La fotografia, gli smartphone, il futuro dei media: tutto si tinge di rosso?

La fotografia, gli smartphone, il futuro dei media: tutto si tinge di rosso?

L’impressione è che qualcosa stia accadendo, e se non sarà probabilmente “un prodotto” a cambiare il mondo, di sicuro potrebbe esserci qualcosa che genera una scossa evolutiva.

Oh, sì, di cose qui ne succedono, ma ci illudiamo d’inventarle noi

Roberto Vecchioni | Canzone per Sergio

 

E’ successo – per esempio – 10 anni fa, quando sul palco di un leggendario keynote, Steve Jobs ha presentato l’iPhone, giudicato all’epoca un prodotto privo di futuro, rispettivamente da uno dei fondatori di Blackberry (in quel periodo si chiamava RIM) e da Steve Ballmer, all’epoca numero 1 di Microsoft: sappiamo bene cosa è successo, al mercato della telefonia, dell’informatica, di Blackberry (sostanzialmente ormai inesistente sul lato dei cellulari), di Microsoft (Ballmer è stato messo alla “porta”, pur essendo il principale socio azionista: semplicemente gli hanno detto che per il bene della società doveva fare un passo indietro).

Ma se (quasi) tutti sono in attesa dell’iPhone della commemorazione (a settembre, bisogna attendere ancora un po’), è difficile credere che sarà l’iPhone 8 (o “X”, o “come si chiamerà”, poco importa) a ridisegnare il prossimo step evolutivo dell’innovazione e del mercato. Venderà tanto, anche perché finalmente ci saranno delle novità significative, ma sarà un percorso che proseguirà sulla linea tracciata: anche i prodotti rivoluzionari poi diventano “normalità”. E il mercato, il mondo (il nostro mondo) è cambiato tanto, in questi dieci anni, forse ancor di più di quanto non sia accaduto nei dieci anni precedenti, quando la fotografia è diventata digitale. Pensateci bene: negli ultimi dieci anni siamo stati invasi da Facebook (fondato nel 2004 ma ha iniziato la sua azione globalizzante dopo un paio di anni), da YouTube (2005, ma stesso discorso: ci ha messo più di un anno per essere acquisita da Google e poi è diventata quello che è oggi), i selfies sono tra noi con il peso, spesso intollerabile, da circa dieci anni. Molto più giovani realtà come Uber (2009) che ha rivoluzionato il concetto di mobilità in città, Tripadvisor (2010) che ha creato un nuovo equilibrio nel settore del turismo e delle recensioni in generale e tanti altri esempi che sarebbe impossibile citare in così poco spazio. Solo due nomi sono partiti – in questa rivoluzione – qualche anno prima: Amazon (1994), anche se all’epoca era “solo” un negozio online per la vendita di libri, non il gigante globale che è oggi, e Google (1998).

E’ stato un decennio pazzesco, incredibile, e probabilmente avendolo tutti vissuto da “dentro” è difficile capire o anche solo percepire quanto ci abbia cambiato e come il mondo non sia nemmeno l’ombra di quello che è stato negli anni precedenti. Ma ora, da un bel po’, tutto sembra così scontato, così ovvio, così prevedibile. Non ci stupisce più nulla, le pur grandi rivoluzioni tecnologiche non sembrano che un “update” di quanto già visto. Per stupirci, la tentazione porta indietro, e non è un caso che il fenomeno del vintage sia più forte che mai. Ci sono già le tracce di qualcosa che si sta muovendo, che si è mosso:

  • Cambierà il nostro rapporto con la nostra casa, che risponderà alle nostre richieste (anzi, lo fa già con la domotica)
  • Le nostre auto diventeranno elettriche si muoveranno da sole (anzi lo fanno già, e nel 2040 è previsto che più il 54% delle auto saranno elettriche, Volvo ha dichiarato che entro due anni tutta la loro produzione sarà elettrica)
  • La nostra formazione avverrà sempre più tramite un computer, e non avremo più bisogno di incontrarci in un’aula (già succede)
  • Le notizie non saranno più scritte da qualcuno, ma da un algoritmo (già sta succedendo)
  • Il possesso verrà sempre più sostituito dall’utilizzo. E’ già successo con le auto e con le biciclette (in arrivo in varie la possibilità di prendere e lasciare le bici ovunque, grazie ad un sistema di blocco innovativo, vengono definiti “veicoli a flusso libero”) con la musica (Spotify e gli altri), con i libri (Amazon Unlimited), con la televisione (Netflix), ma sarà sempre e sempre di più evidente come fenomeno, andando a colpire tanti altri settori (forse oggi inimmaginabili).

In tutto questo, l’anello debole siamo noi, gli esseri umani. Ci abituiamo alle evoluzioni, ci adattiamo agli ambienti, ma non è poi detto che li comprendiamo a fondo. Siamo allenati a districarci, sono dolci le mamme e le nonne che usano WhatsApp o Facebook e che sono le nuove adolescenti digitali (che imparano dai ragazzetti a fare le cose “giuste”), sono divertenti i papà e i nonni che pretendono di diventare registi, creativi o artisti (bellissima questa illustrazione, che ha come didascalia:

Please note! Buying an expensive electronic device doesn’t turn someone into an artist!

Quello che è importante, quindi, è cambiare l’atteggiamento che ci porta a “subire”, a “galleggiare” nel mondo dell’innovazione e iniziare a gestire il futuro con maturità: ci permetterà non solo di capire meglio, di adattarci meglio, ma anche di decidere quando e se questa innovazione deve far parte della nostra vita e del nostro modo di pensare… già, perché se tanti diventano “digitali e innovativi” seguendo il flusso naturale e le mode, poi ci sono quelli che si muovono al contrario, allontanando tutto quello che ha un sapore che si discosta troppo dai “bei tempi”, e che cadono nei tranelli opposti: comprano tutto quello che sa “di sorpassato”, che credono nell’analogico, che a tutti i costi vogliono essere (o sembrare) alternativi.

Cambiare il linguaggio, i termini del discorso, prendere le cose da un’altra prospettiva: questo è quello che farà il successo (e il benessere) per gli anni futuri. In questi giorni un’azienda che ha sempre parlato “una lingua diversa”, sia nelle dichiarazioni che nei fatti – parliamo di RED – ha annunciato la prossima rivoluzione, e non sappiamo cosa uscirà da questo annuncio e, sinceramente, poco influenza quello che stiamo cercando di trasmettere, perché parliamo di linguaggio, e non di “prodotto” (anche perché si tratta, nel caso, di una nicchia di mercato, non della massa…). RED, dopo avere annunciato in questo modo la novità:

July 6th. 9am PDT (Pacific Daylight Time). Right here.

You need to be online.

You need to tell everyone you know to be online.

Have your credit card ready.

This is a new product category. It does not impact your RED camera.

Jim

Per chi non lo sapesse, “Jim” è James “Jim” Jannard, il geniale e miliardario creatore degli occhiali Oakley, che ha fondato RED, che possiede un paio di isole alle Fiji, e che non è certo uno che usa molte formalità quando parla. Ricorda, nella modalità di comunicazione, un altro personaggio, Elon Musk (che ha fondato Tesla, ma che promette – e ci riuscirà di sicuro – a farci viaggiare nello spazio, e che ha creato PayPal, il sistema che ha rivoluzionato i pagamenti online). Ma un messaggio così va oltre: diventa una bandiera, una traccia da seguire, un motivo per “esserci”.

Tutti sono stati pronti all’evento e si sono connessi al momento giusto, mandando in tilt i server di RED, e quello che è stato annunciato, ancora molto coperto da mistero e migliaia di dubbi e perplessità, è uno “smartphone” che ha caratteristiche che trasformano completamente la visione di quello che è uno “smartphone”, così come nel 2007 la nascita dell’iPhone ha sconvolto il modo di intendere un “cellulare”. In pratica, quello che è stato annunciato (e che si può pre-ordinare qui al costo di $1,195 per la versione in alluminio e a $1,595 per quella in Titanio) è quello che è stato definito (e qui c’è il vero elemento di interesse):

THE WORLD’S FIRST HOLOGRAPHIC MEDIA MACHINE.

IN YOUR POCKET.

La prima MEDIA MACHINE … è ancora più importante di “OLOGRAFICA”… è un termine bellissimo. Non uno smartphone, non un computer, non una fotocamera, non una videocamera… una MACCHINA dei MEDIA!

Una nuova categoria di prodotto, Jim avvisa i suoi fans (non immaginate quanto possono essere “fans” i fan di RED): non c’entra nulla e non “impatterà” con la vostra camera RED. Nella pratica, si chiama Hydrogen ONE e si tratta invece di uno smartphone che viene gestito da Android, che – viene detto – renderà obsoleti occhiali e caschi per visualizzare contenuti multidimensionali (di display “indossabili” non se ne parla qui da noi, dicono). Lo schermo olografico da 5,7” consentirà di fare da ponte tra la normale visualizzazione di contenuti 2D a quelli 3D, sia in orientamento orizzontale che verticale. Si parla in modo criptico di una soluzione di “4-view content (H4V)” e si segnala che sarà possibile fruire di contenuti AR, VR e MR e di fruire di suono multidimensionale, sostanzialmente un effetto tipo Dolby 5.1 direttamente con le vostre cuffie. Il sistema sarà modulare (tradotto in lingua RED, ci saranno parecchi accessori che porteranno con ogni probabilità a costi finali del prodotto configurato ben più alti delle “piccole cifre” finora dichiarate), e si aggiunge che i contenuti .h4v potranno usufruire di un canale (il RED Channel) , a vantaggio di chi vorrà usare questa tecnologia/linguaggio per film, documentari, giochi, sistemi di eCommerce, App. La Hydrogen ONE avrà un connettore USB-C, una memoria interna espandibile tramite Micro SD Card e un altro connettore speciale.

Non sappiamo effettivamente cosa sarà questo prodotto nella realtà dei fatti, per ora è stata promessa la Luna, e bisognerà vederla nella realtà (se la prenotate, fatecelo sapere…), quello che è sicuro è che è stato un fulmine a ciel sereno, ricordiamo che il sistema RED ha rivoluzionato e scosso il mondo del cinema e della produzione video di alta qualità, uno scossone che ancora non è stato riassorbito dalle principali aziende del settore broadcast. Oggi questo scossone entra a casa nostra, forse non influenzerà del tutto il nostro mondo, ma le parole di Jim Jannard suonano come delle minacce dure (come detto, lui non è uno che parla con “delicatezza” e non tutto quello che ha dichiarato è stato confermato dai “fatti”)

Our display is technology you haven’t seen before. It is not lenticular, which is inferior tech in every way, has been tried many times before and failed for good reason… My bet is that other “big” companies will try to re-package lenticular 3D displays with eye-tracking in response to our program. Don’t fall for it.

(Traduzione: Il nostro display è una tecnologia che non avete mai visto prima prima. Non è lenticolare, che è una tecnologia inferiore da tutti i punti di vista, hanno già provato ad usarla diverse volte e hanno fallito per tanti ottimi motivi. La mia scommessa è che altre “grandi” aziende proveranno a “rimpacchettare” la tecnologia dei display 3D lenticolari abbinati ai sistemi di eye-tracking (i sistemi che rilevano lo spostamento degli occhi), in risposta al nostro prodotto. Non cadete nel loro tranello).

Non abbiamo dati sufficienti per confermare o contestare queste pesanti dichiarazioni e promesse, ma ce ne stiamo occupando con grande attenzione, e al tempo stesso la nostra preoccupazione non è tanto tecnologica, ma come detto di linguaggio. Leggiamo quello che viene scritto sulle nuove fotocamere/videocamere (articoli, siti delle aziende, comunicati stampa) e sembra tutto così poco di effetto… così poco concretamente un passo in avanti verso il futuro da apparire prive di sostanza (che invece c’è o ci sarebbe…). Frasi del tipo:

“La nuova fotocamera ti permette di esprimere tutta la tua creatività, senza limiti”.

oppure

“Spingi al massimo il tuo livello espressivo”

Anni di ricerca, tecnologia avanzata e sembra la descrizione di una matita colorata e di un foglio a quadretti? Attorno a noi ci sono aziende che usano linguaggi e parole che – saranno anche frutto di studio di marketing oculato e funzionale – portano a dire:

Ora cambiamo il mondo, vuoi cambiarlo con noi?

Pensateci, lo fa Tesla, lo fa RED, lo fa Apple e anche altri… cambiare il mondo, non comprare un prodotto!

E dalle nostre parti (fotografia e dintorni) si rimane su un approccio conservativo, che non punta né all’innovazione/rivoluzione, né al gusto del passato. Abbiamo bisogno, tutti e subito, di un cambiamento. Non dobbiamo “piazzare la merce”, non funziona chi usa belle parole o belle immagini, alla fine oggi abbiamo tutto, se decidiamo di comprare qualcosa è perché ci deve essere una motivazione forte, dobbiamo lavorare non sugli slogan ma sull’empatia: far parte di qualcosa di più grande di noi, essere parte di un cambiamento, differenziarsi dagli altri, ma con fatti, o quantomeno con un desiderio di “far parte” di qualcosa che conta, di essere “tra i primi ad aprire un nuovo orizzonte”.

Ok, noi qui abbiamo sempre avuto questa filosofia, vogliamo cambiare il mondo. Vi assicuro che è difficile, che è faticoso, che a volte – quando le energie mancano o le delusioni sono ancora calde – viene voglia di lasciar perdere. Ma poi questa filosofia riemerge e ci porta a posizionarci, a trasferire questo approccio, a credere che il mondo può cambiare e migliorare solo se ciascuno di noi decide che questo è possibile, e se fa di tutto per poterci riuscire. E siamo convinti che in tanti la pensiamo così, che si lavora per raggiungere qualcosa di meglio, che sembra forse impossibile. Come diceva Einstein:

Chi dice che qualcosa è “impossibile”, non dovrebbe disturbare chi ce la sta facendo davvero

-Albert Einstein

 

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