11 tecniche per rubare l’attenzione del pubblico

11 tecniche per rubare l’attenzione del pubblico

Il futuro della fotografia e dell’immagine sta seguendo quella dei libri? Prima di rispondere dovremmo chiederci: quale è il futuro dei libri, in questa era digitale? Guardiamoci all’indietro, e chiediamoci: quanti libri abbiamo letto lo scorso anno? Probabilmente pochi, o comunque meno di quelli che forse leggevamo qualche anno fa.

Questo pensiero l’ha fatto Hugh McGuire che di libri se ne intende parecchio, visto che ci lavora da sempre e ha realizzato anche parecchi progetti digitali importanti per editori e autori, forse il più famoso è PressBook. In questo articolo pubblicato su Medium in italiano grazie al contributo di Gianluca Licciardi, Hugh dice di essersi preoccupato dopo avere verificato di avere letto solo 4 libri nell’anno precedente, e che riesce a leggere non più di 4 frasi al giorno. La colpa non è solo del poco tempo, e se ci guardiamo allo specchio con un po’ di serietà lo ammetteremmo anche noi, ma il fatto che ormai siamo drogati da mille stimoli attorno a noi. Non è vero che non si legge più, al contrario: si legge e si dedica molto più tempo rispetto al passato a questo tipo di attività. La differenza è che prima ci concentravamo su una cosa alla volta, ora saltelliamo da un contenuto all’altro: tre frasi di un libro, la mail per verificare se è arrivato qualcosa di importante, poi un’occhiata ai social, al contenuto di un link, al percorso di un articolo che ci apre un orizzonte nuovo. Tutto questo ha una precisa risposta, scientifica, che si avvicina al rilascio di dopamina nel cervello, che genera soddisfazione, eccitazione, aumento del battito cardiaco, e quindi il nostro cervello tende a ricercare questa sensazione continuamente, anche quando in realtà la nostra concentrazione dovrebbe essere dedicata a situazioni ancora più importanti e coinvolgenti (l’autore segnala di essersi accorto di controllare la posta mentre la sua bambina stava ballando con il suo tutù rosa, un momento importante per un genitore, ben più dell’email…).

Le conclusioni di Hugh McGuire sono importanti non solo per autori di libri fatti di parole (così come editori, distributori, eccetera), ma anche per chi si occupa di immagine. L’atteggiamento di “assaggio veloce” per le frasi di un libro è lo stesso pericolo per chi produce fotografie: per quanto possano essere di valore, esse saranno solo un più o meno piacevole e interessante intervallo tra un tweet e un post su Facebook. E, come tali, avranno vita breve, poco coinvolgimento nelle persone, e – alla fine – poco valore economico. E allora dobbiamo prendere coscienza che i libri sono un percorso che forse può aiutarci a ritrovare un equilibrio e la concentrazione su quello che fruiamo: inutile essere critici su un atteggiamento che è poi il medesimo che abbiamo anche noi (tutti, o quasi). La ricetta per uscire dalla continua iniezione di dopamina, che solo nell’istante di erogazione ci soddisfa, ma che subito dopo, un solo istante dopo, ci fa attendere un nuovo stimolo (un “bing” di una nuova mail, un nuovo messaggio su Whatsapp, un nuovo scroll nelle timeline dei social). Questa continua aspettativa ci toglie energie, forza, e anche la qualità di quello che facciamo si riduce. Arriviamo alla fine della giornata senza forze, eppure abbiamo prodotto molto meno del dovuto o del desiderato.

Sono d’accordo con l’autore: la risposta alla droga delle continue sollecitazioni che arrivano dai tanti canali digitali, sta nell’immersione profonda con un pensiero o un messaggio che viene condiviso tra due: chi crea la comunicazione e chi la fruisce. E’ questa la magia che dobbiamo inseguire, quella che dobbiamo cercare e ricercare, quella sulla quale ci dobbiamo concentrare, perché sarà l’unica che ci permetterà di sopravvivere: come fruitori e anche come autori.

Ma come si fa a creare storie lunghe e immersive, coinvolgenti e così forti da “lasciare tutto il resto fuori”? Le strade sono basate su un’analisi seria e profonda su come funzionano i mezzi di comunicazione, i media, le abitudini delle persone che sono nel “nostro target”. Vi segnaliamo qualche ingrediente e qualche stimolo da “navigare”.

11 idee per rubare l’attenzione del pubblico

1) La navigazione di una “storia” da vivere su un device digitale si avvantaggia di una struttura a scroll invece che a pagine o a “pulsanti”: lo scroll genera una continuità, mentre il cambio di pagina e/o i pulsanti ci portano ad uno sforzo maggiore da parte dell’utente (e di conseguenza maggiore rischio di “abbandono” da parte dell’utente).

2) Non sempre è necessario creare immagini nuove per fare nuovi contenitori e raccontare storie: servono nuove idee e nuove visioni: guardate questa meraviglia (sul serio… fatelo) che racconta la storia di Kennedy: tutte immagini storiche, ma un risultato davvero eccezionale.

3) Pensate che il vostro lavoro di creatori di immagini sia superato? che il “mercato” non è in grado di usare storie davvero ben realizzate? Guardate qui, (sul serio… perdeteci tempo!) e forse vi ricrederete. Ah… si tratta di una storia che un grande cliente ha sponsorizzato, vuol dire che non è vero che la comunicazione ad alto livello si fa solo con le cose stupide…

4) La tendenza più forte del momento è integrare tecniche narrative video con quelle fotografiche e quelle interattive. Nel video che pubblichiamo qui sotto, della “star” della musica Taylor Swift (il nuovo brano in fase di lancio, chiamato “Style”) si possono notare molte tecniche e soluzioni che sono a cavallo tra fotografia e sigle televisive famose (il riferimento alla sigla iniziale di True Detective è evidente, tra l’altro c’è un’app per iPhone che simula lo stesso effetto, diventato molto popolare). Vogliamo dire che ci sono tasselli di estetica e di narrazione che oggi funzionano, e sono di successo, come dicevamo qui, quando si parlava di re-interpretare il gusto contemporaneo e non di copiare.

5) Le modalità “narrative” che vi mostriamo devono essere ingredienti della storia e non elementi fini se stessi. Troppo spesso, i fotografi si innamorano degli effetti, dello stile, dei colori… e non si preoccupano delle storie che vogliono/devono raccontare.

6) Per far entrare le persone in una storia, dobbiamo essere capaci di appassionare. Siamo – lo diciamo spesso – ladri di tempo e il tempo è prezioso, più dei soldi (e riceveremo soldi in funzione del tempo che dimostreremo di essere capaci di rubare alle persone, ovviamente a più persone possibili).

7) Finché ci preoccuperemo di guardare ad ogni tassello della nostra fotografia con l’occhio tecnico di chi cerca i microscopici tasselli di una teorica (e non sempre verificabile) qualità, perderemo sempre di più il nostro ruolo e il nostro motivo di “esserci”.

8) Finchè ci preoccuperemo solo del contenuto e non del contenitore, allora non saremo in grado di confezionare delle storie che funzionano. Perché ogni media porta ad un metodo narrativo diverso, e se non si capisce quali sono le specificità di ogni media, non si potrà organizzare e strutturare adeguatamente il contenuto e la narrazione. Ricordate che:

Un computer ci porta ad una fruizione veloce dei contenuti, e ad una struttura orizzontale della composizione

Uno smartphone ci porta ad un uso anch’esso veloce, spesso in un determinato contesto, quindi la geolocalizzazione o quantomeno l’attinenza delle informazioni e la metodologia di fruizione sono importanti quando siamo in un determinato posto, e spesso in mobilità

Un tablet offre la possibilità di comunicare con il nostro fruitore quando lui è più tranquillo e rilassato, quindi la potenzialità è quella di “rubargli” più tempo, per esplorare, cercare, divertirsi.

9) Le tecniche per fare tutte queste cose sono semplici, ma sono distanti mille anni dai fotografi, che si concentrano quasi solo su strumenti che hanno imparato a conoscere in questi anni, e che però non si evolvono verso questi percorsi. Non abbiamo percorsi standard, predefiniti, abbiamo da dedicare al nostro aggiornamento – visuale e culturale, molto più che tecnico – del tempo e degli sforzi.

10) Non c’è narrazione visuale che possa evitare elementi, come quelli che vi citiamo qui sotto; tenetene conto:

a) Suoni/rumori

b) Musica

c) Parole

4) Titoli

5) Impaginazione

6) Animazioni

7) Contenitori (possono essere anche di carta, ovviamente… oppure digitali)

8) Navigazione /interfaccia

11) La grande rivoluzione/opportunità che abbiamo di fronte è che le tecnologie (se scelte in modo intelligente) possono flettersi e adeguarsi a tanti media e a tante modalità diverse di narrazione. In pratica, si può creare un “cuore” di contenuti fisso, e fornire una moltitudine di “output”, che significa vari prodotti, tutti vendibili singolarmente oppure a “pacchetto”. Volete continuare a vendere sempre la stessa cosa, ad un prezzo sempre più basso oppure vendere una cosa tre o quattro volte, guadagnando molto di più?

a) Video che diventano siti

b) Siti che diventano pubblicazioni digitali

c) Interazioni che diventano app

d) Animazioni che si muovono con pulsanti, link, movimenti delle dita

Crediamo – malgrado la meravigliosa prospettiva che abbiamo davanti ai nostri occhi, un mercato enorme ed entusiasmante – che pochi riusciranno a trarre vantaggio di queste idee. In questo settore, la chiusura è la principale minaccia e possibile causa di estinzione. Nei nostri corsi universitari e professionali dedichiamo tantissime ore alla progettazione, all’analisi del come comunicare su ogni media, alle tecniche che uniscono vari “output”, e vediamo che i risultati – quando arrivano – sono incredibili. Stiamo arrivando ad una conclusione: che è arrivato il momento in cui il mercato si deve dividere tra chi va avanti e chi sta fermo, e bisogna fare scelte. Noi abbiamo deciso di farla, questa scelta, e pur mantenendo una porta aperta per tutti, dedicheremo il nostro tempo (quella cosa che è preziosa, anche per noi) a chi davvero vuole andare avanti. Ci saremo per chi deciderà di crederci, in questo futuro, e creeremo insieme a loro percorsi personalizzati per cambiare il mondo non in generale… ma un professionista alla volta. Perché siamo troppo vecchi per poter credere di poter cambiare il mondo, possiamo solo contribuire a cambiare un piccolo tassello alla volta, e personalmente mi sembra che sia già una buona e utile missione. Se qualcuno pensa che sia una frase generica ad effetto, un modo di dire… allora non sta leggendo bene tra le righe. Chi invece osserva con attenzione, e pensa che stiamo lanciando un messaggio chiaro… forse ha senso che ci faccia un fischio.

 
Fotografia © Maksim Shirkov / Shutterstock
Comments (13)
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  • Flavio Chiesa
    Mag 17th, 2015
    Flavio Chiesa says:

  • Enrico
    Mag 17th, 2015
    Enrico says:

    Come al solito , leggervi é uno spunto per crescere. Questo “Sunday” mi ha colpito più degli altri. Bravi!

  • Giuseppe
    Mag 18th, 2015
    Giuseppe says:

    Straordinario, anche questa volta mi avete riattivato 15km di sinapsi.

  • Sandro Bedessi
    Mag 18th, 2015
    Sandro Bedessi says:

    Interessante sì ma come scritto nel testo…”pochi riusciranno a trarre vantaggio di queste idee”
    Non sono d’accordo sulla frase ” In questo settore, la chiusura è la principale minaccia e possibile causa di estinzione” …non credo proprio sia la chiusura ma anche i mezzi tecnologici e quindi economici a disposizione, per fare un video come quello della Swift credo ci vogliano non solo le idee ma anche software e conoscenza di software ed è diventato difficile oggi investire senza aver da mangiare….credo di aver reso l’idea Ciao

    1. Luca Pianigiani Author
      Mag 18th, 2015
      Luca Pianigiani says:

      È proprio su questo che sbagli, Sandro. Servono idee e conoscenza visiva, capacità narrativa. Per la tecnica, si fa facilmente, con software che costano meno di una pizza con due amici… Pochi click e tanta testa. No, nascondersi dietro “costi e difficoltà tecnica” è proprio una delle cose che bloccano questo mercato, e spesso lo giustificano per “non fare”. Certo, bisogna studiare e capire… È proprio quello che dicevamo in fondo all’articolo: vogliamo dedicare sforzi a chi crede che il futuro è a portata di mano, ma non ci cade dal cielo.

  • Gianluca
    Mag 19th, 2015
    Gianluca says:

    Sarebbe interessante capire dove ci si può spingere, creativamente parlando, con dei software opensource per editing grafico e video. Cioè se è possibile ottenere con mezzi “amatoriali” e software libero, una qualità sufficiente per rappresentare la storia che si vuole raccontare, minimizzando i costi.

    1. Luca Pianigiani Author
      Mag 19th, 2015
      Luca Pianigiani says:

      Gli investimenti non sono MAI stati negli strumenti, ma nella cultura. Oggi ancor più che in passato. Più che guardare al software open source, che purtroppo spesso tradisce il proprio ruolo innovativo copiando le funzionalità dei software commerciale, all’orizzonte ci sono software che costano pochissimo e fanno cose eccezionali, o addirittura app che costano al massimo un paio di euro. I risultati sono eccezionali, se lo sono le idee. Personalmente uso almeno 5 software che non conosce quasi nessuno per fare cose meglio e più creative di quello che spesso si vedono in giro. E in questi giorni partiranno nuovi progetti rivoluzionari di formazione che offrono una curva di apprendimento molto veloce. Cultura, innovazione, nuovi strumenti e tanta voglia di fare … Questa in sintesi la ricetta!

      1. Gianluca
        Mag 19th, 2015
        Gianluca says:

        “L’opensource tradisce il proprio ruolo innovativo copiando funzionalità del software commerciale” è veramente una frase che ritengo inopportuna e mi spiace di sentirla dire. Quindi Linux o il Gimp sono software copiati maldestramente da gente incapace di innovare ? magari Linus Torvalds o Richard Stallman non sarebbero proprio d’accordo. Per il resto concordo che tutto sta nelle capacità di creare contenuti e storie interessanti, il mezzo è assolutamente relativo. Comunque la mia era semplicemente un’ osservazione sul fatto di sfruttare tools gratuiti per creare contenuti di qualità. Il lato creativo è proprio delle persone non dei tools.

        1. Luca Pianigiani Author
          Mag 19th, 2015
          Luca Pianigiani says:

          Non ho usato questo tipo di parole (e non accetto che tu mi metta in bocca parole che non sono non ho detto, ma che nemmeno penso). Ho detto che purtroppo la forza dirompente dell’Open source rimane troppo spesso in mano ad un mondo di esperti, perché non riesce a trovare spesso quella chiave per rendere più usabile la tecnologia. Sarebbe necessario, secondo me, una più stretta collaborazione tra chi conosce la tecnologia informatica e chi lavora sulle interfacce, sull’appeal, sulla user experience, perché le rivoluzioni non ci sono se rimangono isolate a pochi, ma se si aprono a tutti. Le porte che hanno aperto Stallman e compagnia sono meravigliose, ma hanno cambiato solo una piccola parte degli utenti nell’uso dei computer. Sarebbe utile che questa filosofia potesse aprirsi a tanti… ma non è così. Detto questo, ho risposto che in questo momento, quello che cerchi lo trovi più in app (anche gratuite) che in software Open Source, ti consiglio di esplorare questo mondo, se davvero sei interessato a delle risposte concrete.

          1. Gianluca
            Mag 19th, 2015
            Gianluca says:

            Purtroppo non ho il tempo di farlo personalmente ma attendo un tuo articolo riguardo di queste app gratuite, sono estremamente curioso a riguardo. Grazie!

  • Paola
    Mag 19th, 2015
    Paola says:

    Molto interessante. Un appunto però mi sento – in qualità di lettrice, “produttrice di parole” e navigatrice – di farlo. Mentre la quantità di tempo a disposizione rimane invariata per qualsiasi utente, a qualsiasi latitudine, di qualsiasi livello culturale, la crescente disponibilità di informazioni porta lo stesso a dover “filtrare” il materiale, scegliendo la maggior parte delle volte la quantità piuttosto che la qualità. Da qui l’attenzione che viene rivolta preferibilmente verso testi brevi, di immediata comprensione, possibilmente privi di link e collegamenti esterni spesso utili (e per scrive, necessari) per un approfondimento. Meglio ancora se sintetizzati in un titolo accattivante o in più immagini emblematiche. Insomma, massima ottimizzazione di immediatezza (per non perdere tempo) e di chiarezza (per non spremere troppo le meningi). Il contrario insomma del Suo articolo qua sopra. Come si spiega allora il fatto che l’ho letto fino alla fine? Avevo tempo? Incuriosita dal titolo? Curioso il mondo virtuale, della comunicazione mediatica…

    1. Luca Pianigiani Author
      Mag 19th, 2015
      Luca Pianigiani says:

      Che cosa carina che hai scritto, grazie! La risposta sta nel valore e nell’intensità che ci si mette. In un mondo che cerca formule per guadagnare tanti lettori usando trucchi che cercano solo un bottino chiamato link (valutabile, sul mercato nero dell’informazione, circa 1 centesimo) crediamo che la strada di chi fa informazione per ruolo e per “dire qualcosa” debba proporre intensità e profondità. Pochi arrivano in fondo, ma chi ci arriva crea una relazione. Il rispetto per chi scrive e per chi legge crea un legame che è raro, sempre di più. Preferiamo avere poche persone che insieme a noi arrivano da qualche parte, e non bisogna quindi usare trucchi, che sono armi spuntate in un universo così tanto grande da far affogare. Come diceva Kevin Kelly, ne bastano 1000 di persone che ti seguono per dare un senso a quello che si fa. Spero che tu sia, ora, una di questi mille :-)

      1. Paola
        Mag 20th, 2015
        Paola says:

        … son tornata su questa pagina… quindi sì, direi proprio di essere una di questi mille ;)

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