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Backup: le strade da seguire, quelle da evitare e le potenzialità di una gestione strategica dei nostri contenuti digitali

Se ne è parlato molto poco, in generale in rete e – figuriamoci! – nel nostro settore, dove si tende a passare più tempo su altri argomenti ben più avvincenti (Canon o Nikon? Apple o Win? Milan o Juve?). Eppure meritava attenzione, perché è “una lezione da imparare”: parliamo del caso “Ma.gnolia“, il sito di “social bookmarking” non quello dei format televisivi tipo “Isola dei Famosi“, che a fine gennaio ha dichiarato di avere perso completamente i dati dei suoi utenti, raccolti in 4 anni di attività. A nulla sono servite le magie degli esperti di Data Recovery: tutto perso, tutto sparito in un solo attimo: a riguardo, vi consigliamo di leggere questo articolo, è davvero interessante. E’ la dura conseguenza di una cattiva gestione dei backup, che prima o poi tocca a tutti, perché nessuno nasce “saputo”, e da questi errori si impara tanto, ma non tutto. La mia prima perdita di dati la ricordo con angoscia: stavo formattando un floppy disc su un Macintosh II Ci (glorioso…), e senza prestare attenzione particolare, invece di indicare il dischetto, ho selezionato un fantomatico “disco 0 – zero”, il computer mi ha chiesto di confermare, ho confermato, mi ha chiesto se ero sicuro, perché avrei “perso tutti i dati”, ma ho detto si… lo so che formattare un disco provoca la cancellazione di tutti i dati… solo che quel disco zero era quello di sistema, non il floppy, e il computer ha iniziato a macinare, macinare… macinare… fino a quando è andato in crash. Ho riavviato, e ho scoperto che tutto il contenuto dell’hard disc, circa 80 Mb (ok, ora sembrano pochi… all’epoca erano anni di lavoro) erano spariti, e io non avevo nessun backup.

La storia di  Ma.gnolia è surreale: un sito di successo, che è nato su un’idea buona, in grande evoluzione (si trattava di una soluzione per salvare i propri bookmark, con una logica simile a quella di delicious, anche se quest’ultimo è decisamente più strutturato ed importante) che però non aveva alle spalle un’esperienza per gestire una simile responsabilità, e l’infrastruttura tecnologica era molto debole: quando c’è stato il crash si è scoperto che anche i backup erano corrotti e non recuperabili, e pensare che l’intero database non occupava più di 500 Gb, una vera inezia in fondo. E’ facile, però, sorridere, e fare i superiori: troppo spesso siamo bravi ad additare con sdegno gli errori (pur madornali) degli altri, e  non ci accorgiamo che magari noi siamo stati graziati grazie alla fortuna, e non per competenza, anche quando la ostentiamo. Quello che di Ma.gnolia si può definire una gestione “dilettantistica” nei backup era, in effetti, comunque superiore a quello che si fa nella maggior parte degli studi fotografici del nostro Paese. Ho sentito negli anni dichiarazioni che facevano rabbrividire, del tipo: “Non ho problemi, io le foto le salvo sui ciddì e li metto in banca!“, oppure: “quando vado in vacanza, gli hard disk li metto in cassaforte“. Purtroppo, non è così che si garantisce un futuro alle nostre immagini, ai nostri dati digitali.

Alla base dell’archiviazione ci sono tanti elementi: non solo va previsto che quello che si salva su un disco deve essere riversato anche su un altro disco come copia di sicurezza, e che quindi ha più senso comprare due dischi da 500 Gb, invece che 1 da un Tb, perché meglio avere meno spazio a disposizione ma raddoppiare la sicurezza. Ma non è che l’inizio: quale può essere la sicurezza nell’avere vicini, affiancati, due dischi, dove uno è la copia di salvataggio del primo, se poi crolla la mensola dell’Ikea dove sono stati posizionati, e si rompono entrambi? E poi, se si crea un errore di salvataggio sul primo disco, se il secondo è il clone del primo non si rischia di compromettere anche la copia di backup? E, ancora, qual è il senso dell’affidarsi senza controllo ad un salvataggio? Si rischia di scoprire troppo tardi che in effetti la copia di salvataggio presenta errori.

Archiviare è un mestiere, nessuno ce lo insegna, quello che impariamo arriva troppo spesso dagli errori, ma sono errori che provocano lacerazioni non rimarginabili, quindi dobbiamo evitarle. Il poco che abbiamo imparato, in questi anni di attività “nel mondo dei computer” ci porta a dire che (ok, alcune considerazioni sono banali, ma nell’insieme forse risulta tutto utile):

1) I dati vanno archiviati tutti nello stesso spazio fisico, ma dislocati. Per questo siamo grandi difensori degli archivi on line e del cloud computing: se ci brucia o si allaga la casa, se entrano i ladri e ci rubano tutto, se crolla il tetto possiamo preoccuparci di tutto, ma non dei nostri dati, che saranno dislocati anche altrove;

2) I sistemi di backup devono essere di due tipi: quelli che ci salvano dal disastro e quelli che svolgono l’attività di archiviazione logica dei lavori.

3) Caso del “disastro”: ci svegliamo al mattino e l’hard disc del nostro computer emette un brutto rumore, ma non fa altro… è morto. In questa situazione, non solo dobbiamo recuperare i dati dei nostri lavori, ma dobbiamo ripristinare, sulla stessa macchina (cambiando il disco) oppure su un’altra macchina, il sistema operativo, le applicazioni, la posta elettronica, i bookmark, le password. Perché non possiamo permetterci di perdere i settaggi e il “cuore pulsante” del nostro computer, specialmente se lo usiamo come elemento essenziale del nostro lavoro, e se anche riusciamo a ricostruirlo sarebbero necessari giorni e giorni.

4) Il backup dei lavori deve consentire un recupero di contenuti che magari abbiamo buttato per errore, oppure che abbiamo modificato distrattamente (un’ora prima, un giorno prima, un mese prima…). Deve salvare quello che abbiamo pensato non più necessario, perché a volte queste valutazioni si prendono con eccessiva leggerezza.

5) I backup vanno studiati come strategia e come gestione, ma poi devono seguire dei processi automatizzati: alcuni vanno gestiti in tempo reale, ora per ora, altri a fine o inizio giornata. Non possiamo pensarci noi, siamo troppo presi, stiamo pensando ad altro, dobbiamo pensare ad altro.

6) Gli archivi devono essere accessibili ovunque, non solo “a casa”. Per questo sono e saranno sempre più importanti gli archivi on line: non a caso, l’ennesima conferma arriva da LaCie, che proprio in questi giorni ha formalizzato e annunciato l’acquisizione del servizio on line di archiviazione Wuala (leggetelo alla francese, Voilà), da integrare certamente nel pacchetto di servizi collegati alla vendita di hard disk fisici, ma ogni giorno nascono nuove forme e nuove soluzioni per aprire gli archivi digitali all’esterno, tra questi anche Apple con le sue nuove Time Capsule e Airport Extreme che consentono un accesso dall’esterno, grazie al servizio MobileMe. Il concetto – che difendiamo da tanti anni – è che i professionisti hanno ormai come casa (e come studio) il mondo e non una stanzetta o uno studio che è “il luogo di lavoro”, e quindi dotati di portatile devono poter consultare e disporre di tutti i dati che possiedono, senza vincoli.

7) Il recupero dei dati non è solo una questione di bit contenuti negli hard disk, ma anche (e spesso soprattutto) di capacità di poterli ritrovare: ci sono, ma non si sa dove sono…  Serve un database efficace, serve taggare ed indicizzare i contenuti, e non parliamo solo delle immagini.

A che punto siamo, con questa crescita “cuturale” sull’uso dei dati digitali? Quanti hanno, realmente una soluzione flessibile e concretamente efficiente? Dove sono i vostri dati? Ma, specialmente, riusciamo a trasmettere il punto fondamentale, che è: forse non li perderemo mai, i nostri dati, ma una strategia efficiente di archiviazione e di fruibilità anche al di fuori del nostro studio apre l’orizzonte per un uso più allargato dei nostri archivi, con finalità commerciali (vendere foto), promozionali (farsi conoscere), e sociali (conoscere altre persone interessanti)? Se sappiamo quello che abbiamo, se lo organizziamo in modo adeguato, se lo indicizziamo con efficacia, se lo salviamo anche su archivi accessibili on line, stiamo gettando le basi per rendere sempre vivo il nostro lavoro, quello che abbiamo fatto negli anni, quello che facciamo “per noi”, quello che potrebbe servire anche ad altri.

Forse dovremmo dedicarci un JumperCamp a questo argomento, forse lo faremo…