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E se squalificassimo i giudici, invece che le fotografie?

Ancora una volta torniamo sul tema della “manipolazione” dell’immagine. Ancora una volta ci ritroviamo un classico esempio di controversa decisione di una giuria, e – questa volta – si tratta anche di un premio importantissimo come il World Press Photo. Il fotografo Stepan Rudik è stato squalificato dopo essersi classificato 3° nella sezione Fotografia Sportiva con l’immagine “Street fighting, Kiev, Ukraine”, scattata per l’agenzia russa RIA Novosti. In questo caso (se ne parla in questo articolo, con i vari step della foto “incriminata”) il fotografo non è stato squalificato perché “ha usato Photoshop”, visto che la foto evidenzia elementi di elaborazione evidenti (si possono probabilmente identificare anche possibili plugin usati per la conversione “in bianco e nero con effetto grana pellicola”), ma per un fatto davvero “inqualificabile”: avere usato il “maledetto” timbro clone per eliminare, sullo sfondo visibile tra il pollice e l’indice della mano fasciata, in primo piano, un piede di un passante. Pochi pixel, pochi millimetri quadrati che non certo tolgono “realtà” all’immagine, sono sufficienti a squalificare un’immagine che oggettivamente vale qualcosa al punto da vincere un premio.

Posso arrivare a comprendere l’estremismo di chi vuole rimanere legato ad un modo di riprodurre la “realtà” con tecniche e con un approccio tradizionale, ma non ad un approccio dove alcuni interventi vengono accettati ed altri proibiti. Ho detto “comprendere” ma mai condividere: siamo in un’era che non può far finta di essere rimasta al secolo scorso; amo l’evoluzione, e preferisco accettarne le conseguenze, anche negative, che vivere ancorato in un passato che vale tantissimo come esperienza storica e culturale, ma che non rispecchia più la contemporaneità.

Qual è il codice etico al quale dobbiamo sottostare? Dire la verità, sempre la verità e niente altro che la verità. Ci sto, ma solo se questo corrisponde alla realtà assoluta; nel caso, tutti, ma proprio tutti i fotografi al mondo, che smettano di scattare foto, che distruggano tutte le fotocamere: giù dalla finestra, che cadano al suolo, distruggendosi definitivamente. Che non sia più accettato che qualcuno possa produrre fotocamere… mi dispiace: Canon, Nikon, Hasselblad, Leica convertite le vostre linee di produzione, smettetela di produrre oggetti che portano a produrre “finzione”. Verranno accettati solo i sistemi di riproduzione della realtà, e con esso il diritto d’autore, che – come ben tutti sanno – difende solo le opere d’ingegno, e non le mere riproduzioni. L’interpretazione dell’autore, del “narratore”, dell’artista non è accettabile: il codice etico consente solo di raccontare i fatti, la realtà, e non si può truccare. Eliminare un elemento dalla foto, al solo fine di mettere in evidenza in modo migliore il messaggio, la forma, l’essenza che si vuole comunicare è un’eresia… al muro!

C’è un modo educato di dire… andate tutti a cagare? Se lo trovate, ma che sia di pari impatto emotivo, me lo potete consigliare: se effettivamente altrettanto convincente, modificherò il post.

Qualcuno ha visto la mostra di Steve McCurry a Milano? C’è andata così tanta gente che mi stupirei che non siano stati istituiti viaggi in torpedone per raggiungere “la mostra della vera fotografia”… Belle, le foto di McCurry, vero? Certo… ma quanto sono false? C’è qualcuno che può pensare che le scene riprese siano davvero “reali”? Certo, lui era lì, così come c’erano le persone ritratte (che sono rimaste lì, mentre McCurry è tornato in patria e ha fatto miliardi). Ma qualcuno pensa che siano frutto di spontanea riproduzione della realtà? Oppure sono opere costruite come una soap opera? Troppo brutto dire che sono delle soap? Ok, eleviamo tutto al “cinema”, che fa più nobile. Le foto di McCurry sono delle eccellenti sceneggiature, tradotte in un unico scatto invece che in una sequenza cinematografica. Non ci sono attori… ci sono persone comuni che interpretano l’unico personaggio che possono interpretare, loro stessi… ma questo non rende quelle foto più “vere”. Sono eccellenti narrazioni, fossero parole e non immagini si parlerebbe di racconti.

Secondo i giurati, le foto come quelle di McCurry sono vere, quelle che introducono interventi di un timbro clone sono invece da squalificare. Sono un retaggio di un passato che non fa bene alla fotografia e all’immagine, vive di un approccio culturale che è quello che poi non si intreccia con le esigenze, le aspettative del pubblico che fruisce delle immagini. Ed è figlio di un mondo che il mercato ha già messo in disparte. Una volta, le regole venivano dettate da riviste come National Geographic, i suoi diktat tecnici ed espressivi erano legge, oppure da riviste patinate come Vogue, Playboy, Epoca. Oggi, la realtà dell’immagine e della fotografia è diversa, passano da Flickr molte più immagini in un giorno di quelle che sono mai state pubblicate all’interno di questi “mostri sacri” in tutta la loro esistenza. Il ruolo di chi detiene la cultura, la saggezza, la passione per la fotografia non dovrebbe essere quello di arroccarsi in cavilli e in discussioni sterili, ma dare un contributo per evolvere le strade dell’immagine verso il meglio, mostrando il meglio della storia, e non creando barriere e muri incomprensibili

Vogliamo educare i nostri figli come si faceva cento anni fa? Forse sarebbe bello, ma creeremmo solo persone disadattate. Lo stesso vale per l’immagine: Photoshop ha festeggiato da poco venti anni, e non è nemmeno stato il primo a consentire l’elaborazione digitale; A breve – si vocifera in rete – arriverà la versione CS5, e offrirà nuove strade. Se ben orientati da una cultura e da indicazioni costruttive e rispettose del fantastico potenziale della fotografia , i mouse e le penne sulle tavolette grafiche, potranno seguire percorsi creativi, ma in grado di creare un filo conduttore affascinante tra passato e futuro. Imponendo, invece, un dialogo privo di senso, allora si che il passato perderà il legame con il presente e si disperderà nel futuro. E’ ora di mandare in pensione parecchie persone: non quelli anziani, ma quelli che sono invecchiati, non è questione di età, è questione di cellule grigie che diventano pigre e non riescono a rimanere fresche (a volte anche a 20 anni…).