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Autunno di ebook, ma ci fermiamo alle parole? E la tartaruga: si può raggiungere?

L’autunno non sarà fatto solo di castagne. Esploderà il mercato degli ebook in lingua italiana, e non solo quelli (già presenti) “fuori copyright”, e non solo quelli, pur meritevolissimi (anzi, spesso ancora più interessanti) degli emergenti. Parliamo dei best seller, quelli che si vendono in migliaia, centinaia di migliaia, milioni di copie. L’Italia si è mossa, come spesso capita quando si parla di tecnologia, lentamente, ma come la tartaruga di filosofica memoria, i piccoli passi portano comunque a procedere sulla strada evolutiva.

Così, mentre sono già attive diverse realtà dinamiche, i “grandi” stanno per muovere i passi concreti: tra qualche giorno ci sarà la Fiera del Libro di Francoforte (dal 6 al 10 ottobre), e subito dopo inizierà l’onda. Vedremo se la comunicazione uscirà dallo stretto gruppo di operatori che da anni parlano di editoria digitale, e come si svilupperà questo mercato che – si stima – dovrebbe prendere attorno al 20%  nei prossimi anni negli USA e che forse con qualche anno di ritardo finirà col contare altrettanto in Italia.

La battaglia vera si manifesterà durante il Natale (quando buona parte dei libri vengono comprati). C’è il “balzello” dell’ebook reader, che però è drasticamente sceso come prezzo, o del tablet (iPad, ma non solo: sono in arrivo tonnellate di alternative, il più chiacchierato in questi giorni è quello di BlackBerry, chiamato PlayBook, che sarà disponibile nel 2011, ma ci sono all’orizzonte le proposte di Samsung e di altri, in ritardo ma che stanno facendo record di velocità per avvicinarsi all’obiettivo). Ma probabilmente sarà il regalo più presente nel sacco di Babbo Natale.

In quanto a chiacchiericcio, ce ne sono di tutti i colori: forse noi ne siamo colpiti in modo particolare, ma l’eco e l’entusiasmo cresce, siamo vicini ad una rivoluzione che avrà delle conseguenze complesse in tutto il mercato: quello di chi pubblica libri, di chi li compra, di chi li vende e rivende, di chi lavora nel marketing e nella distribuzione. Nel frattempo, l’evoluzione non coinvolge solo i libri, ma anche riviste e giornali. Un segnale evidente è che il consumo di carta per quotidiani è in calo drastico, al punto che un gigante come Stora Enso un mesetto fa ha chiuso uno stabilimento in Germania, mandando a casa 180 persone (che produceva 195 mila tonnellate/anno di carta giornale): la capacità produttiva è superiore alla richiesta, in Europa, e si sta pensando addirittura a fusioni tra diverse cartiere per ottimizzare i costi di produzione.

Il senso che vogliamo trasmettere è che da 20 anni che si parla di “fine della carta”, ed è stato così folle dirlo per 20 anni che continua ad apparire una follia. Ma, via via, il tempo passa, la tartaruga continua a camminare, pur lenta, e sta arrivando alla sua meta: non sarà Achille (sempre quello del paradosso di Zenone, se qualcuno non lo conoscesse, può approfondire qui) che potrà fare nulla per raggiungerla. La produzione dell’informazione ha definitivamente preso una strada che ci porta verso una fruizione digitale, completamente digitale. Ci sarà un’occasione importante per poterne discutere, il 10 novembre a Milano, durante l’evento Adobe e-Publishing Conference 2010, che è anche un’altra dimostrazione importante dell’interesse che gli argomenti dell’ePublishing stanno ottenendo. Dopo pochissimi giorni, infatti, la sala (enorme) si è riempita, e si sta operando in regime di waiting list, mentre ancora è disponibile spazio per le sessioni online: provate ad iscrivervi, almeno vedrete anche la nostra “brutta” faccia che parlerà di questo fenomeno.

Tutta questa introduzione, però, ci porta ad affrontare un argomento tra di noi, che ci occupiamo di immagine. Si tende a parlare di libri, fatti di parole, di caratteri tipografici che diventano bit, oppure di giornali, che usano pur l’immagine, ma senza grande enfasi. Ma l’ePublishing è fatto anche di riviste, che stanno esplodendo come prodotto, su iPad e presto non solo, e poi ci sono le nuove idee, che sono ancora in parte da inventare. Rimaniamo sui libri, perché di riviste avremo modo di parlare e tanto tra breve (già…). Un libro digitale può essere anche molto di più di una “conversione” di pagine di testo in pagine “digitali”. Si può creare una nuova forma di lettura, che forse può trovare spunti iniziali nei libri per bambini, ma che può viaggiare oltre, esplorando nuove vie. Dalle parole possono partire immagini, filmati, musica, suoni, integrazioni, sensazioni. Non si toglie nulla, ma si aggiunge. Alcuni esempi possono essere visti in questo video su YouTube, che mette in evidenza alcune idee “fruibili”, ne potremmo aggiungere tante anche noi che in questo settore di sperimentazione bazzichiamo da tanto.

Oggi si può diventare editori di progetti anche complessi, come dei libri “multimediali”, ci sono piattaforme interessanti, non solo iTunes (che arriva poi ad iPad e iPhone), ma anche realtà che possono lavorare per e con noi per sviluppare progetti e farli maturare e renderli visibili: avremo modo di parlarne, ma prima dobbiamo mettere i puntini sulle “i”. Questa capacità di produrre contenuti di forte impatto visuale e interattivo dobbiamo apprenderla ed approfondirla, perché non è ancora alla portata di molti. Siamo convinti che una delle strade arrivi dalle nuove forme di video, realizzate con le reflex. Lo abbiamo detto tante volte, ma ogni volta che ci capita l’occasione di vedere video che sono “figli” di questi concetti e di questa “vision” non riusciamo a non additarli, dicendo e cercando di far capire che… si, proprio questa è la strada giusta. NON video per il video, ma un nuovo linguaggio che mette insieme fotografia e video, anche cinema. Il tutto realizzato con una regia e una strategia che deve andare oltre al prodotto, ma che arriva a creare il mood per un contenitore di nuova concezione: per esempio un libro digitale multimediale. Un esempio che parla di “fatti” e di “strategie” da parte degli editori la potete leggere qui, dove si segnala che la grande Condé Nast (ma se lo fanno i grandi, lo faranno anche gli altri… preparatevi) cercherà e ricercherà nel video nuovi business. Stiamo attenti a queste dichiarazioni, fanno parte del nostro business presente e futuro.

Guardate il video all’inizio dell’articolo, realizzato da Mike Kobal, uno dei videomaker che più sta lavorando con sensibilità e corretta visione con le V-SLR, che ha appena pubblicato un video realizzato alla fine di uno shooting fotografico, in poco tempo e con la finalità di creare un “contenuto aggiuntivo” che dovrebbe – secondo noi – diventare un elemento da vendere sempre e comunque in ogni occasione. E’ realizzato in meno di un’ora, con luce naturale, con una sola ottica (50 mm f/1.2), ma si vede che la “mano” è esperta. E’ questo lo spirito che pensiamo serva maturare: quell’istinto, quella tecnica che si domina e diventa quindi trasparente, che ci permette di fare molto e bene, e di individuare strade, lessico e prodotti da inglobare nell’editoria del futuro (sia questa fatta da una committenza esterna, oppure realizzata e prodotta autonomamente). I fotografi italiani sono ancora titubanti, in questa evoluzione, i videomaker sono invece molto attenti e interessati ad erodere lavoro ai fotografi, in questo campo. Qualcuno si è mosso, tanti sono ancora fermi. Quelli che si vorranno muovere, che non vorranno abdicare e lasciare ad altri un business che non è solo presente, ma sempre più proiettato nel futuro (come abbiamo cercato di spiegare in questo SJ), li attendiamo l’11 ottobre a Milano, per un workshop che metterà in luce proprio le potenzialità del video, nella pratica di un vero shooting, guardando all’orizzonte dei nuovi media, delle nuove occasioni, delle idee ancora da inventare.

Il tempo è finito, la tartaruga ormai è in discesa, e quindi se già era impossibile raggiungerla prima, ora che sfrutta anche la forza di gravità sembra diventare un’impresa impossibile. Ma forse non è così, se ci si muove, se si lasciano le visioni legate al passato e ci si butta a capofitto.