Computer PRO sempre più potenti o processi software (e mentali) moderni?

Computer PRO sempre più potenti o processi software (e mentali) moderni?

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I professionisti hanno davvero bisogno di computer PRO (nati “davvero” per i professionisti, con caratteristiche davvero potenti?)? La stessa domanda si faceva all’epoca delle pellicole e ci si domandava se, per essere “professionisti” bisognava necessariamente usare le pellicole inscatolate con la dicitura “professional”, e si sono consumate tonnellate di inchiostro e carta (all’epoca non c’era il web) per indicare la strada giusta. Di fatto, marketing a parte, le pellicole “normali” e “professionali” erano esattamente la stessa pellicola, cambiava quella che veniva definita “la maturazione” della pellicola stessa… dettagli che facevano presa in alcuni e che facevano sorridere sornioni altri.

La dicitura – ma specialmente l’approccio mentale – “Pro” rimane un elemento forte, tra chi si sente nell’obbligo e – ancor di più, nel diritto – di usare prodotti dedicati ai professionisti. La paura, spesso, è che se non ci si etichetta, poi come si fa a difendere il proprio status quo? Si cade nelle procedure, nei metodi, nell’approccio “professionale, e poi si deve accettare che tutto questo si paga in moneta sonante: se vuoi i “prodotti professionali”, ovviamente devi pagarli di più.

Nuove generazioni di computer PRO?

Oggi non vogliamo parlare di sistemi di ripresa, ma di tutto quel mondo che – incongruentemente, al giorno d’oggi – ancora viene chiamata “post-produzione”, come se non fosse una delle componenti primarie della “produzione” (si possono produrre immagini senza la “post-produzione”? la post produzione ormai, è andare a letto a dormire…!). Qualche mese fa, Apple ha presentato, con un cronico e colpevole ritardo, la nuova linea di computer portatili “pro”, e gli esperti hanno gridato allo scandalo, perché non hanno la possibilità di avere “almeno” 32 Gb di Ram, perché (ed è vero) i processori e le schede video non sono al top, perché l’unica innovazione sembra essere, nell’ordine di importanza, la colorazione nuova (Space Gray) e la Touch Bar. Molti hanno addirittura – cosa non si fa per far finta di essere esperti e guadagnare qualche inutile like sui social – dichiarato che no, ormai l’unico modo per essere “professionisti” è andare nel mondo Windows, per avere macchine davvero performanti, e hanno anche fatto le loro dimostrazioni tecniche… commenti entusiastici: evviva, ora siamo liberi di essere veri professionisti! Sob, come è facile confondere professionalità con produttività. Personalmente aspiro a fare prodotti sempre meno in termini quantitativi (meno cose) e sempre superiori in termini qualitativi (cose migliori) e una delle cose di cui sono assolutamente sicuro è che un computer che possa avere una dotazione da culturista non mi aiuterà in questa missione e aspirazione. Ma, chiaro, ognuno ha esigenze diverse, se si lavora con il 3D e con flussi di produzione 4K video, allora i muscoli dell’hardware si trasformano in ore di rendering risparmiate, ma anche su questo siamo titubanti… sarebbe troppo lungo e complesso però discuterne: i fatti, facciamo finta che stiano proprio così come si dice.

Il vero problema, però, in molte produzioni, specialmente fotografiche e grafiche, sta nel fatto che usiamo software che sono vecchi e pesanti. L’altro giorno Illustrator ha festeggiato i 30 anni, Photoshop viaggia verso il suo 28 compleanno, e lo stesso vale per i software di gestione “ufficio” (Microsoft Word è uscito nel 1983, solo per citarne uno). Sono elefanti che, pur ancora efficienti (non si discute su questo) sono nati in un periodo in cui i computer erano degli scatoloni grandi come una scrivania, pesavano decine di Kg, avevano (se li avevano) Hard disk da pochi Kb e memorie Ram che fanno oggi letteralmente ridere. I computer per i quali sono nati non hanno nulla a che fare con quelli che usiamo oggi, come gli omini della preistoria non hanno nulla a che fare con i nostri figli. Via via, questi software si sono evoluti, sono cresciuti, ma dentro Photoshop CC2017 ci sono ancora le tracce del codice che hanno scritto i fratelli Knoll alla fine degli anni ’80 per poi venderlo ad Adobe poco dopo. Ricordatevi di questo, quando lo lanciate… quando fate una qualsiasi lavorazione che vi ricorda/impone che dovete avere macchine pesanti e super farcite di memoria: i bit che si stanno muovendo sono di un’altra era. Eppure va bene così, ci si abitua al fatto che bisogna rincorrere l’innovazione aumentando la forza, perché alla fine è più facile che non provare a cambiare strada.

Computer Pro oppure nuove strade e nuovi metodi e visioni?

Se si provasse a cambiare la strada, ci si accorgerebbe che forse non servono computer più potenti: pochi giorni fa ho avuto modo di provare un Macbook Pro ultima generazione, con processore molto più performante del mio che ha “ben” tre anni. Una volta, consigliavo, a me stesso e ai professionisti del settore, di cambiare computer ogni 24 mesi,perché andare oltre significava pagare una tassa di tempo di produzione eccessiva. Bene, le poche prove fatte, e – ribadisco il concetto: parlo per il mio modo di lavorare, che non è l’unico giusto e nemmeno l’unico sensato, ognuno lavora come meglio crede – mi hanno portato a capire che fare un acquisto di una nuova macchina, in sostituzione della mia, non mi avrebbe dato nulla di più, o così poco che non giustificava certo il costo esorbitante (senza senso) della macchina nuova configurata in modo decente (circa 3000 euro). Le operazioni standard si eseguono, sulla nuova macchina, in un tempo certo leggermente inferiore, ma non così tanto da rendere vetusto il mio. Ma, probabilmente, la mia considerazione sta nel fatto che uso, quasi esclusivamente, software di nuova generazione, che pesano poche decine (al massimo un paio di centinaia) di Mb, che si aprono – sul mio “catorcio” di tre anni, che comunque è ancora super moderno, perché oggi la differenza di produttività è da ricercare nella velocità degli HD a stato solido, se il vostro computer non è dotato di questa “innovazione”, allora si che siete nei guai…. lo sapete vero che una macchina vecchia con un hard disk SSD diventa un computer nuovo vero? Il mio caro amico Enzo  (se volete, contattatelo: è uno in gamba!) passa il suo tempo a fare questo tipo di intervento, rendendo felici i possessori di computer ormai vecchiotti e li trasforma in ragazzini scattanti (parliamo dei computer, non delle persone che li possiedono… i miracoli non si possono fare sugli esseri umani!).

Oggi dobbiamo decidere se dobbiamo potenziare l’hardware oppure capire che i processi di produzione vengono influenzate maggiormente da due elementi:

  • Nuovi software, leggeri e moderni (che sono più vicini a delle app che non ai “software secolari”)
  • Nuovi modi di lavorare, che evitano le procedure lente e farraginose. Il giorno che i fotografi smetteranno di lavorare direttamente sui RAW (che è giusto scattare, per intervenire in modo profondo, ma solo quando serve), quando smetteranno di inviare files in Tiff via connessioni internet dalla velocità italica, quando useranno la testa prima di scattare e non dopo per “correggere creativamente” cose che sono errori e non interventi migliorativi…

Questo post è scritto con un software che si chiama Bear, scritto da un team italiano (questo), e pesa solo 11,8 Mb (Microsoft Word, per fare un esempio pratico, pesa 1,9 Gb) ed è eccezionale (è gratuito, ma se si desiderano tutte le funzioni si pagano circa 10 euro all’anno). Per lavorare sulla grafica e sulla fusione tra foto ed elementi tipografici uso invece quasi esclusivamente Sketch (che costa, una tantum e non al mese, 99 euro e che pesa nella sua ultima versione meno di 50 Mb, si apre in due secondi sulla mia “vecchia” macchina), quando Illustrator pesa 1 Gb e ci mette venti secondi ad aprirsi sulla stessa macchina, e quando devo esportare immagini in formati multipli (come succede quando si lavora per visualizzare le immagini su schermi di risoluzione diversa (1x, 2x, 3x) basta fare un click, direttamente dalla finestra principale del software, senza dover entrare in una finestra di “esportazione” (vedere screenshot, qui sotto); un click che esporta tutto insieme, in un lampo (la nuova versione di Photoshop 2017, dopo 4 anni che esiste questa opzione su Sketch, ha implementato una soluzione simile, ma con una modalità più lenta e meno intuitiva… e quattro anni dopo). Senza considerare che molti trattamenti – filtri, preset, conversioni in bianco e nero, modifica inquadratura – ormai sono un approccio tipico da App e da iPad/iPhone e che questi strumenti “amatoriali” hanno, bisogna dirlo, monitor di qualità superiore di quelli che comunemente usiamo, nati per “i professionisti”). Per finire, noi ci stiamo abituando a lavorare con flussi colore senza gestione (il mondo mobile NON dispone di sistemi di gestione colore… e allora, visto che la maggior parte della fruizione delle immagini e della comunicazione avviene tramite uno schermo mobile, a cosa serve un sistema di gestione colore se il “media finale” (il più importante) non usa tali informazioni?

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Ovvio che si può continuare a procedere in modo tradizionale, con soddisfazione, e ben venga se chi lo trova soddisfacente prosegue su questa strada. Ma allora però non reclamiamo, è come dire che usare le tecniche di stampa come la cianotipia, il collodio umido, il platino palladio ci fanno perdere un sacco di tempo… le scegliamo ed usiamo sapendolo e godendo pienamente (e lo dovremmo far pagare profumatamente) di questo tempo “perso”.

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