographer.
(non essere un fotografo da “supermercato”)

altri dove si professava una teoria che da anni difendiamo e consigliamo nella strategia di marketing, che è quella del puntare ad un valore pari a 10x (dieci volte su ogni prestazione: 1000 euro invece che 100, 10.000 invece che 1000). Sembra un assurdo, ma è così: se state stretti nella vostra economia attuale, la vostra soluzione non è puntare al doppio, perché questo aumento non vi consentirà di creare davvero una migliore struttura, non di pagare collaboratori, non quella di avere una strategia di promozione, non attività di marketing, nessuna ricerca e sviluppo, zero aggiornamento professionale. Non è detto che sia possibile decuplicare le proprie tariffe, ma deve essere un approccio sul quale credere, perché è più facile ottenere 10x che non 1,1x (un piccolo aumento genera di solito una perdita di mercato, non un aumento di fatturato), se si cambia completamente il posizionamento di mercato si può anche ottenere un risultato più concreto. Certo, si perderanno dei clienti, ma per ogni nuovo cliente che vale 10 volte si compensa la perdita di 9 clienti piccoli (con le conseguenti riduzioni di problemi, perché un cliente che “vale poco” dal punto di vista economico non è vero che impegna meno di uno che paga molto di più, ogni lavoro porta una percentuale di problemi da affrontare, a prescindere dal prezzo che ci paga). Si guadagna di più, probabilmente si lavora meglio, c’è la tranquillità per costruire.

Sembra un discorso privo di valori, freddo, calcolatore. Sembra quasi che stiamo dicendo che “per essere fotografi professionisti bisogna spendere un sacco di soldi in attrezzature”. Non è così, ma ammetto che possa sembrarlo, chi mi e ci conosce sa bene che non siamo superficiali. La creatività, la passione dell’avere “qualcosa da dire”, dovrebbero vincere su tutto: si possono fare fotografie eccezionali con qualsiasi fotocamera, anche super economica, e non si sceglie (non si dovrebbe scegliere) una professione del genere per “fare i soldi”. Il problema è che si pretende/pretendiamo di entrare in un mercato troppo competitivo (capiamoci: nel mondo ci sono circa 7 miliardi di fotografi… praticamente tutti). E il mestiere non è quello del “fare fotografie più belle”, ma essere riconosciuti come superiori, generare fiducia tra i potenziali clienti. L’immagine del paparazzo che “ruba” la foto giusta è un romanticismo che non sta più in piedi, che non funziona più. Il fotografo che può fare la differenza è quello che viene accettato laddove gli altri rimangono alla porta, e quindi sarà la sua immagine, il suo vestito, la sua autorevolezza che farà la differenza, non il suo “estro”. Il fotografo che potrà partire per girare il mondo e fare le foto “più belle del mondo” sarà quello che sarà riuscito a emergere, sul quale cadranno tutte le scelte. LUI giusto, NOI sbagliati (anzi, nemmeno considerati).

L’obiettivo non è solo “guadagnare autostima”, che comunque è fondamentale (come facciamo a venderci bene, ad altro prezzo se non crediamo che possiamo valere queste cifre?), ma è essere in grado di chiedere (e ricevere) cifre che sono nettamente superiori a quelle che chiediamo ora e che speriamo possano farci vivere. I fotografi devono diventare ricchi, per essere credibili, e quindi il prossimo corso è quello di capire come riuscirci. Non guadagnare qualcosa di più, diventare ricchi. Non fare 10 lavori, fare 1 lavoro che vale 10 (o magari due, sempre da 10, o da 8). Non c’è futuro, se non c’è struttura, se non si punta in alto, non esistono vie di mezzo: in alto, o sarà sempre più dura (ed è già dura). E se si arriva in alto, non si avrà nemmeno il problema di comprare le fotocamere più belle e costose del mondo, come dice Trey Ratcliff , Ambassador di molte Case, le macchine gliele regalano.

Va ripensato il valore di quello che facciamo. Di chi siamo, di chi vogliamo essere. Dobbiamo puntare in alto, non per dire, ma sul serio. Dobbiamo essere bravi, i più bravi, dobbiamo diventare la scelta migliore, non quella più “vantaggiosa” dal punto di vista economico. E quando otterremo questo successo, ricordiamoci che la qualità di “chi siamo” non si riconoscerà solo dai soldi che possediamo, dagli oggetti, dalle case e dai vestiti… ma per come siamo, e quindi come principale lusso che ci potremo permettere ci sarà quello di poter dedicare tempo per chi ha bisogno di aiuto, per cause sociali che hanno bisogno del nostro contributo, dedicare tempo e attenzioni ai nostri figli, ai nostri cari, ai giovani che devono crescere bene, con valori forti. Già, in un mondo difficile dobbiamo permetterci di fare qualcosa di buono che vada oltre il “nostro buono”. Lo dico a voi, lo dico a noi. E lo costruiremo insieme, questo percorso, è una promessa ed è un appuntamento. Chiamiamolo 10x, tra di noi lo capiremo questo codice. Sarà un’icona, sarà una missione. Sarà anche un corso, che faremo a breve, perché è una cosa da imparare.

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