Il futuro è tutto da stampare (ok, ma dateci carta bianca…)

Il futuro è tutto da stampare (ok, ma dateci carta bianca…)

Qualche giorno fa, ha chiuso i battenti l’edizione 2008 di Drupa, la manifestazione più grande ed importante del mondo della stampa. Abbiamo girato, non per gli stand, ma per i siti, e abbiamo raccolto impressioni. Alcune confermano quanto ci eravamo fatti, come idea, ovvero che la tecnologia inkjet è diventata ormai quella di riferimento nella già evidente evoluzione digitale. Beninteso, ci saranno spazi per altro, perché non tutto passerà al getto d’inchiostro, ma di sicuro le evoluzioni in questo campo sono le più evidenti, persino negli ambiti di maggiore produttività: ci hanno impressionato le caratteristiche della “rotativa” di HP, in grado di stampare su banda 30 pollici (76 cm, quindi il formato standard della tipica segnatura da 16 pagine) capace di stampare alla velocità di oltre 120 metri al minuto. Ma ci sono state presentazioni importanti sull’inkjet anche da parte di Kodak, di FujiFilm (e citare questi due marchi storicamente fotografici ci fa ovviamente pensare a lungo), che sempre più seguono la strada della proposta di soluzioni digitali per la stampa commerciale.

Al tempo stesso, è evidente che la stampa sul foglio non basta più: serve il confezionamento, la finitura (varie soluzioni per la verniciatura anche parziale sono state proposte come completamento al workfow digitale) e servono nuovi metodi di distribuzione, di questa carta stampata. In uno studio scritto da Frank J. Romano, famoso esperto e professore del RIT (Rochester Institute of Technologies) si evidenzia che la maggior parte della comunicazioneche esiste in versione solo stampata viene distribuita, in tutto il mondo, per posta (46% come servizio postale normale, il 7% tramite corriere e il 7% tramite posta interna aziendale, che porta ad un totale del 60%). Quello che rimane è un 22% che viene distribuito tramite edicola o negozi, e quello che avanza può essere considerata una categoria, ben più interessante, di distribuzione gratuita (freepress, fiere, eventi) e di “altre forme di distribuzione fisica”. Sempre facendo riferimento a questo studio, ci si accorge che se si allarga la ricerca alla globalità di “TUTTA” l’informazione, si scopre che il 57% avviene per vie digitali (e-mail, Internet e altre forme di distribuzione elettronica), la distribuzione via posta non supera il 10% e lo stesso vale per edicole e negozi, percentuali inferiori alla seconda grande categoria della distribuzione dell’informazione: quella verbale.

Il futuro lo conosciamo bene, ma a volte i dati ci aiutano a capirlo meglio: tenendo 100 il valore di partenza, e posizionandolo nel 1995 (anno dell’inizio dell’era Internet “per tutti”), nel 2010 Internet si mangerà il 20% della produzione di stampati, e circa il 30% nel 2020. Quella che sembra una “Caporetto” in realtà mostra un dato confortante, per chi si occupa di stampa:anche nel 2020 si stamperà comunque molto, moltissimo. Ma si stamperà in modo diverso, per motivazioni diverse, con qualità diverse, per distribuzioni nuove (forse ancora da inventare). L’altro giorno ho visto una pubblicità di un’auto che mi è subito piaciuta moltissimo, la Kuga della Ford: è abbastanza strana da piacermi, abbastanza grassottella per risultarmi simpatica, ha una linea originale. Ho cercato su Internet informazioni, anche se non prevedo nemmeno lontanamente di comprare un’auto a breve. Ho trovato il sito ufficiale, simpatico, con alcune – poche – informazioni. Ma c’era la possibilità di ricevere la bruchure, ho compilato il modulo per riceverlo e dopo qualche giorno ho ricevuto una bella busta argentata (bella e costosa), con un depliant in formato A4 di 8 pagine, molto bello e ben stampato. Assolutamente inutile: foto della macchina davanti e dietro, di lato… ma per esempio senza mostrami l’interno del baule, senza raccontarmi nulla, privo di informazioni. Il sito ne conteneva di più. Quanto sarà costato questo invio alla Ford? Un sacco di soldi, che non hanno portato a nulla. Stampa (e costi) che si potevano evitare.

Il problema del futuro è che si insiste a volerlo vivere come un fatto che trova nella tecnologia la sua risposta (e anche la sua motivazione di esistenza e di successo). Il futuro è nella nostra testa, nella nostra capacità di interpretarlo: abbiamo detto che la stampa ha un serio futuro anche nei prossimi decenni, e la dimostrazione la si può verificare proprio annusando quello che succede in fiere-eventi come Drupa: gli investimenti che le aziende fanno per progettare, sviluppare e commercializzare questi mostri della stampa digitale (date un’occhiata alla Xerox iGen4, oppure alla HP Inkjet Web Press, al sistema Kodak Stream Inkjet) non può non avere dietro un progetto economico che prevede di vendere molte macchine da stampa che costano un sacco di milioni, che molti acquisteranno e che intederanno guadagnarci soldi per tanti anni. Se però si stamperanno cose sbagliate, se si cercherà di difendere solo a parole il valore della stampa, facendola risultare solo più costosa, più lenta, più scomoda della comunicazione digitale, allora – malgrado tutto, malgrado tutti gli studi economici che si potranno fare o che sono stati già fatti – il risultato sarà che quell’80% di stampa nel 2010 (rispetto al 1995, come previsto da Frank J. Romano) sarà molto meno, e si ridurrà ad un lumicino nel 2020, altro che…. 70%!.

Questa lezione di futuro va letta dai fotografi come una sfida: in questo discorso sembrano c’entrare poco, ma in verità qualcuno sta decidendo anche del futuro della fotografia e del suo mercato professionale. Perché la stampa è tutt’ora il più profittevole mercato per vendere fotografie. Ho detto (scritto) “profittevole”, perché questo è il senso…una foto per il web viene fatta pagare (eccezioni escluse) meno di una foto che finisce sulla carta. Capire quello che il futuro della stampa ci sussurra nell’orecchio è cosa utile, quindi. Le aziende che producono non sono e non saranno quelle che ce lo spiegheranno, perché sono le prime che vogliono questi suggerimenti. Sta a noi alimentare il futuro, perché siamo noi che vogliamo averlo, un futuro.

Buona settimana, a presto!

di Luca Pianigiani

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